martedì 21 ottobre 2014

Unioni civili: non si possono confondere diritti diversi

Le unioni civili sono la forma con cui le coppie omosessuali potranno godere degli stessi diritti e doveri, oggi negati, delle persone eterosessuali sposate
Lettera di Ivan Scalfarotto, Sottosegretario alle Riforme, a Il Corriere della Sera (21 ottobre 2014)

Caro direttore, tra i Paesi dell'Europa occidentale l'Italia, Grecia esclusa, è l'unico nel quale le relazioni fra persone omosessuali non abbiano nessuna forma di tutela pubblicistica. Per superare questo vulnus, la via maestra sarebbe il matrimonio ugualitario. Ma le unioni civili «alla tedesca», strada che si intende percorrere in Italia, sono una soluzione accettabile.

L'impianto normativo, con l'adozione del figlio biologico del partner, è destinato a incidere sulla vita di centinaia di migliaia, se non milioni, di persone. Per chi, come me, bada alla sostanza delle cose, questo conta: meglio l'uovo delle unioni civili oggi, che la gallina del matrimonio ugualitario in un incerto domani. Su una materia delicata come i diritti civili è bene si discuta cercando di coinvolgere tutti.
L'importante è che non si cerchi di sommare mele e patate. Le unioni civili sono la forma con cui le coppie omosessuali potranno godere degli stessi diritti e doveri, oggi negati, delle persone eterosessuali sposate. Una conquista di civiltà che consente all'Italia di liberarsi di una zavorra oscurantista e da probabili condanne da parte della Corte europea per i Diritti dell'uomo dove pendono cause contro il nostro Paese. Le forme di tutela giuridica che invece devono riguardare tutte le coppie che non vogliono sposarsi, che cioè sono interessate ad assumersi solo una parte dei doveri e dei diritti che una relazione coniugale comporta, sono ugualmente meritevoli. Ma i due problemi sono diversi e separati, e devono restare tali: il primo riguarda l'uguaglianza di ciascuno davanti alla legge (indipendentemente dall'orientamento sessuale), l'altro l'ammodernamento e l'arricchimento dell'istituto familiare a quarant'anni dal varo del nuovo diritto di famiglia. Esigenze entrambe importanti, ma che non devono condizionarsi o rallentarsi a vicenda.

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