mercoledì 27 agosto 2014

Il saluto di Matteo Renzi alla Festa nazionale de l'Unità che inizia oggi a Bologna

La sera delle elezioni europee, confesso, non ce lo aspettavamo neppure noi un risultato così. E non perché non avessimo fiducia nelle persone che avevamo incontrato nelle piazze italiane che ci dicevano di andare avanti, di non sprecare quella occasione, a differenza di soloni e gufi che, già allora, dalle colonne dei giornali o nelle terrazze e nei salotti, raccontavano che non ce l’avremmo mai fatta, che inseguivamo Grillo, che la destra xenofoba era montante, che la nostra birra era già, dopo soli due mesi, finita.
Avevamo capito che qualcosa di profondo si stava smuovendo nel nostro paese, ma sarebbe insincero sostenere che ne avessimo colto appieno la portata, la dimensione. Il 40.8 – il più grande risultato da 48 anni – ci ha consegnato una enorme responsabilità. L’orgoglio, certo, di una sinistra, di un partito che sa vincere, e vince. Il più grande partito europeo per percentuali e numero di voti, con un successo anche alle regionali e le amministrative. Ma soprattutto il carico di un mandato, di una missione quasi, affidataci da più di undici milioni di elettori, ma che vale per tutti gli italiani che sentiamo di rappresentare al governo di questo paese. Corrispondere a questo affidamento non è facile, fa tremare i polsi. Ma è quello che stiamo cercando di fare giorno dopo giorno. Con le riforme istituzionali, il Senato e il titolo V, assieme a quelle economiche, sul lavoro, la pubblica amministrazione, la giustizia civile, la scuola, la cultura.
Ogni tanto qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che noi abbiamo ben chiare. E che riguardano, complessivamente, l’assetto dell’Italia, la sua capacità come comunità di fare fronte agli impegni presi e alle sfide di una competizione globale, alla nostra storia e al futuro di un grande Paese europeo, tanto più nel pieno del nostro semestre di presidenza dell’Unione. È questo il senso dei mille giorni, che i soliti noti hanno voluto leggere come un rallentamento della nostra azione di cambiamento, e invece ne costituisce l’orizzonte, la profondità, l’intensità di un mandato di legislatura. Un compito che ci impegna come governo e come partito.
Oggi il Pd è guardato in tutta Europa, e non solo, come un riferimento, talvolta indicato come modello dai nostri partner socialisti, come in passato facevamo noi con il New Labour britannico o la Neue Mitte tedesca. Anche questa è una responsabilità che sentiamo come democratici e che non mettiamo là in una teca, come un trofeo, ma come un investimento sul nostro futuro. Un partito sveglio, in rete, ficcato nel territorio come un chiodo, impegnato non a parole sulla parità, aperto al mondo, curioso, ambizioso, intransigente sui diritti da difendere, come abbiamo fatto riportando a casa Meriam o andando in Iraq a dire ai profughi che scappano dal terrore che l’Europa è lì con loro.
Abbiamo scelto di abbinare questa spinta verso il futuro che sempre contraddistingue i democratici e i progressisti con l’orgoglio per le nostre radici, per le culture che si sono mescolate nell’impasto unico del Pd; quelle della sinistra, della sua tradizione, del cattolicesimo democratico, del liberalismo, dell’ambientalismo. Abbiamo scelto di chiamare le nostre feste de l’Unità, per dire che questa è casa nostra, una casa aperta, e che il giornale fondato da Antonio Gramsci tornerà a vivere, a creare dibattito, a sferzare e sferzarci, come ha fatto in tutti questi anni e come fa Europa, più giovane, ma vitale.
Tutti noi siamo chiamati a uno sforzo di sobrietà, di rigore, di trasparenza. È quello che abbiamo cominciato a fare, con determinazione, con le iscrizioni, il fundraising. I giorni della Festa de l’Unità di Bologna saranno l’occasione per preparare una stagione di governo che sarà difficile e appassionante, perché stiamo cambiando l’Italia. Coinvolgendo, e non escludendo. Correndo, ma senza lasciare nessuno indietro, come il Festina lente (affrettati lentamente) che mi ha accompagnato per tanti anni a Palazzo Vecchio a Firenze. Aprendo, senza perdere mai il senso di chi siamo e da dove veniamo.
Buona Festa a tutti, ai volontari di Bologna e di tutte le feste in corso da settimane in giro per l’Italia, ai militanti, ai curiosi che passeranno a sentire un concerto, alle donne e agli uomini che onoreranno il credito concesso al Pd dagli italiani.

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