sabato 21 luglio 2012

Taglio delle Province: come cambia la geografia italiana

Il Consiglio dei Ministri ha fissato i criteri per le Province: inizia così il cammino per ridurne il numero e per accorpare territori ora divisi. Intanto, però, vediamo come sarà ridisegnata politicamente la penisola. Quarantatré su centosette enti salvi, al momento. Per i restanti 64 si dovrà procedere con l'accorpamento: tra queste, le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Il PD propone la provincia unica di Romagna.

Fissati i criteri per le Province, il cammino per ridurne il numero e per accorpare territori ora divisi è iniziato. Il Consiglio dei ministri ieri mattina ha deciso che sopravviveranno solo le Province con almeno 350mila abitanti e una superficie di 2.500 chilometri quadrati: delle attuali 107 ne rimarrebbero solo 43.
In alcune Regioni una sola provincia di quelle attuali può mantenere le stesse dimensioni territoriali: Firenze in Toscana Firenze e Cagliari in Sardegna. In altre invece, di due Province ne rimarrà una sola che coincide con la Regione (Perugia per l’Umbria, Campobasso per il Molise).
Le Province più piccole invece saranno accorpate, ma sul chi e come il dibattito è già aperto. Il Consiglio dei ministri ha dato infatti poi il via libera alla creazione di Città metropolitane (in rigoroso ordine alfabetico Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino, Venezia) che potranno poi assorbirne altre.
Poi ci sono tutte le Province che non rientrano nei parametri per pochissimo:
Viterbo ad esempio per soli 30mila abitanti o Latina per 49 chilometri quadrati. Probabili quindi deroghe e lunghe discussioni. Nei prossimi giorni il governo trasmetterà la deliberazione al Consiglio delle autonomie locali (Cal), istituito in ogni Regione e composto dai rappresentanti degli enti territoriali (in mancanza, all’organo regionale di raccordo tra Regione ed enti locali). La proposta finale sarà trasmessa da Cal e Regioni interessate al governo che provvederà all’effettiva riduzione delle Province promuovendo un nuovo atto legislativo che completerà la procedura.
Secondo il ministro Patroni Griffi alla fine il riordino potrà portare «intorno alle 40 Province e alle 10 città metropolitane», realizzata «con legge», mentre sui tempi si punta «a concludere il processo normativo entro il 2012», precisando però «che si può fare anche prima». Il giudizio dell’Unione delle Province è però positivo: «Il varo della delibera - spiega il presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione - dà il via ad un processo di riforma istituzionale dal quale ci auguriamo esca una Italia più efficiente con una amministrazione più moderna. I parametri stabiliti consentono alle Province che nasceranno di potere svolgere il loro ruolo di enti di governo di area vasta. Il governo ha colto la nostra richiesta di non abolirle - continua Castiglione - ora spetta al Parlamento assicurare che il percorso avvenga lasciando spazio ai territori: tutte le Province, quelle delle Regioni a statuto ordinario come di quelle a Statuto speciale (per loro varranno le prerogative previste dai rispettivi Statuti: in Sardegna la legge costituzionale dell’Isola prevede Cagliari, Sassari e Nuoro, ndr) con il riordino degli uffici periferici dello Stato intorno alle nuove Province (che vuol dire meno Prefetture, meno Questure, meno Uffici scolastici provinciali, ecc.). Il ruolo dei Consigli delle Autonomie locali - conclude Castiglione - diventa determinante, perché sarà attraverso la condivisione delle decisioni tra Regioni, Province e Comuni che si dovrà portare a termine tutto il percorso».

Articolato il giudizio del PD. «Bene le città metropolitane, ma sulla semplificazione delle Province il governo poteva anche osare di più - commenta Davide Zoggia, responsabile Enti locali - In questo senso il PD aveva avanzato alcune proposte. In ogni caso, ora è necessario che il riordino concreto degli enti intermedi venga realizzato con il coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni, avendo come punto di riferimento, oltre ai criteri numerici, l'efficienza dei servizi reali per i cittadini».

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