sabato 14 novembre 2009

Lavoro, ricerca, sicurezza: nulla. In vendita i beni della mafia. Il Governo è ai ferri corti!

«Questa finanziaria corrisponde al nulla, e anche il nulla ha un suo senso». Anna Finocchiaro in Aula fotografa lo stato della politica economica italiana al momento del primo sì alla manovra a palazzo Madama. Nessuna promessa mantenuta: né sulle tasse, né per gli alluvionati di Messina, né per i ricercatori dell’Università, né per la sicurezza e la giustizia. Eppure quel testo non è affatto una scatola vuota. Anzi, È il concentrato di una serie di mine vaganti, con effetti disastrosi per il Paese, dalle politiche sulla Difesa, a quelle anti (anti?) mafia. Un testo inefficace e pericoloso, costruito a suon di emendamenti (l’ultimo, l’omnibus del relatore, limato fino a ieri mattina) senza una strategia. Ma i veri giochi pericolosi si fanno sugli immobili. Quelli della Difesa, che vengono sottratti al Demanio e affidati alla neo-costituita Difesa Spa. E quelli confiscati alla mafia. L’emendamento del relatore apre la strada alla vendita degli immobili confiscati alle organizzazioni criminali. Il ricavato sarà distribuito per il 50% al ministero dell'Interno per la tutela sicurezza pubblica e per il restante 50% al ministero della Giustizia per il potenziamernto degli uffici giudiziari.Una disposizione molto grave. A denunciarlo è don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera. «Con questo emendamento viene di fatto tradito l'impegno assunto con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta per la legge sull'uso sociale dei beni confiscati alla mafia e la loro restituzione alla collettività - dichiara don Ciotti - È un tragico errore vendere i beni correndo di fatto il rischio di restituirli alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome e già pronte per riacquistarli, come ci risulta da molteplici segnali arrivati dai territori più esposti all'influenza dei clan».
E sale la tensione nella maggioranza di Governo. Lite e paroli forti tra Brunetta e Tremonti.



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