Maurizio Martina, segretario reggente del Partito Democratico, rilancia l’impegno dell’Unione Europea in vista della seconda Conferenza sul futuro della Siria.
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lunedì 9 aprile 2018
Siria, cessare il fuoco e garantire assistenza umanitaria. Subito
“I bambini e le donne vittime dell’attacco del regime siriano ieri a Duma si aggiungono agli oltre 400.000 morti causati dal conflitto che ha devastato il paese negli ultimi 7 anni”.
Maurizio Martina, segretario reggente del Partito Democratico, rilancia l’impegno dell’Unione Europea in vista della seconda Conferenza sul futuro della Siria.
Maurizio Martina, segretario reggente del Partito Democratico, rilancia l’impegno dell’Unione Europea in vista della seconda Conferenza sul futuro della Siria.
lunedì 2 aprile 2018
50 anni fa, l'assassinio di Martin Luther King
Il sogno del pastore afroamericano spezzato il 4 aprile 1968
Danilo Di Matteo (Democratica, 2 aprile 2018)
Il pastore battista afroamericano Martin Luther King negli ultimi anni si era persuaso dell’esigenza di lavorare su “due livelli”: quello del completo superamento della segregazione etnica, per una piena e autentica integrazione, e quello della giustizia sociale ed economica, contro la povertà.
Nel 1965, scosso da una sanguinosa sommossa razziale nel ghetto di Watts di Los Angeles, ebbe a dire: “Ho lavorato per guadagnare a questa gente il diritto di mangiare hamburger e ora devo fare qualcosa […] per aiutarli ad avere i soldi per comperarli”.
Danilo Di Matteo (Democratica, 2 aprile 2018)
Il pastore battista afroamericano Martin Luther King negli ultimi anni si era persuaso dell’esigenza di lavorare su “due livelli”: quello del completo superamento della segregazione etnica, per una piena e autentica integrazione, e quello della giustizia sociale ed economica, contro la povertà.
Nel 1965, scosso da una sanguinosa sommossa razziale nel ghetto di Watts di Los Angeles, ebbe a dire: “Ho lavorato per guadagnare a questa gente il diritto di mangiare hamburger e ora devo fare qualcosa […] per aiutarli ad avere i soldi per comperarli”.
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martedì 26 settembre 2017
Cara Europa, ora o mai più
Dopo il voto tedesco, serve una vera riforma dell’Unione. Siamo pronti a far valere le nostre priorità
Sandro Gozi @sandrogozi · 26 settembre 2017
Le elezioni tedesche ci consegnano una Germania nuovamente guidata da Angela Merkel e da un governo di coalizione. La prima novità è l’ingresso al Bundestag di AfD: qualcosa che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Europa e della tenuta della democrazia. La crescita di AfD, avvenuta specialmente a Est, ha fatto leva sulle debolezze e sull’immobilismo della Grande Coalizione: le disuguaglianze sociali e tra Est e Ovest non si sono attenuate, nonostante la crescita economica, e il prezzo politico più alto lo ha pagato la Spd.
La prossima coalizione sarà presumibilmente la “Giamaica”, con Cdu, Verdi e Liberali, e sarà interessante capire come Verdi e Liberali, che su molti temi hanno posizioni distanti, riusciranno a fare una sintesi efficace. Questo riguarda soprattutto l’Europa: se sotto la spinta dei Liberali la Germania dovesse ripiegare su posizioni di austerity, potrebbe diventare tutto ancora più lento e difficile. Mentre con i Verdi abbiamo molte cose in comune, a cominciare dalla costruzione di un’Europa più democratica con veri partiti politici europei eletti in liste transnazionali.
Sandro Gozi @sandrogozi · 26 settembre 2017
Le elezioni tedesche ci consegnano una Germania nuovamente guidata da Angela Merkel e da un governo di coalizione. La prima novità è l’ingresso al Bundestag di AfD: qualcosa che dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Europa e della tenuta della democrazia. La crescita di AfD, avvenuta specialmente a Est, ha fatto leva sulle debolezze e sull’immobilismo della Grande Coalizione: le disuguaglianze sociali e tra Est e Ovest non si sono attenuate, nonostante la crescita economica, e il prezzo politico più alto lo ha pagato la Spd.
La prossima coalizione sarà presumibilmente la “Giamaica”, con Cdu, Verdi e Liberali, e sarà interessante capire come Verdi e Liberali, che su molti temi hanno posizioni distanti, riusciranno a fare una sintesi efficace. Questo riguarda soprattutto l’Europa: se sotto la spinta dei Liberali la Germania dovesse ripiegare su posizioni di austerity, potrebbe diventare tutto ancora più lento e difficile. Mentre con i Verdi abbiamo molte cose in comune, a cominciare dalla costruzione di un’Europa più democratica con veri partiti politici europei eletti in liste transnazionali.
venerdì 18 agosto 2017
Con il cuore a Barcellona
NOI NON ABBIAMO PAURA
“Loro ci vogliono morti, noi dobbiamo e vogliamo vivere.
Nessuno restituirà le vittime di queste squallide bestie assassine alle loro famiglie. Ma vivere mantenendo i nostri valori sarà anche un modo per sconfiggere la filosofia di morte di chi vuole piegare la nostra quotidianità alla paura.
No Tinc Por.
Gridiamolo anche noi, oggi. Anche se il fiato è spezzato dal dolore. Noi non abbiamo paura. E il nostro amore è più forte del loro odio.”
Lo scrive Matteo Renzi nella sua pagina Facebook.
NESSUNO SI CHIAMI FUORI
“I valori di tolleranza e libertà propri dell’Europa democratica sono irrinunciabili e, per difenderli insieme, tutti sono chiamati a impegnarsi per battere l’oscurantismo sanguinario. Nessuno stato e nessuna singola persona può chiamarsene fuori”.
Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un passaggio della nota di cordoglio per le vittime dell’attentato a Barcellona.
LA VIGLIACCHERIA DEL FANATISMO
“E’ stato un attentato odioso, orribile, perché ha colpito e ucciso vite innocenti che si trovavano sulla Rambla di passaggio, per turismo, di ritorno dal lavoro. Sono vite spezzate dalla vigliaccheria del fanatismo terroristico che colpisce il cuore vivo dell’Europa. In questo tragico lutto, siamo vicini al popolo di Barcellona e a tutto il popolo spagnolo. Un abbraccio fraterno”.
Lo scrive il presidente dei senatori del PD Luigi Zanda in una lettera al capogruppo in Senato del Psoe, Andres Gil Garcia, e al presidente del gruppo socialista nel Parlamento catalano e segretario del Psc, Miquel Iceta.
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martedì 6 giugno 2017
In difesa del futuro, tutti insieme per sostenere l'accordo sul clima. A Casola, volantinaggio in piazza Oriani, sabato 10 giugno
“In difesa del futuro, tutti insieme per sostenere l’accordo sul clima”: questo il titolo della campagna che il Partito democratico ha organizzato dal 5 al 10 giugno. Banchetti del PD verranno allestiti nelle piazze della provincia di Ravenna per difendere l’accordo sul clima.
“In seguito alla scelta di Donald Trump – ha detto Eleonora Proni, Segreteria della Federazione PD di Ravenna - di non mantenere l’impegno degli USA nell’accordo sul clima di Parigi, vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica. Perciò la direzione provinciale si occuperà di questo tema nella serata del 6 giugno e i nostri militanti saranno in tutto il territorio provinciale per ribadire che è nostro dovere assicurare il massimo impegno per la riduzione delle emissioni, sulle energie rinnovabili e lo sviluppo sostenibile. Il futuro del nostro pianeta non riguarda solamente la politica.”
***
A Casola Valsenio, banchetto e volantinaggio in Piazza Alfredo Oriani, Sabato 10 giugno, ore 10/12.
“In seguito alla scelta di Donald Trump – ha detto Eleonora Proni, Segreteria della Federazione PD di Ravenna - di non mantenere l’impegno degli USA nell’accordo sul clima di Parigi, vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica. Perciò la direzione provinciale si occuperà di questo tema nella serata del 6 giugno e i nostri militanti saranno in tutto il territorio provinciale per ribadire che è nostro dovere assicurare il massimo impegno per la riduzione delle emissioni, sulle energie rinnovabili e lo sviluppo sostenibile. Il futuro del nostro pianeta non riguarda solamente la politica.”
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A Casola Valsenio, banchetto e volantinaggio in Piazza Alfredo Oriani, Sabato 10 giugno, ore 10/12.
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lunedì 24 aprile 2017
Elezioni presidenziali francesi, ballottaggio Macron-Le Pen. Gollisti e socialisti: “Votate contro FN”
Il primo turno delle presidenziali francesi non regalano colpi di scena, promuovendo al ballottaggio di domenica 7 maggio Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Il leader di En Marche! vince la sfida del primo turno, vincendola principalmente nelle grandi città e nell’Ovest della Francia. Marine Le Pen vince nella provincia francese, ma non riesce a sfondare nelle grandi città. Tiene il candidato gollista François Fillon, nonostante gli scandali. Ottima la prestazione del candidato della sinistra radicale Jean-Luc Mélenchon, che quando mancano circa il 30% dei voti è a solo un punto percentuale da Fillon. Male il Partito Socialista, che con Hamon conquista circa il 6%.
Per il secondo turno il favorito è Macron, non solo per il primo posto conquistato in questo primo turno, ma forte dell’appoggio di Fillon e Hamon. Secondo gli ultimi sondaggi il leader di En Marche! il 7 maggio dovrebbe conquistare il 62%. Nessun endorsement da parte di Mélenchon, che nel suo discorso ha invitato i suoi elettori a votare secondo coscienza.
Per il secondo turno il favorito è Macron, non solo per il primo posto conquistato in questo primo turno, ma forte dell’appoggio di Fillon e Hamon. Secondo gli ultimi sondaggi il leader di En Marche! il 7 maggio dovrebbe conquistare il 62%. Nessun endorsement da parte di Mélenchon, che nel suo discorso ha invitato i suoi elettori a votare secondo coscienza.
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Elezioni presidenziali francesi. Chi è Emmanuel Macron, il candidato “post-sistema” che ha aperto una nuova strada
Una carriera folgorante: da speranza della politica francese potrebbe diventare anche la grande speranza di tutta l’Unione Europea
Da astro nascente della politica francese a presidente della Repubblica il passo è tutt’altro che breve. Potrebbe riuscirci, con una carriera davvero folgorante Emmanuel Macron,. Un’eventualità davvero imprevedibile solo pochi mesi fa. Eppure, complice la crisi di consensi di Fillon, il calo della Le Pen, il crollo del Psf, la giovane promessa si potrebbe trasformare in realtà. E da speranza della politica francese potrebbe diventare anche la grande speranza di tutta l’Unione Europea.
Emmanuel Macron, 39 anni, da giovane assistente del filosofo personalista Paul Ricoeur, poi ispettore delle finanze, dirigente di una banca d’affari, è stato tra i principali collaboratori del Presidente Hollande. Prima come segretario generale aggiunto dell’Eliseo e poi come Ministro dell’Economia. Nell’aprile 2016 ha fondato il proprio movimento politico, “En Marche!”. Ad agosto si è dimesso dal Ministero e dal 15 novembre si è ufficialmente candidato alle presidenziali da indipendente.
Da astro nascente della politica francese a presidente della Repubblica il passo è tutt’altro che breve. Potrebbe riuscirci, con una carriera davvero folgorante Emmanuel Macron,. Un’eventualità davvero imprevedibile solo pochi mesi fa. Eppure, complice la crisi di consensi di Fillon, il calo della Le Pen, il crollo del Psf, la giovane promessa si potrebbe trasformare in realtà. E da speranza della politica francese potrebbe diventare anche la grande speranza di tutta l’Unione Europea.
Emmanuel Macron, 39 anni, da giovane assistente del filosofo personalista Paul Ricoeur, poi ispettore delle finanze, dirigente di una banca d’affari, è stato tra i principali collaboratori del Presidente Hollande. Prima come segretario generale aggiunto dell’Eliseo e poi come Ministro dell’Economia. Nell’aprile 2016 ha fondato il proprio movimento politico, “En Marche!”. Ad agosto si è dimesso dal Ministero e dal 15 novembre si è ufficialmente candidato alle presidenziali da indipendente.
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Elezioni presidenziali francesi. Chi è Marine Le Pen, la madame noire che vuole la fine dell’Unione Europea
Una proposta che si struttura tutta attorno a una lunghissima serie di No
Alla fine Marine Le Pen ce l’ha fatta. Da mesi tutti i sondaggi la davano certa dell’accesso al ballottaggio nella corsa all’Eliseo e, nonostante il costante rallentamento delle ultime settimane, non si sbagliavano. La candidata anti-sistema potrebbe diventare la prossima presidente della Repubblica francese e cambiare per sempre il volto del suo Paese e dell’intera Unione Europea. La parte difficile, per lei, arriva ora, perché si deve augurare che quegli stessi sondaggi che la davano vincitrice al primo turno, si sbaglino riguardo le sorti del ballottaggio.
Alla fine Marine Le Pen ce l’ha fatta. Da mesi tutti i sondaggi la davano certa dell’accesso al ballottaggio nella corsa all’Eliseo e, nonostante il costante rallentamento delle ultime settimane, non si sbagliavano. La candidata anti-sistema potrebbe diventare la prossima presidente della Repubblica francese e cambiare per sempre il volto del suo Paese e dell’intera Unione Europea. La parte difficile, per lei, arriva ora, perché si deve augurare che quegli stessi sondaggi che la davano vincitrice al primo turno, si sbaglino riguardo le sorti del ballottaggio.
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giovedì 20 aprile 2017
Libertà per Gabriele Del Grande
La mobilitazione sia virtuale che sul territorio continua. Non può essere altrimenti
Sono passati dieci giorni dall’arresto di Gabriele Del Grande in Turchia e a quanto dice il senatore Luigi Manconi “la situazione si sta aggravando”.
“Il vice console italiano ad Ankara e il legale turco di Gabriele Del Grande sono andati nel carcere dov’è detenuto il giornalista italiano, ma le autorità turche gli hanno impedito di vederlo“, ha detto il presidente della Commissione per i Diritti umani Manconi che ha avuto un colloquio telefonico con l’avvocato di Del Grande.
“Quando stava emergendo una possibile soluzione positiva, la situazione si è aggravata ed è emersa la necessità di mobilitarsi”, ha detto Manconi presentando al Senato, insieme agli amici di Gabriele Del Grande, un appello alle istituzioni perché si impegnino alla liberazione dello scrittore.
Sono passati dieci giorni dall’arresto di Gabriele Del Grande in Turchia e a quanto dice il senatore Luigi Manconi “la situazione si sta aggravando”.
“Il vice console italiano ad Ankara e il legale turco di Gabriele Del Grande sono andati nel carcere dov’è detenuto il giornalista italiano, ma le autorità turche gli hanno impedito di vederlo“, ha detto il presidente della Commissione per i Diritti umani Manconi che ha avuto un colloquio telefonico con l’avvocato di Del Grande.
“Quando stava emergendo una possibile soluzione positiva, la situazione si è aggravata ed è emersa la necessità di mobilitarsi”, ha detto Manconi presentando al Senato, insieme agli amici di Gabriele Del Grande, un appello alle istituzioni perché si impegnino alla liberazione dello scrittore.
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domenica 12 febbraio 2017
È l’ora dell’unità politica dell’Europa. Le forze di sinistra ripartano da qui
di Achille Occhetto (l'Unità, 10 febbraio 2017)
C’è bisogno di un nuovo riformismo sovranazionale che si contrapponga all’«America first» di Trump, ponendo al centro l’umanità tutta. Nessuna nazione può affrontare da sola le grandi sfide globali, ma l’architettura dell’Ue va ripensata
Il 27 marzo si celebreranno in Campidoglio i 50 anni dei Trattati di Roma. Sarà per l’Europa un importante momento di riflessione sulla sua crisi nel contesto di una più generale visione del mondo e della politica. Dovrebbe essere, a mio avviso, una buona occasione per prendere le mosse dalla consapevolezza che ci troviamo dinnanzi ad un tornante di proporzioni incalcolabili nella storia del mondo e dell’Europa, che avrà un indubbio riflesso planetario.
In realtà la politica europea –e il centro sinistra, in Italia – sembrano essere del tutto impreparati all’immane scontro contro le tendenze centrifughe e disgregatrici che si stanno parando davanti a noi. Per avere qualche possibilità di successo, nello sforzo volto ad arginare lo tsunami nazionalista, occorrerebbero, a mio parere, due condizioni preliminari. La prima è quella di non presentarsi come i difensori acritici delle attuali istituzioni politico-finanziarie internazionali; la seconda è quella di prendere decisamente nelle proprie mani la critica alla perversa globalizzazione delle politiche neoliberiste e di austerità. Se non si strappa dalle mani dei movimenti nazionalisti questa critica, la partita è persa.
C’è bisogno di un nuovo riformismo sovranazionale che si contrapponga all’«America first» di Trump, ponendo al centro l’umanità tutta. Nessuna nazione può affrontare da sola le grandi sfide globali, ma l’architettura dell’Ue va ripensata
Il 27 marzo si celebreranno in Campidoglio i 50 anni dei Trattati di Roma. Sarà per l’Europa un importante momento di riflessione sulla sua crisi nel contesto di una più generale visione del mondo e della politica. Dovrebbe essere, a mio avviso, una buona occasione per prendere le mosse dalla consapevolezza che ci troviamo dinnanzi ad un tornante di proporzioni incalcolabili nella storia del mondo e dell’Europa, che avrà un indubbio riflesso planetario.
In realtà la politica europea –e il centro sinistra, in Italia – sembrano essere del tutto impreparati all’immane scontro contro le tendenze centrifughe e disgregatrici che si stanno parando davanti a noi. Per avere qualche possibilità di successo, nello sforzo volto ad arginare lo tsunami nazionalista, occorrerebbero, a mio parere, due condizioni preliminari. La prima è quella di non presentarsi come i difensori acritici delle attuali istituzioni politico-finanziarie internazionali; la seconda è quella di prendere decisamente nelle proprie mani la critica alla perversa globalizzazione delle politiche neoliberiste e di austerità. Se non si strappa dalle mani dei movimenti nazionalisti questa critica, la partita è persa.
lunedì 2 gennaio 2017
Insieme contro il terrorismo
“A nome del Governo, del popolo italiano e mio personale le esprimo le più sentite condoglianze per il vile e brutale attacco terroristico che ha colpito Istanbul questa notte”.
Così il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nel messaggio inviato al Presidente turco Erdogan, in occasione della strage di capodanno in Turchia.
“Il nostro pensiero - aggiunge il premier - va alle vittime innocenti la cui vita è stata spezzata da ferocia inumana proprio nella normalità della condivisione di un momento di festa.
L’Italia si stringe tutta intorno alle famiglie e piange con loro. Signor Presidente, in questo momento doloroso le confermo la solidarietà piena del governo italiano e la determinazione assoluta a combattere insieme contro la piaga del terrorismo”.
Così il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nel messaggio inviato al Presidente turco Erdogan, in occasione della strage di capodanno in Turchia.
“Il nostro pensiero - aggiunge il premier - va alle vittime innocenti la cui vita è stata spezzata da ferocia inumana proprio nella normalità della condivisione di un momento di festa.
L’Italia si stringe tutta intorno alle famiglie e piange con loro. Signor Presidente, in questo momento doloroso le confermo la solidarietà piena del governo italiano e la determinazione assoluta a combattere insieme contro la piaga del terrorismo”.
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mercoledì 21 dicembre 2016
Attentato Berlino, ansia per la giovane italiana dispersa. Rilasciato l’uomo fermato
Il bilancio della strage parla di 12 morti e 48 feriti. Dispersa una ragazza italiana
La strage compiuta ieri sera con un lungo camion nero lanciato sulla folla in un mercatino di Natale a Berlino è “un attentato terroristico“. La conferma ufficiale è arrivata dal ministero dell’Interno. Il mezzo pesante, simile a quello utilizzato per l’attentato del 14 luglio a Nizza, è stato lanciato “deliberatamente” contro la gente, provocando 12 vittime e 48 feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni.
Angela Merkel ha parlato così alla nazione: “Un disumano attacco terroristico. Tutto il Paese è a fianco delle vittime e dei loro parenti, faremo di tutto per assicurare il colpevole alla giustizia. Sappiamo che il presunto aggressore aveva chiesto asilo politico in Germania, ma non vogliamo vivere nella paura. Questo è il momento di reagire uniti e di continuare a sostenere le persone che chiedono di integrarsi e vivere liberamente nel nostro paese”.
L’intelligence tedesca seguiva da giorni i segnali di un possibile attentato in Germania.
La strage compiuta ieri sera con un lungo camion nero lanciato sulla folla in un mercatino di Natale a Berlino è “un attentato terroristico“. La conferma ufficiale è arrivata dal ministero dell’Interno. Il mezzo pesante, simile a quello utilizzato per l’attentato del 14 luglio a Nizza, è stato lanciato “deliberatamente” contro la gente, provocando 12 vittime e 48 feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni.
Angela Merkel ha parlato così alla nazione: “Un disumano attacco terroristico. Tutto il Paese è a fianco delle vittime e dei loro parenti, faremo di tutto per assicurare il colpevole alla giustizia. Sappiamo che il presunto aggressore aveva chiesto asilo politico in Germania, ma non vogliamo vivere nella paura. Questo è il momento di reagire uniti e di continuare a sostenere le persone che chiedono di integrarsi e vivere liberamente nel nostro paese”.
L’intelligence tedesca seguiva da giorni i segnali di un possibile attentato in Germania.
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martedì 29 novembre 2016
Gli eroi non muoiono vecchi
di Adriano Sofri (l'Unità, 26 novembre 2016)
Un uomo sopravvissuto a se stesso, che si è tramutato in un monarca con successione dinastica
Bisogna morire giovani per essere amati con tutto il cuore. Come Camilo Cienfuegos, come il Che, che tanto giovane non era più. Fidel si è tenuto alla sua vecchiaia, e anche noi che gli sopravviviamo, e siamo tentati di rinfacciargliela. Quando desiderammo la rivoluzione ci sembrò di dover scegliere fra due modi, uno cinese, maniaco del metodo, e uno cubano, votato all’irregolarità. Teorizzarono ambedue la guerra di guerriglia, ma i cinesi erano glabri come porcellane e i cubani irsuti di barbe.
I rivoluzionari del Terzo mondo oscillarono fra gi uni e gli altri. Il modello cubano era spartito a sua volta fra due immagini: un eroe morto e un padre della patria vivo. Il Che non diventò mai un padre della patria, restò sempre un figlio, il beniamino. Un cubano di adozione, dunque il più cubano dei cubani, tuttavia sempre uno venuto dall’Argentina e incontrato in Messico e andato a farsi ammazzare in Bolivia. La superficie glabra dei ritratti cinesi sembrava confermare il luogo comune dell’impenetrabilità orientale.
Erano barbudos i cubani, nella loro foggia selvatica, in memoria della sierra e la selva. Barba e baffi sono così decisivi per Guevara che li taglia per travestirsi, all’ingresso in Bolivia, e somiglia così a un anonimo viaggiatore di commercio. Si capisce che, anche quanto a capigliature e vestiario, i giovani degli anni ’60 prediligessero i cubani. La rivoluzione, scrisse Sciascia, può fare a meno delle barbe, la contestazione no.
Un uomo sopravvissuto a se stesso, che si è tramutato in un monarca con successione dinastica
Bisogna morire giovani per essere amati con tutto il cuore. Come Camilo Cienfuegos, come il Che, che tanto giovane non era più. Fidel si è tenuto alla sua vecchiaia, e anche noi che gli sopravviviamo, e siamo tentati di rinfacciargliela. Quando desiderammo la rivoluzione ci sembrò di dover scegliere fra due modi, uno cinese, maniaco del metodo, e uno cubano, votato all’irregolarità. Teorizzarono ambedue la guerra di guerriglia, ma i cinesi erano glabri come porcellane e i cubani irsuti di barbe.
I rivoluzionari del Terzo mondo oscillarono fra gi uni e gli altri. Il modello cubano era spartito a sua volta fra due immagini: un eroe morto e un padre della patria vivo. Il Che non diventò mai un padre della patria, restò sempre un figlio, il beniamino. Un cubano di adozione, dunque il più cubano dei cubani, tuttavia sempre uno venuto dall’Argentina e incontrato in Messico e andato a farsi ammazzare in Bolivia. La superficie glabra dei ritratti cinesi sembrava confermare il luogo comune dell’impenetrabilità orientale.
Erano barbudos i cubani, nella loro foggia selvatica, in memoria della sierra e la selva. Barba e baffi sono così decisivi per Guevara che li taglia per travestirsi, all’ingresso in Bolivia, e somiglia così a un anonimo viaggiatore di commercio. Si capisce che, anche quanto a capigliature e vestiario, i giovani degli anni ’60 prediligessero i cubani. La rivoluzione, scrisse Sciascia, può fare a meno delle barbe, la contestazione no.
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La morte di Fidel Castro. Intervista al direttore dell'Istituto Gramsci, Silvio Pons
“L’alone mitologico che circonda la figura di Castro dev’essere dimensionato al suo profilo storico più autentico, nel quale si incrocia la realtà di un ruolo globale effettivamente svolto tra gli anni Sessanta e Settanta insieme all’incapacità di comprendere i cambiamenti che si realizzarono in America Latina e nella comunità internazionale dagli anni Ottanta in avanti”. Con Silvio Pons, presidente della Fondazione Istituto Gramsci e tra i principali studiosi italiani di storia globale del XX secolo, discutiamo di una figura centrale della storia e dell’immaginario del Novecento.
Cosa intendiamo davvero quando parliamo di «castrismo»?
Il castrismo nasce all’incrocio di tre direttrici del tutto diverse. Da una parte il contesto di lungo periodo del nazionalismo latinoamericano di matrice antistatunitense, che precede largamente la presa del potere del 1959 e che è privo di connotazioni marxiste o comuniste. Dall’altra la grande ondata politica e culturale del terzomondismo, ovvero l’idea che il cambiamento principale che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale fosse rappresentato dalla fine del colonialismo declinato in chiave di ideologia antimperialistica. Il terzo contesto è quello della Guerra Fredda, dentro la quale la rivoluzione cubana si trova a muoversi oscillando tra i due magneti del nascente movimento dei non allineati e dell’attrazione verso il polo sovietico.
L’incrocio tra queste tre direttrici produce una evoluzione radicale della rivoluzione cubana, promossa da un gruppo dirigente dove in origine il marxismo era un elemento marginale (rappresentato ad esempio da Guevara) che trasforma in movimento comunista quello che inizialmente era solo un movimento nazionalista.
Cosa intendiamo davvero quando parliamo di «castrismo»?
Il castrismo nasce all’incrocio di tre direttrici del tutto diverse. Da una parte il contesto di lungo periodo del nazionalismo latinoamericano di matrice antistatunitense, che precede largamente la presa del potere del 1959 e che è privo di connotazioni marxiste o comuniste. Dall’altra la grande ondata politica e culturale del terzomondismo, ovvero l’idea che il cambiamento principale che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale fosse rappresentato dalla fine del colonialismo declinato in chiave di ideologia antimperialistica. Il terzo contesto è quello della Guerra Fredda, dentro la quale la rivoluzione cubana si trova a muoversi oscillando tra i due magneti del nascente movimento dei non allineati e dell’attrazione verso il polo sovietico.
L’incrocio tra queste tre direttrici produce una evoluzione radicale della rivoluzione cubana, promossa da un gruppo dirigente dove in origine il marxismo era un elemento marginale (rappresentato ad esempio da Guevara) che trasforma in movimento comunista quello che inizialmente era solo un movimento nazionalista.
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domenica 13 novembre 2016
La sinistra vive nella lotta alle disuguaglianze, non nel recinto del Sì o del No
Serve un terreno comune. Dagli Usa un tornado che può travolgere la rappresentanza democratica
di Gianni Cuperlo (l'Unità, 13 novembre 2016)
Se il 9 novembre dell’89 ha unificato l’Europa e messo fine al dopoguerra più lungo, l’8 novembre di questo 2016 può condizionare la storia dell’Occidente e delle democrazie. Ha vinto Donald Trump e lui, l’inquilino prossimo alla Casa Bianca, ha una biografia che parla. Per i prossimi quattro anni dovrà rinunciare a un velivolo privato, un bestione dei cieli da trecento posti modificato secondo la bisogna. Rubinetti di pregio, stanza da letto e massimo comfort, tecnologie d’avanguardia. Tutto al servizio di un Tycoon che sbarca a Washington sull’onda del consenso razziato nel ceto medio immiserito che l’America, al pari di noi, ha visto decuplicarsi negli anni della crisi.
di Gianni Cuperlo (l'Unità, 13 novembre 2016)
Se il 9 novembre dell’89 ha unificato l’Europa e messo fine al dopoguerra più lungo, l’8 novembre di questo 2016 può condizionare la storia dell’Occidente e delle democrazie. Ha vinto Donald Trump e lui, l’inquilino prossimo alla Casa Bianca, ha una biografia che parla. Per i prossimi quattro anni dovrà rinunciare a un velivolo privato, un bestione dei cieli da trecento posti modificato secondo la bisogna. Rubinetti di pregio, stanza da letto e massimo comfort, tecnologie d’avanguardia. Tutto al servizio di un Tycoon che sbarca a Washington sull’onda del consenso razziato nel ceto medio immiserito che l’America, al pari di noi, ha visto decuplicarsi negli anni della crisi.
domenica 11 settembre 2016
11 Settembre 2001-2016. 15 anni fa l'attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York
E' il quindicesimo anniversario del tragico attacco terroristico alle Torri Gemelle di Manhattan, New York, quando fu portato l’attacco al cuore degli Usa. Un episodio che indubbiamente ha cambiato il corso della storia e ha creato un divario tra occidente e mondo islamico. A distanza di 15 anni il ricordo dell’evento è ancora intatto nel cuore degli americani.
Erano le 7.59 negli USA quando il volo American Airlines 11 partì dal Logan International Airport di Boston diretto a Los Angeles con a bordo 95 persone. Poco dopo alle 8.14 il volo United Airlines 175 decolla con 65 persone a bordo. Sempre alle 8.15 un altro volo American Airlines 77 decolla dal Dulles Airport di Washington in direzione Los Angeles. Alle 8.42 il volo UA93 decolla da Newark alla volta di San Francisco. Il controllo traffico aereo intorno alle 8.43 intuisce che vi sono problemi in quanto non riesce a contattare i velivoli e si pensa subito ad un dirottamento.
Erano le 7.59 negli USA quando il volo American Airlines 11 partì dal Logan International Airport di Boston diretto a Los Angeles con a bordo 95 persone. Poco dopo alle 8.14 il volo United Airlines 175 decolla con 65 persone a bordo. Sempre alle 8.15 un altro volo American Airlines 77 decolla dal Dulles Airport di Washington in direzione Los Angeles. Alle 8.42 il volo UA93 decolla da Newark alla volta di San Francisco. Il controllo traffico aereo intorno alle 8.43 intuisce che vi sono problemi in quanto non riesce a contattare i velivoli e si pensa subito ad un dirottamento.
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sabato 10 settembre 2016
L'11 settembre del Cile: 43 anni fa il golpe di Pinochet
Quarantuno anni fa, l'11 settembre 1973, un violento colpo di Stato guidato dal generale Augusto Pinochet Ugarte destituiva il governo di Unidad Popular del primo presidente socialista del Cile, Salvador Allende, eletto democraticamente tre anni prima. Con il bombardamento aereo della Moneda, il palazzo presidenziale a Santiago del Cile, la fine tragica di Allende - che si suicidò con una scarica di mitragliatore - e l'entrata in scena di Pinochet, si aprì una fase storica drammatica per tanta parte della popolazione del Paese. Quel tragico evento, che si consumò in un solo giorno, cambiò la storia del Cile, assumendo un valore cruciale nella storia dell'America Latina e del mondo intero.
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domenica 21 agosto 2016
Strage durante una festa di nozze in Turchia
Un kamikaze si sarebbe confuso tra gli invitati e avrebbe azionato la sua carica esplosiva provocando l’attentato. Erdogan punta il dito contro l’Isis
Continua a salire il numero delle vittime dell’attentato avvenuto la notte scorsa durante una festa di nozze a Gaziantep, città turca abitata prevalentemente da curdi, vicino al confine con la Siria. Il bilancio aggiornato è di 51 morti e di circa un centinaio di feriti dopo un’esplosione avvenuta durante i festeggiamenti delle nozze che che si stavano celebrando per strada, come è tradizione nella Turchia meridionale.
Continua a salire il numero delle vittime dell’attentato avvenuto la notte scorsa durante una festa di nozze a Gaziantep, città turca abitata prevalentemente da curdi, vicino al confine con la Siria. Il bilancio aggiornato è di 51 morti e di circa un centinaio di feriti dopo un’esplosione avvenuta durante i festeggiamenti delle nozze che che si stavano celebrando per strada, come è tradizione nella Turchia meridionale.
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domenica 3 luglio 2016
Attacco terrorista in Bangladesh: il bilancio finale è stato di 20 civili uccisi, tra cui nove italiani
Le indagini del governo svelano i particolari sul commando terrorista: giovani ventenni provenienti da famiglie benestanti, tutti bengalesi.
Figli di buona famiglia, che hanno frequentato le scuole migliori del Paese, ricchi e non certo reclutati tra gli ultimi della società. A 48 ore dall'attentato di Dacca contro un ristorante frequentato da occidentali - il bilancio finale è stato di 20 civili uccisi, tra cui nove italiani - le indagini del governo svelano i particolari sul commando: rampolli ventenni provenienti da famiglie benestanti, tutti bengalesi.
"Sono uomini giovani che hanno studiato e frequentato l'università. Nessuno di loro veniva da una madrassa", ha detto il ministro degli Esteri bengalese. Il governo del Bangladesh nega da tempo la presenza di qualunque gruppo jihadista nel Paese, in particolare di membri dello Stato Islamico, ma anche al-Qaeda. L'ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque, intervistato dal quotidiano The Daily Star, ha dichiarato che dei sei terroristi, almeno cinque erano ricercati da tempo.
Figli di buona famiglia, che hanno frequentato le scuole migliori del Paese, ricchi e non certo reclutati tra gli ultimi della società. A 48 ore dall'attentato di Dacca contro un ristorante frequentato da occidentali - il bilancio finale è stato di 20 civili uccisi, tra cui nove italiani - le indagini del governo svelano i particolari sul commando: rampolli ventenni provenienti da famiglie benestanti, tutti bengalesi.
"Sono uomini giovani che hanno studiato e frequentato l'università. Nessuno di loro veniva da una madrassa", ha detto il ministro degli Esteri bengalese. Il governo del Bangladesh nega da tempo la presenza di qualunque gruppo jihadista nel Paese, in particolare di membri dello Stato Islamico, ma anche al-Qaeda. L'ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque, intervistato dal quotidiano The Daily Star, ha dichiarato che dei sei terroristi, almeno cinque erano ricercati da tempo.
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sabato 25 giugno 2016
I britannici hanno scelto: vogliono il Regno unito fuori dall’Unione europea.
...e quel 51,9% di voti a favore del Leave ha provocato un terremoto in Gran Bretagna che ha portato anche alle dimissioni di David Cameron, nonostante nei giorni precedenti al voto il primo ministro aveva dichiarato che non c’erano collegamenti tra il risultato del referendum e la sua carica di governo. Ma era ovvio, anche per l’impostazione della campagna referendaria, che questo risultato avrebbe provocato delle conseguenze anche a livello politico. “Il popolo britannico ha votato a favore dell’uscita dall’Unione europea e questa volontà sarà rispettata”, ha detto Cameron, che la settimana prossima parteciperà al Consiglio europeo a Bruxelles. Il premier ha spiegato che rimarrà in carica tre mesi e poi le elezioni a ottobre con il nuovo primo ministro che “dovrà guidare i negoziati con l’Ue”. Il conservatore Boris Johnson, sindaco di Londra si è detto “dispiaciuto per le dimissioni di David Cameron da premier, lo considero uno straordinario politico”. Da questo terremoto non esce illesa nemmeno l’opposizione con il leader laburista Jeremy Corbyn ora criticato dal suo stesso partito per aver condotto una campagna referendaria troppo tiepida.
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