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martedì 3 aprile 2018

Avanti insieme, per più autonomia all'Emilia-Romagna

Il PROGETTO
Maggiore autonomia per l'Emilia-Romagna

La Regione Emilia-Romagna punta ad ottenere maggiore autonomia legislativa e amministrativa per poter gestire direttamente, e con risorse certe, materie fondamentali per l’ulteriore crescita sociale ed economica dei propri territori, oltre che per la semplificazione delle procedure amministrative e dei meccanismi decisionali, in cinque aree strategiche:

- Politiche del lavoro
- Istruzione
- Sanità
- Tutela dell'ambiente e dell'ecosistema
- Relazioni internazionali e rapporti con l'UE

Intende farlo ricorrendo alla Costituzione, che all’articolo 116, comma III, consente l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori “forme e condizioni particolari di autonomia” attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa fra il Governo e la Regione interessata.
Una forma di autonomia rinforzata con cui migliorare i già alti standard di rendimento delle istituzioni regionali e locali a beneficio dell’intera comunità emiliano-romagnola (cittadini, imprese, enti territoriali, associazioni, agenzie formative), attuare modelli organizzativi sempre più innovativi e portare sempre più vicino ai territori funzioni rilevanti.


giovedì 22 febbraio 2018

26 - Istituzioni più efficienti, adeguate al cambiamento

Il programma PD - Più lavoro. E più qualità del lavoro

Le riforme istituzionali non hanno mai sostituito, e mai sostituiranno, la volontà politica degli elettori, quella che nasce cioè per rispondere ai problemi e ai bisogni dei cittadini.
Tuttavia vi sono assetti istituzionali nei quali la volontà politica finisce rapidamente per perdersi: intralciata, logorata e sfinita da mille veti e ostacoli non necessari. E vi sono assetti istituzionali nei quali, invece, la volontà politica riesce a esprimersi in tutta la sua potenzialità. Istituzioni che funzionano male – favorendo i veti e bloccando i voti – sono quindi un problema per un Paese. Un problema in più, per essere chiari, anche rispetto a quelli che il quotidiano già ci presenta, perché queste disfunzionalità impediscono di dare alla volontà politica espressa dai cittadini la forza necessaria per trasformare i loro bisogni e le loro aspettative in risultati efficaci, adeguati e concreti.
Per queste ragioni, dopo lo stallo politico del 2013, il Partito Democratico non si è tirato indietro nel progettare istituzioni più adeguate al tempo di oggi.

24 - Da zavorra a locomotiva: continuare a cambiare la pubblica amministrazione


Il programma PD - Più lavoro. E più qualità del lavoro

Quattro anni fa la pubblica amministrazione era una macchina ferma. I contratti di lavoro erano bloccati. Il turnover pure. Contestualmente, però, proseguiva la dispersione di risorse pubbliche in settori come quello delle società partecipate, sui quali nessuno era riuscito a intervenire in modo concreto. Le imprese e i cittadini lamentavano l’esigenza di semplificazioni ferme ormai da diversi anni. Si era arrestato qualsiasi processo di innovazione tecnologica e ampliata sempre di più la forbice con il settore privato, dove l’innovazione cambia giorno per giorno il modo di vivere delle persone. In questo contesto, nei cittadini era consolidata l’idea di un settore fermo, decadente e opaco che produceva servizi non all’altezza. Quando all’inizio del 2014 abbiamo concepito la riforma, abbiamo per prima cosa cambiato prospettiva. Abbiamo guardato alla Pubblica amministrazione con gli occhi di chi vuole ricevere un servizio, un’informazione, una risposta.
In questa ottica, nella prossima legislatura sarà fondamentale agire su alcuni interventi mirati.

martedì 20 febbraio 2018

20 - Una nuova idea del territorio, per competere

Il programma PD - Più lavoro. E più qualità del lavoro

Nell’arco della prossima legislatura occorrerà costruire un nuovo patto tra i livelli di governo della Repubblica, fondato su un binomio inscindibile: vera autonomia in cambio di vera responsabilità. Un binomio che invece è mancato in questi venticinque anni di federalismo incompleto e confuso.
Le province devono diventare le “case dei comuni”, enti di secondo livello a cui vanno assicurate le risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni essenziali rimaste e un adeguato livello di autonomia finanziaria e tributaria. Dovranno diventare centri di servizi per i comuni, a partire dal ruolo di centrale unica di committenza, di autorità di regolamentazione locale per sistema idrico, rifiuti e gas, ma anche di soggetti che coordinano la partecipazione a bandi regionali, nazionali ed europei.
Sui comuni, durante i nostri governi, ci sono stati passi avanti importanti. È stato archiviato il Patto di stabilità interno, sostituito da una nuova e più flessibile regola del pareggio. È stato consentito l’utilizzo pieno degli avanzi impegnati e di circa 1 miliardo di avanzi liberi. Sono arrivati importanti flussi di investimento statale per le nostre periferie (2,1 miliardi di risorse, che ne hanno messe in circolo altrettanti) e per l’edilizia scolastica (circa 10 miliardi stanziati negli ultimi tre anni, di cui la metà già assegnati agli enti locali). Si è interrotta la stagione dei tagli alla spesa corrente e dei ritardi nell’approvazione dei bilanci. Sono state abolite tasse locali per 4,6 miliardi e ai comuni è stato restituito tutto fino all’ultimo centesimo.

giovedì 26 ottobre 2017

Piccoli Comuni. Il 6 novembre, assemblea regionale dei Sindaci e amministratori PD sulla nuova legge

Per discutere e approfondire i contenuti della nuova Legge sui Piccoli Comuni e le possibili integrazioni con il Programma Regionale per la Montagna e le azioni della Regione Emilia-Romagna per le aree interne e le aree collinari e montane, il PD dell'Emilia-Romagna ha convocato l'
ASSEMBLEA REGIONALE DEI SINDACI E AMMINISTRATORI PD DEI PICCOLI COMUNI
Lunedì 6 novembre 2017, alle ore 18.00, nella Sala Riunioni della Federazione PD (Via G. Rivani 35) a Bologna.

Intervengono:
Paolo Calvano, Segretario regionale PD Emilia-Romagna
- Stefano Mazzetti, Responsabile Enti Locali della Segreteria regionale PD
Marco Di Maio, Deputato PD
Stefano Vaccari, Senatore PD
Massimo Castelli, Sindaco di Cerignale (PC) e Coordinatore naz. Piccoli Comuni ANCI
Paola Gazzolo, Assessore regionale con delega alle politiche per la montagna

sabato 7 ottobre 2017

Approvata la Legge sui piccoli Comuni: 10 punti del provvedimento

In capitoli, ecco la nuova "legge sui borghi": quali sono gli obiettivi, a cosa serve il fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale, le norme su centri storici, banda ultralarga, tasse e tributi e di tariffe per i servizi pubblici erogati, stampa quotidiana, prodotti a chilometro zero, promozione cinematografica, trasporti e istruzione nelle aree rurali e montane e i servizi

Queste nel particolare le misure del ddl 'salva borghi', che riguarda 5585 Comuni, diventato legge dopo l'approvazione definitiva in Aula, al Senato.

1. Obiettivi della legge
Scopo della legge è favorire e promuovere lo sviluppo sostenibile economico, sociale, ambientale e culturale, promuovere l'equilibrio demografico del Paese, favorendo la residenza nei piccoli comuni, incentivare la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale, rurale, storico, culturale e architettonico. Il ddl punta anche all'adozione di misure a favore dei cittadini che vi risiedono e delle attività produttive, contro lo spopolamento e per incentivare l'arrivo dei turisti. Per piccoli comuni si intendono i centri con residenti fino a 5.000 abitanti ma anche i comuni istituiti con la fusione tra centri che hanno, ognuno, popolazione fino a 5.000 abitanti. La legge definisce anche altri parametri per beneficiare dei finanziamenti destinati ai 'piccoli' (devono essere comuni collocati in aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico; comuni caratterizzati da marcata arretratezza economica; comuni nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento generale della popolazione effettuato nel 1981; comuni caratterizzati da condizioni di disagio insediativo, sulla base di specifici parametri definiti in base all'indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all'indice di ruralità, ad esempio).

martedì 3 ottobre 2017

Dal PD della Romagna Faentina un questionario online sull'esperienza politico-amministrativa dell'UNIONE DEI COMUNI

La situazione e le prospettive dell'esperienza politico-amministrativa dell'Unione della Romagna Faentina è il tema delle assemblee degli iscritti ed elettori PD, che si stanno svolgendo nei Comuni del faentino. La prima si è svolta a Castel Bolognese il 26 settembre, poi a Casola Valsenio il 3 ottobre, a Brisighella il 4, a Faenza il 5, a Granarolo Faentino il 6, a Riolo Terme il 9 e a Solarolo il 10.

Oltre che nelle assemblee, la consultazione e l'approfondimento delle tematiche relative all'Unione dei Comuni si svolge anche sulla rete, con la somministrazione di un questionario online agli iscritti ed elettori PD raggiungibili con la posta elettronica.

Chi non ha ricevuto l'e-mail con il link al questionario, può collegarsi attraverso il sito ricerche.pder.it

lunedì 11 settembre 2017

L’UNIONE FA LA FORZA. Come cambia il governo territoriale nella Romagna Faentina e nei Comuni

Il Partito Democratico della Romagna Faentina promuove, tra fine settembre e inizio ottobre, un programma di assemblee e incontri sull’esperienza politico-amministrativa dell’Unione dei Comuni.
La “campagna” di informazione e d’ascolto si concluderà il 17 ottobre, in un incontro con la partecipazione di MATTEO RICCI, Sindaco di Pesaro e Resp. Enti Locali della Segreteria nazionale PD, e l’Assessore regionale EMMA PETITTI

Nel 2012 i Comuni di Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Faenza, Riolo Terme e Solarolo, hanno dato vita all’Unione dei Comuni della Romagna Faentina. Da allora sono trascorsi quasi 5 anni, durante i quali il processo di costruzione dell’Unione è andato avanti secondo un progetto caratterizzato dalla crescente integrazione politico-amministrativa tra i 6 Comuni, per migliorare i servizi rivolti ai cittadini e realizzare standard di qualità identici in tutto il territorio, aumentare l’efficienza riducendo i costi ed omogeneizzando regole e procedure, attraverso il conferimento dei servizi comunali e del personale all’Unione.
Si tratta del più importante processo di innovazione istituzionale messo in atto negli ultimi decenni in ambito locale, dal quale ci attendiamo un importante contributo alla crescita e alla qualificazione di tutto il territorio e delle singole comunità locali” afferma Giorgio Sagrini, coordinatore del PD della Romagna Faentina. “Comunità che – in questo percorso – mantengono la propria autonomia e identità, ma all’interno di un disegno di riorganizzazione, di sviluppo e di crescita condiviso, che mette in valore le peculiarità, le caratteristiche proprie di ogni realtà territoriale.”

mercoledì 30 agosto 2017

Più autonomia per l’Emilia-Romagna, per continuare a crescere e far crescere il Paese

La Giunta ha approvato il documento di indirizzi che avvia il percorso previsto dalla Costituzione e che consente l’attribuzione alle Regioni con i conti in ordine di ulteriori “forme e condizioni particolari di autonomia” attraverso una legge dello Stato approvata a maggioranza assoluta, sulla base di un’intesa con il Governo.

Obiettivo: la gestione diretta – e con risorse certe – di quattro aree strategiche per continuare a creare sviluppo e buona occupazione senza lasciare indietro nessuno: lavoro; imprese, ricerca e sviluppo; sanità e welfare; ambiente e territorio.
L'assessore Petitti: "Vogliamo fare presto e bene per presentarci al negoziato con il Governo con una proposta la più condivisa possibile dalle forze politiche, dai territori e dalla società regionale".

giovedì 17 agosto 2017

La via emiliano-romagnola all'autonomia. Intervento del Presidente Stefano Bonaccini

Il Presidente Stefano Bonaccini descrive il percorso seguito dalla Regione Emilia-Romagna per acquisire maggiori spazi di autonomia, secondo quanto previsto dalla Costituzione (art 116). Un percorso diverso e alternativo a quello di Lombardia e Veneto che hanno scelto la strada del referendum e il dispendio di decine di milioni di euro del bilancio regionale.

Consiglierei al mio amico leghista Alan Fabbri molta prudenza nel decretare chi si sia svegliato prima tra me, Maroni e Zaia, nel richiedere maggiore autonomia per la propria Regione: io sono Presidente di Regione da due anni, Maroni da quattro e Zaia da sette. Ma i mei "colleghi" Presidenti di Lombardia e Veneto, a differenza del sottoscritto, sono stati addirittura importanti Ministri della Repubblica, dunque al Governo del Paese.

Perché non concessero alle loro Regioni, peraltro governate dal centro destra, maggiore autonomia quando avevano le leve addirittura del Governo nazionale?

Anzi di quell'esperienza di governo non si ha minima traccia del tanto decantato federalismo in camicia verde, se non provvedimenti tra i più centralisti che la storia ricordi.

mercoledì 19 luglio 2017

Autonomia regionale. L'iniziativa di Stefano Bonaccini prende in contropiede la Lega Nord

Paolo Calvano, Segretario regionale PD, ha postato sulla sua pagina Facebook questa dichiarazione:
"Bonaccini, da Presidente dell'Emilia-Romagna, annuncia l'apertura di un confronto con il Governo per avere come Regione più autonomia gestionale e più risorse. La Lega Nord emiliano-romagnola si agita subito, dice che serve "ben altro" nel più perfetto stile benaltrista di chi, essendo stato preso in contropiede, non sa che dire. Probabilmente, oltretutto, stanno realizzando che in Lombardia anziché fare, a costo zero, come l'Emilia-Romagna, il loro Presidente di Regione ha deciso di fare un referendum inutile che gli costerà 50 milioni di euro, un'operazione meramente elettorale a spese degli amici lombardi".

venerdì 8 marzo 2013

Delrio (ANC) scrive a Monti: “Bilanci impossibili, urge incontro”

Graziano Delrio (Sindaco Reggio Emilia)
“Un incontro urgente per affrontare alcune questioni fondamentali su cui in questi mesi abbiamo richiamato la dovuta attenzione e la cui soluzione non è più procrastinabile’’. E’ la richiesta che il Presidente della Associazione dei Comuni Italiani, Graziano Delrio ha rivolto al Presidente del Consiglio Mario Monti in una lettera in cui si fa esplicito riferimento alla “diffusa e assolutamente maggioritaria impossibilità, per i Comuni, a predisporre i bilanci nel rispetto dei vincoli del Patto di stabilità interno ed in considerazione dei tagli gravosissimi che ancora una volta colpiscono il comparto dei Comuni’’. Nel dirsi “consapevole delle difficoltà che il contesto politico pone’’, Delrio sottolinea però che “le questioni poste sono della massima urgenza ed è necessario che il Governo assuma l’onere di affrontarle adottando un provvedimento di massima urgenza nelle prossime ore".

mercoledì 21 novembre 2012

I Sindaci bocciano il "patto di stabilità": dimissioni di massa.

E diciamo NO al patto di stabilità, dal 1 gennaio 2013, nei piccoli Comuni - in gran parte di montagna - compresi tra 1.000 e 5.000 abitanti.
Perchè sarebbbe un altro pesante colpo alla montagna italiana e al suo tessuto socio-economico.

Una delegazione dell'Associazione nazionale comuni italiani ha incontrato oggi a Milano, il ministro per i Rapporti col parlamento, Piero Giarda: i sindaci hanno manifestato per le vie della città e hanno minacciato, se le loro richieste non venissero ascoltate e recepite, le dimissioni di massa.
Già da oggi i sindaci italiani rinunciano ad ogni attività di rappresentanza.
Una delegazione di amministratori incontrerà anche i segretari di partito: oggi quello della Lega, Roberto Maroni, e domani i segretari di PdL e PD, Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani.

sabato 21 luglio 2012

Taglio delle Province: come cambia la geografia italiana

Il Consiglio dei Ministri ha fissato i criteri per le Province: inizia così il cammino per ridurne il numero e per accorpare territori ora divisi. Intanto, però, vediamo come sarà ridisegnata politicamente la penisola. Quarantatré su centosette enti salvi, al momento. Per i restanti 64 si dovrà procedere con l'accorpamento: tra queste, le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Il PD propone la provincia unica di Romagna.

giovedì 16 febbraio 2012

Regioni, Province, Comuni, riordino a tutti i livelli per ammodernare il Paese

In un seminario discusse le linee guida del Partito Democratico per la riforma degli Enti locali: eliminare gli sprechi e rinnovare la politica.
 
La chiara definizione delle funzioni delle Province come enti di secondo livello, la determinazione del campo di intervento delle Regioni, l’individuazione delle “aree vaste” con le dimensioni dei nuovi distretti, l’impegno per forti investimenti finanziari atti a garantire servizi associati, il riconoscimento in Costituzione del nuovo ente. Sono alcuni punti fermi definiti nel corso di un seminario che si è svolto nella sede nazionale del Partito Democratico, dedicato alla riforma delle provincie. All’incontro hanno partecipato amministratori, parlamentari ed esponenti degli enti locali.

mercoledì 15 febbraio 2012

Fine della buffonata! Il Governo Monti chiude le sedi ministeriali al nord volute da Calderoli e dalla Lega

Piero Giarda
Il ministro Piero Giarda parlando alla Camera ha messo la parola fine alla vicenda delle sedi distaccate dei ministeri della Semplificazione e delle Riforme nella Reggia di Monza. Inaugurati in pompa magna, con grande spolvero di ministri leghisti e PdL (tra cui Tremonti), gli "uffici" distaccati sono stati oggetto di polemiche e indagini per una vicenda che, non fosse per i costi, si è rivelata una farsa.
"Entrambe sono state chiuse con la nascita del governo Monti", ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, aggiungendo che "la presidenza del Consiglio (Governo Berlusconi!) è stata condannata il 9 novembre per comportamento antisindacale per l'apertura di queste sedi e lo scorso 9 febbraio sempre Palazzo Chigi ha rinunciato ad opporsi a questo decreto del Tribunale di Roma". Il motivo, ha spiegato Giarda è che "nel frattempo è cessata l'operatività delle sedi".

sabato 16 aprile 2011

Piccoli comuni, una legge che fa bene all’Italia

La Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità la proposta di legge per la tutela e la valorizzazione dei piccoli comuni, di quella “piccola grande Italia”, che è un enorme patrimonio di valori, di bellezze naturali, di beni storici ed artistici, di borghi antichi e suggestivi centri storici, di tradizioni culturali e popolari, di eccellenze eno-gastronomiche, di esperienze di qualità nell’artigianato, nell’agricoltura; si tratta di un mondo che è anche una frontiera significativa per la salvaguardia dell’ambiente e per una corretta e dinamica cura del territorio, capace di fermare ed invertire la tendenza, purtroppo così miopemente e dolorosamente diffusa nel nostro paese, all’abbandono, al degrado ed al dissesto idrogeologico.
È una proposta che viene da lontano ed è legata alla felice intuizione di Ermete Realacci, che ha saputo suscitare l’interesse e la appassionata motivazione di tanti amministratori locali, di tante realtà associative, di tante energie della nostra comunità.
Più di 150 deputati di ogni gruppo parlamentare hanno sottoscritto il disegno di legge. Decisivo è stato il contributo che con straordinaria autorevolezza è venuto dal presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Una proposta che ha un valore innanzitutto civile e culturale, ancor più importante delle specifiche misure legislative, finanziarie, ordinamentali. È una legge che esprime e vuole rilanciare una Italia vera e profonda che c’è ma che va sostenuta. È una legge che vuole dare forza ad un modello di paese che alberga già nel cuore e nella coscienza di tante piccole comunità, ma che in concreto deve poter vivere e crescere con decisioni e scelte adeguate: una Italia, un paese che è legato con orgoglio ed amore alla sue radici, alla sua terra, che vuole affermare con consapevolezza ed impegno la sua identità, che vuole conquistare il futuro puntando sulle sue energie e le sue qualità. Una Italia nella quale più forte e sentito è quel senso della comunità, oggi più che mai prezioso di fronte al degrado della etica pubblica ed alla disgregazione del tessuto civile, alla caduta terribile del senso della res publica. Una Italia che non cerca assistenzialismo o aiuti senza prospettive, ma che, invece, chiede di potersi mettere in gioco con i suoi sacrifici ed il suo spirito creativo, ponendo però fine nei piccoli comuni al depauperamento incessante dei servizi essenziali, allo spopolamento crescente, alla rarefazione delle attività economiche.
Questo è l’humus su cui si innesta la proposta, che questa volta dovrebbe essere approvata rapidamente dal senato, dopo che nella XIV° e nella XV° legislatura l’assemblea di palazzo Madama ha inopinatamente bloccato il provvedimento. In particolare sono previste per i piccoli centri sia misure di semplificazione e snellimento delle attività amministrative (in tema di appalti pubblici, di programmazione dei lavori pubblici, di assetto degli uffici); sia incentivi economici e fiscali per la ristrutturazione ed il recupero di immobili in favore di chi vuole vivere in un piccolo comune o avviarvi una attività produttiva; per i programmi informatici e-government e per la banda larga; per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali; per l’acquisiszione di stazioni ferroviarie o case cantoniere dismesse; vi sono norme per favorire la conservazione dei servizi pubblici (scuole, poste, servizio radiotelevisivo) superando la logica fredda e brutale di parametri numerici ed economicistici, miopi senza anima.
Queste norme sono accompagnate da incentivi per favorire l’esercizio associato e congiunto fra comuni vicini di servizi ed uffici, al fine di realizzare risparmi di spese e maggiore efficienza di gestione.
È assegnato un primo stanziamento di 48 milioni di euro. Naturalmente le disposizioni di questa legge sono un primo segnale rilevante, certo insufficiente per la promozione della “piccola grande Italia”. Tuttavia esse disegnano una politica generale che vuole scommettere su queste realtà non come una sorta di “piccolo mondo antico”, nobile ma ineluttabilmente in malinconico declino, bensì come un punto di forza e di eccellenza del sistema paese che sa esaltare e mettere in rete la ricchezza delle sue diversità e delle sue peculiarità. Ecco perché è una legge di assoluto respiro nazionale, attesa e voluta in ogni lembo dello “stivale”, al nord, al centro e nel mezzogiorno, una legge che fa bene a quella Italia che ama e crede nel nostro paese, che vuole vincere la difficile sfida di questo nostro tempo facendo leva su se stessa, sulla sua intelligenza e la sua laboriosità, che vuole coniugare modernità e innovazione con la piena e orgogliosa coscienza delle proprie radici e dei propri valori.
(Tito Iannuzzi - Europa, 15 aprile 2011)

Per diventare legge, manca solo l'approvazione del Senato!

Leggi la lettera dell'On. Dario Franceschini (Capogruppo PD alla Camera) ai Sindaci dei piccoli Comuni
Leggi il disegno di legge sui piccoli Comuni
Leggi cosa cambierà peri piccoli Comuni quando il provvedimento diventerà legge

martedì 15 febbraio 2011

Bersani intervistato dalla Padania: "Alla Lega dico: un patto per il federalismo vero"

Intervista di Carlo Passera de La Padania, a Pier Luigi Bersani: "E' il Carroccio a tenere attaccata oggi la spina del governo Berlusconi. Un accanimento terapeutico con l'unico scopo di portare a casa il federalismo. Ma in queste condizioni si rischia di fare una cattiva riforma".
(leggi l'intervista)

giovedì 3 febbraio 2011

Federalismo municipale: governo battuto. E adesso, a casa

La Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale ha respinto il parere del relatore di maggioranza, Enrico La Loggia, sul decreto che riforma il fisco municipale. Il voto in Commissione si è concluso infatti con un pareggio (15-15) con il voto contrario di tutte le opposizioni compreso il rappresetante del FLI, Baldassarri. In caso di pareggio, il regolamento della Commissione bicamerale prevede infatti che il parere viene considerato respinto.
Anche il PD ha votato contro, perché il pasticcio costruito dal PdL e dalla Lega Nord è un finto federalismo, è un bidone vuoto, che determina un aumento delle tasse su lavoratori, imprese e famiglie.
In particolare con il raddoppio dell'ICI, ridefinita Imu, su immobili ad uso aziendale di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori.
Il PD da mesi ha proposto le soluzioni per un fisco municipale senza aumenti di imposte e con vera autonomia per i Comuni, ma da parte del Governo si è voluto insistere su una impostazione sbagliata.
L’Italia ha bisogno di un federalismo serio e responsabile. Calderoli ritiri e riscriva il decreto.

Dichiarazione del Segretario del PD, Pier Luigi Bersani:
"Un vero federalismo è necessario e possibile. Quello che è stato respinto era un pasticcio. Adesso, ci si fermi. Non ci sono le condizioni né giuridiche, né politiche per andare avanti. Berlusconi e Bossi prendano atto della situazione. Si creino condizioni politiche nuove e si rifletta finalmente sulle proposte di un partito come il Partito Democratico, che ha le più forti e vere radici autonomiste."

On. Waletr Vitali (PD): "Il testo non può andare avanti lo stesso"
"Secondo noi non si puo' andare avanti lo stesso". Così il capogruppo del PD in commissione Bicamerale per il federalismo fiscale Walter Vitali replica ai cronisti che gli chiedono dell'intenzione della maggioranza di procedere comunque con l'emanazione del provvedimento, nonostante la bocciatura subita oggi dal decreto del federalismo fiscale sul fisco municipale in commissione Bicamerale. Vitali ribadisce quanto aveva proposto durante le dichiarazioni di voto sul provvedimento. "Il parere - aveva detto - verrà respinto. Anzichè procedere in modo insensato sul testo che non ha i consensi necessari: ci si fermi e si discuta in Commissione il prossimo decreto sulla fiscalità regionale e provinciale, sarebbe un atto di saggezza". Ma così non è stato.

La Patrimoniale? E’ nel progetto di federalismo della Lega Nord e del PdL

La patrimoniale nel programma del PD non c’è. Punto”. Così Enrico Letta, vice segretario del Partito Democratico ha posto fine ad una sterile, falsa polemica sull'introduzione di una tassa patrimoniale nel programma di governo del PD.
Il PD, per affrontare il disastro del debito pubblico e sostenere i redditi e la ripresa non propone una "tassa patrimoniale" ma di spostare il carico fiscale dai redditi da lavoro e d’impresa alle rendite finanziarie, e rilanciare una efficace azione di contrasto dell’evasione fiscale. Lo afferma chiaramente la mozione presentata dal PD e approvata dalla Camera dei Deputati.
La strategia di Berlusconi è stata facilmente smascherata: disorientare l'opinione pubblica attribuendo all’opposizione proposte inesistenti e fare in modo che il volano di diffusione fosse il Tg1 del fedele Minzolini.
La verità è che quella che si configura (o si configurerebbe) come una forma surrettizia di “tassa patrimoniale” la introduce proprio il Governo del PdL e della Lega: il decreto sul federalismo municipale contiene infatti il raddoppio dell’ICI su immobili ad uso aziendale di artigiani, commercianti e piccoli imprenditori!