Intervista a Pier Luigi Bersani di
Goffredo De Marchis - La Repubblica, 7 febbraio 2012
«Ribadiamo a tutti gli
interlocutori la nostra scelta di appoggiare un governo che abbiamo voluto in
nome dell'Italia prima di tutto. Anzi - afferma Pier Luigi Bersani - anticipo
il nostro nuovo slogan: Italia bene comune. Non pretendiamo che assuma il 100
per cento delle nostre proposte. Ma il punto è non aprire un fossato tra
l'esecutivo e l'opinione pubblica. Se passa l'idea che si può allungare l'età
pensionabile di un infermiere di 4 anni ma non si possono toccare notai, banche
e titolari di farmacie si crea un problema serio. Lo dico per dare forza al
governo non per indebolirlo. Stia attento alle trappole».
Rai, responsabilità civile dei
giudici e liberalizzazioni. Sono questi i temi?
«La vicenda della Rai è grave non
solo per le ultime nomine ma anche per certe frasi che sento pronunciare ad
autorevoli esponenti del Pdl. Del tipo "un intervento del governo
sull'azienda sarebbe illegittimo". Ma scherziamo? È surreale. Una società
interamente pubblica può e deve essere sottoposta a un intervento legittimo del
governo. Per cambiare la govenance di un'azienda oggi ingestibile».
Giustizia.
«Si parte con una posizione
formale del governo e una del Pdl che dice di essere d'accordo. Poi vedo
applausi a scena aperta per un emendamento della Lega su un tema delicatissimo
come quello della responsabilità civile. A quel voto va posto rimedio. E
aggiungo: siccome abbiamo le orecchie lunghe sento che attorno al decreto liberalizzazioni
si muovono meccanismi della vecchia maggioranza Pdl-Lega per indebolirlo.
Invece noi vogliamo rafforzarlo perché l'effetto sulla vita dei cittadini
risulti visibile».
Troppe carezze di Monti al Pdl
visto che sono la maggioranza uscente?
«Non credo. Se fosse così è
chiaro che sarebbe un errore. Il Pdl ha molte più responsabilità delle nostre
per come si è arrivati all'emergenza conclamata in cui ci troviamo. Loro, a
maggior ragione, non possono ottenere il 100 per cento».
I ministri e il premier non
riescono a sottrarsi dalle battute sull'articolo 18. L'ultima è del ministro
Cancellieri. Le dà fastidio?
«Qualcosa si potrebbe
rimproverare ai membri del governo ma so bene che alle domande si risponde. Il
punto è un altro: come mai la nostra discussione pubblica è inchiodata da anni
su questo punto e non si sposta il riflettore su come creare lavoro?».
Lo ha detto a Monti?
«Conosco il pensiero del
presidente del Consiglio e so che per lui la questione è molto più complessa
della frase sulla monotonia. Ma è vero che alcune dichiarazioni sembrano
protrarre il dibattito ideologico degli ultimi anni, cioè del governo
Berlusconi. E questo è un male. Guai se nei prossimi mesi ci fosse una
spaccatura sulle regole che sono solo una parte del problema».
Ma all'articolo 18 ci
arriverete.
«I partiti non possono
permettersi di accendere fuochi. Noi stiamo zitti e non interferiamo su questo
tema. C'è un tavolo del governo con le parti sociali. Accetteremo qualunque
accordo nato in quella sede. Abbiamo le nostre proposte innovative che non
toccano l'articolo 18. Ma non escludiamo perfezionamenti nella sua gestione a
cominciare dai percorsi giurisdizionali. Ma vorremmo rivoltare l'agenda
partendo dalla domanda: come si crea un po' di lavoro?».
Siete tentati da un patto
Pdl-Pd sulla legge elettorale?
«La premessa è che bisogna parlare
con tutti. Le forze che sono in Parlamento e quelle fuori. Ci interessa una
legge che pacifichi il Paese e venga riconosciuta da molti non da pochi. Non mi
interessa invece un uso strumentale della riforma dove due soggetti lasciano
fuori gli altri. Il Pd non è disponibile».
E così si possono fare legge
elettorale e riforme costituzionali?
«La priorità è cancellare il Porcellum,
toglierlo di mezzo. Anche qui il Pd ha la sua proposta ma è assolutamente
flessibile a discutere fatti salvi alcuni paletti. Sento che Bossi dice
"non si tocca nulla". In questo modo torniamo al nuovo sport di cui
parlavo prima. Se scattano istinti di vecchia maggioranza ci teniamo il
Porcellum. Ma questo è un punto dirimente».
Che può mettere in discussione
il governo?
«Un punto che porterebbe a un
confronto politico molto acceso».
Il caso Lusi riapre la
questione morale nel Pd?
«Sulla vicenda in sé il Pd non sa
nulla e non c'entra nulla».
Ma Lusi è un senatore del
Pd.
«Il Pd nasce senza patrimoni e senza
debiti altrui. Con bilanci
certificati. Di una persona iscritta al partito coinvolta in casi
giudiziari si occupa la commissione
di garanzia».
Troppi soldi ai partiti dal
finanziamento pubblico?
«Andiamo a vedere come viene
finanziata la politica negli altri Paesi europei e adeguiamoci ai migliori
parametri».
Scopriremo che gira più denaro
o meno?
«A occhio direi la stessa
quantità. Con delle voci singole da modificare come si è fatto per i
parlamentari colpendo vitalizi e rimborsi delle spese. È necessario che i
bilanci siano certificati dalla Corte dei conti. Annullare i meccanismi che
consentono di sopravvivere anche ai partiti estinti ed evitare che nascano gruppi
parlamentari che non si sono presentati alle elezioni. Ma dai tempi di Pericle
si riconosce il fatto che l'attività politica va sostenuta se si intende avere
una democrazia».
Il caso Lusi viene affiancato
al cosiddetto sistema Penati, al finanziamento occulto dei Ds?
«Penso solo al Pd. Le calunnie
non le leggo nemmeno. Passo tutto agli avvocati per le querele».
Quando farete le primarie per
il candidato premier?
«Intanto faccio notare che senza
polemiche e sotto la neve stiamo organizzando le primarie per le amministrative
dappertutto. Faremo anche quelle nazionali. Il percorso è il solito: il patto
di coalizione e qualche mese prima dell'appuntamento elettorale, né troppo
presto né troppo tardi, le primarie».
E se le riforme del governo
Monti avessero bisogno di una grande coalizione per andare avanti?
«Non si può andare in campagna
elettorale proponendo governissimi. Anzi. Lo stesso percorso di certe leggi che
stiamo approvando adesso, ci dice che una vera opera di riforme e di
ricostruzione devi farla chiedendo un impegno al corpo elettorale»
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