giovedì 27 settembre 2012

Risposta ai commenti di Giorgio

Alessandro Righini, autore di un intervento sul sito de "Lo Spekkietto" intitolato "Il pastrocchio delle unioni civili", ci ha inviato una nota di risposta - che pubblichiamo di seguito - a quanto affermato da Giorgio Sagrini su questo stesso blog sulle tesi da lui sostenute. Proponiamo queste riflessioni all'attenzione e alla valutazione dei lettori, come contributo all'approfondimento e alla discussione del tema posto all'attenzione della comunità casolana dall'annuncio dell'Amministrazione comunale di procedere, anche a Casola come già avvenuto in tanti Comuni grandi e piccoli del nostro Paese, all'istituzione del "regsistro comunale delle unioni civili".

"Caro Giorgio, 
naturalmente uno può pensarla come vuole ed è libero di infiorare la pillola come crede. Ma se guardiamo ai fatti nudi e crudi, le infiorettature si rivelano per quelle che sono. Se uno riflette bene si accorgerà che l’incipit del tuo intervento si riferisce a dei parametri che nella loro genericità si potrebbero tranquillamente applicare anche al rapporto fra due fidanzati. Che facciamo allora? Istituiamo un registro anche per quelli?
E poi che cosa significa “riconoscere”? Quale valore dare a questo “riconoscimento”? Un conto è riconoscere come positivo il valore affettivo di due fidanzati o innamorati e rispettarli per quello che sono, un conto è riconoscere a loro dei diritti particolari? In base a quali impegni? E qual è la sostanza di una cosiddetta “unione civile” se non quella di un fidanzamento un po’ più stretto? Il diritto è sempre conseguente ad un dovere e ad un preciso impegno , in una società civile, giusta e corretta il peso del diritto è sempre parametrato al rispetto di doveri di valore equivalente. O siamo in vena di fare regali?
E poi perché inventare stratagemmi per impegnare sul piano civile una coppia che, rifiutando di qualificare e formalizzare il proprio rapporto di fronte alla società, ritiene di dovere rispondere solo ed esclusivamente a se stessa del proprio operato , dei propri tempi e del proprio modo di fare coppia?
Allora ci si rende conto di quale ingiustizia intrinseca vi sia nell’articolo 5 del regolamento sui registro delle cosiddette unioni civili? Quello, per intenderci ,che parifica i diritti delle semplici unioni (fin che dura, dura poi ti liquido con una semplice letterina) a quelle delle coppie regolarmente sposate. Al di là del merito, anche solo in linea di principio, come ho già chiaramente e coloritamente sottolineato nel mio intervento sul sito de Lo Spekkietto , questo, a mio avviso, è un sopruso ed una ingiustizia bella e buona perpetrata in nome di una stramba e fumosa pregiudiziale ideologica.
Ma parliamoci chiaro, senza nasconderci dietro a un dito o a dei paraventi di ipocrisia e chiediamoci perché un uomo ed una donna, che pur si vogliono bene e magari mettono al mondo dei figli, non si sposano?
I casi sono due: o alla base c’è un comune spirito, fondamentalmente anarchico , o pseudo tale ,che rifiuta ogni ingerenza della società civile e della comunità nel proprio rapporto ,ed allora non si vede perché la società debba entrarci per forza di straforo, oppure, molto più comunemente e prosaicamente, almeno uno dei due ha timore ad assumere e ad affrontare un impegno serio e duraturo e si vuole lasciare le porte aperte per una eventuale futura facile uscita. In questo caso mi sapete dire quale può essere il valore sociale di una istituzione quale quella della cosiddetta “unione civile” che in linea di tendenza favorisce questa precarietà ed incentiva di fatto la non assunzione di precisi vincoli e responsabilità? Ma a chi glielo fa fare ad un giovane – a meno che non abbia precise e solide convinzioni etiche, morali o religiose alle spalle – di sposarsi e di assumere impegni così vincolanti?
Ora la questione vera che si pone è: che cosa è una famiglia e quale funzione ha nella società?
Si crede per caso che la famiglia sia nata, e soprattutto che l’uomo l’abbia pensata e regolata come istituzione, per gestire dei semplici sentimenti di innamoramento? Possibile che persone mature e politicamente formate ed esperte incappino in questo equivoco? No caro Sagrini tu non me la dai a bere! Tu - ed altri con te - hai soprattutto un problema politico da gestire ed è il ginepraio ideologico, tipico della sinistra estrema e radicale, in cui il tuo partito da tempo si è lasciato invischiare e da cui non trova il coraggio di districarsi, compromettendo così, come invece sarebbe auspicabile per il bene di tutti, una solida duratura e lungimirante alleanza con la gran parte della vasta platea del centro politico del paese.
Questo delle cosiddette “unioni civili” è uno fra i tanti elementi del ginepraio anzidetto.
Ma io dico: in questo marasma politico in cui troviamo, con tutti i gravissimi problemi economici e di smarrimento sociale che dobbiamo affrontare, superata finalmente la lunga e disastrosa impasse e l’insipienza della politica delle escort, dei festini erotici dei dopo cena e del nulla egocentrico e megalomane di Berlusconiana memoria, dobbiamo proprio gettare sul piatto nuove inutili e fantasiose novità per avvelenare e dividere ancora i rapporti e la coesione di quelle componenti sociali e politiche che solo con una solida alleanza, coesione e convinto consenso riusciranno a trarci fuori dalla merda in cui siamo invischiati? E allora veniamo alla domanda che ponevo più sopra: che cosa è una famiglia e quale funzione ha nella società?
E con questo affrontiamo anche la vera questione che io intravedo alla base dell’iniziativa oltremodo equivoca delle cosiddette “unioni civili” e cioè l’istituzione di una specie di surrogato del matrimonio per le coppie gay.
Vogliamo una volta tanto alzare lo sguardo e guardare alla storia ed ai fondamenti della nostra natura senza prenderci in giro da moi stessi?
L’uomo e la donna, differenziati sessualmente, hanno il compito grande, impegnativo, direi immane di dare continuità al genere umano e di fare progredire l’umanità. Fare scaturire dagli impulsi amorosi e sentimentali di cui la natura ha voluto corredare l’essere umano ,ed in genere gli esseri viventi, frutti concreti, cioè figli che riempiano il vuoto che lasceranno quelli che inevitabilmente, prima o poi, se ne andranno, questo è il vero obiettivo che la natura ha assegnato alla differenziazione dei sessi ed è per attrezzare gli esseri umani a far fronte a questo fondamentale impegno che l’uomo e la donna sono strutturati fisicamente così come sono.
Ora i figli, chi li ha lo sa, non vengono su da soli, hanno necessità di nutrimento, di cure, di protezione, di sostegno e questo per lunghi anni e buono se questo sostegno si protrarrà ,da parte di chi li ha generati , anche quando saranno loro, a loro volta, a mettere al mondo figli.
E’ per questo, che dagli arbori dell’umanità e poi, via ,via sempre più solidamente e con relazioni complesse e tutele particolari, con il progredire della propria maturità, l’uomo ha posto a base della propria organizzazione sociale la famiglia, scaturita dall’incontro ed interazione di due sessi che si completano, ed ha voluto assicurare, formali istituzioni (vedi il matrimonio nelle sue varie modalità) che ne assicurassero il più possibile la stabilità onde prorogare nel tempo la validità e l’efficacia della sua funzione.
Il matrimonio dunque ha una funzione precisa e una strategica finalità sociale e pertanto istituzionale. Non è l’idillico riconoscimento di un sentimento, quale che sia e fra chi che sia. La società non entra nel merito degli idillici sentimenti fini a se stessi. La società organizzata garantisce i diritti e prevede corrispondenti impegni in funzione di ottenere precisi risultati. Che senso ha dunque l’istituzione di escamotage che diluiscono e contaminano questa fondamentale finalità?
Per il sostegno alle altre cosiddette “formazioni sociali” - e qui mi pare che anche i salti mortali ed i vari e stiracchiati pronunciamenti della Corte Costituzionale che a cui i sostenitori delle cosiddette “unioni civili” comprese quelle gay, fanno riferimento, siano quanto mai fuorvianti e discutibili – è molto più appropriato l’applicazione del diritto societario o anche più semplicemente il diritto della tutela della persona.
Teniamo poi presente che sul versante delle convivenze eterosessuali , per quanto riguarda i figli riconosciuti , la legge offre già attualmente tutte le tutele, sia ai piccoli che ai genitori non sposati, anzi a volte sul piano fiscale (vedi assegni familiari) offre loro qualche chance in più.
E ciò chiarisce definitivamente il vero scopo di questo pastrocchio, come ,convinto, continuo a definire il registro delle cosiddette “unioni civili” : cioè fornire un grimaldello per aprire le porte al matrimonio gay.
Io dunque credo che questo istituto ( il registro delle cosiddette “ unioni civili” ) sia inutile ed improprio, ingiusto perché mette sullo stesso piano l’impegno responsabile ed il disimpegno egoistico e, non temo di affermare, che al suo interno lo ritengo anche leggermente aberrante perché parifica il rapporto eterosessuale – che in ogni caso è potenzialmente aperto al dono della vita, ed il rapporto omosessuale , di per se stesso e per sua natura,sterile e limitato in quanto si si esaurisce all’interno della coppia.
Gli omosessuali in ogni caso - si tenga presente - sono già tutelati, per fortuna come tutti gli altri cittadini dalla legge. Vengano dunque rispettati e per i problemi pratici facciano riferimento al codice civile o al più, se lo ritengano opportuno , al diritto societario.
Per concludere, abbiamo già una società che sul versante della famiglia perde colpi. Molto di ciò dipende dal progressivo annacquamento che ha subito nel tempo l’istituzione del matrimonio ed il progressivo venir meno della consapevolezza della sua fondamentale per la tenuta per la tenuta della società. Una società sempre più orientata al soddisfacimento dei desideri e delle aspettative egoistiche, più che del mantenimento e della promozione dei valori dell’impegno sociale. In questo quadro non vedo quale utilità abbia promuovere norme che contribuiscono ancor più a confondere i riferimenti fondamentali della nostra vera ed essenziale natura e a favorire, almeno tendenzialmente, il nostro disimpegno".

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