giovedì 20 aprile 2017

Libertà per Gabriele Del Grande

La mobilitazione sia virtuale che sul territorio continua. Non può essere altrimenti

Sono passati dieci giorni dall’arresto di Gabriele Del Grande in Turchia e a quanto dice il senatore Luigi Manconi “la situazione si sta aggravando”.

“Il vice console italiano ad Ankara e il legale turco di Gabriele Del Grande sono andati nel carcere dov’è detenuto il giornalista italiano, ma le autorità turche gli hanno impedito di vederlo“, ha detto il presidente della Commissione per i Diritti umani Manconi che ha avuto un colloquio telefonico con l’avvocato di Del Grande.

“Quando stava emergendo una possibile soluzione positiva, la situazione si è aggravata ed è emersa la necessità di mobilitarsi”, ha detto Manconi presentando al Senato, insieme agli amici di Gabriele Del Grande, un appello alle istituzioni perché si impegnino alla liberazione dello scrittore.

Turchia, l’appello del padre di Gabriele

Giorni di angoscia e notizie fumose. Poco e niente si sa dei motivi del suo arresto e di quando potrà tornare in Italia ma ieri una telefonata, la prima concessagli, ha fatto almeno tirare un sospiro di sollievo per le sue condizioni di salute. Gabriele sta bene ma è rinchiuso dalla polizia nella provincia sudorientale dell’Hatay al confine con la Siria. Non gli è stato torto un capello, come ha detto lui stesso, ma da ieri sera ha iniziato lo sciopero della fame: “Invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti”, ha chiesto chiamando la sua compagna, madre dei due suoi figli.

Chi è Gabriele Del Grande e perché è stato fermato?

Toscano, 35 anni, reporter e documentarista. Fondatore dell’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione “Fortress Europe” nel 2014 insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry ha realizzato il documentario “Io sto con la sposa“. Per la realizzazione del film, accolto con grande favore di pubblico e critica al festival del cinema di Venezia, Gabriele aveva raccolto un gruppo di circa venti persone a Milano, tra siriani e palestinesi, diretti verso la Svezia, inscenando con loro un finto corteo nuziale per poter passare più facilmente le frontiere.

In questi giorni si trovava a confine con la Siria per intervistare dei profughi per il suo ultimo libro “Un partigiano mi disse“. Il libro, secondo la descrizione dello stesso autore, parla della “guerra in Siria e la nascita dell’ISIS, raccontate attraverso l’epica della gente comune in un intreccio di geopolitica e storytelling”. Per questo lavoro era partita una raccolta di crowfounding che aveva permesso a Del Grande di partire e raccontare. Un lavoro che ha fatto paura a qualcuno. Eppure, riferisce sempre Del Grande, “i miei documenti sono in regola ma non mi è permesso nominare un avvocato né sapere quando finirà questo fermo”.

Il sostegno del web
Da subito ci si è mobilitati per sostenere il rilascio immediato del blogger e l’hashtag #iostocongabriele sta spopolando su Twitter. Dopo l’annuncio dell’inizio dello sciopero della fame il presidente della Commissione per i diritti umani Luigi Manconi ha incontrato a porte chiuse per un’ora l’ambasciatore turco a Roma, mantenendo il massimo riserbo sul contenuto del colloquio.


Anche la Farnesina si sta muovendo. Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha fatto sapere di aver disposto l’invio a Mugla – dove Del Grande è detenuto – del console d’Italia a Smirne e l’ambasciatore d’Italia ad Ankara ha trasmesso alle autorità turche la richiesta di visita consolare, come previsto dalla Convenzione di Vienna del 1963. Non basta una telefonata, la Farnesina chiede che Del Grande sia rimesso in libertà subito, nel pieno rispetto della legge. E annuncia contatti imminenti col governo turco.

E la mobilitazione, sia virtuale che sul territorio, continua. Non può essere altrimenti.

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