giovedì 10 gennaio 2013

Giovani, donne, competenze, pluralismo: le candidature del PD cambieranno il Parlamento e la politica

In Emilia-Romagna, capolista alla Camera è Dario Franceschini e al Senato, la campionessa olimpionica Sefi Idem

«È una rivoluzione. Porteremo in Parlamento il 40% di donne». Pier Luigi Bersani è visibilmente soddisfatto. Le liste del PD sono pronte, sono approvate all’unanimità dalla direzione del partito, e sono per il segretario democratico quello che ci vuole per vincere, perché sono «all’insegna della competenza, del pluralismo e della professionalità».
E poi, che non guasta, perché su 38 capilista saranno 16 le candidate. «Siamo pronti a governare il Paese», dice aprendo i lavori, «con la scelta di stasera siamo in campagna elettorale, sfruttiamo al meglio il vantaggio sui nostri competitori».

L’avversario è Silvio Berlusconi, ma ormai è chiaro che per vincere il PD dovrà fare i conti anche con l’operazione avviata da Mario Monti insieme a Pierferdinando Casini e Luca Cordero di Montezemolo. Ed è pensando alla sfida che ha di fronte che Bersani ha voluto inserire nelle liste molti esponenti chiamati dal mondo delle professioni, dell’associazionismo laico e cattolico, dell’imprenditoria e del sindacato.
Candidati con il PD ci sono quattro esponenti cattolici come Edo Patriarca, che è presidente del Centro nazionale volontariato e organizzatore delle settimane sociali, Ernesto Preziosi, che è direttore dell’Istituto Tonioli, Flavia Nardelli, che è segretaria generale dell’Istituto Luigi Sturzo, ed Emma Fattorini, che è storica dei movimenti religiosi alla Sapienza. C’è l’economista Paolo Guerrieri e la sindacalista (e tra le fondatrici di “Se non ora quando?”) Valeria Fedeli, che sarà capolista al Senato in Toscana, insieme a Maria Rosaria Carrozza, capolista alla Camera.
A guidare la lista PD in Sicilia per il Senato c’è il direttore di RaiNews24 Corradino Mineo, mentre Sergio Zavoli è candidato in Campania, dove capolista saranno la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione, al Senato, e, alla Camera, Enrico Letta e Guglielmo Epifani. Per quel che riguarda gli altri capolista in Piemonte ci sono Cesare Damiano e Mario Taricco alla Camera e Ignazio Marino in Senato, in Lombardia Pier Luigi Bersani, Carlo Dell’Aringa, Cinzia Fontana e Massimo Mucchetti (Senato), in Trentino Gianclaudio Bressa e Giorgio Tonini.
Pier Paolo Baretta e Davide Zoggia saranno i capilista in Veneto per la Camera, mentre Laura Puppato sarà la numero uno per il Senato. In Liguria ci sono Andrea Orlando alla Camera e Donatella Albano al Senato. In Emilia Romagna, Dario Franceschini e Josefa Idem, in Umbria, Marina Sereni e Miguel Gotor, in Abruzzo Giovanni Legnini e Stefania Pezzopane. Nel Lazio guidano le liste Pd Bersani, Donatella Ferranti e Pietro Grasso, in Basilicata Roberto Speranza e Emma Fattorini, in Puglia Franco Cassano e Anna Finocchiaro, in Calabria Rosy Bindi e Marco Minniti, in Sardegna Silvio Lai e Alba Canu, in Sicilia Bersani, Flavia Nardelli e Corradino Mineo.
Sono rimasti fuori dalle liste i parlamentari uscenti Stefano Ceccanti, Andrea Sarubbi e Alessandro Maran, e non sono entrati (per rimanere nel fronte renziano) il coordinatore della campagna per le primarie del sindaco di Firenze, Roberto Reggi, e il responsabile Feste del Pd Lino Paganelli.
Matteo Renzi ha invece chiesto di mettere in lista Yoram Gutgeld, direttore della società di consulenza McKinsey e padre della proposta lanciata dal sindaco di un taglio di 100 euro sull'Irpef per i redditi sotto i 2 mila euro. È ventitreesimo in Lombardia Giorgio Gori, il che vuol dire che può entrare in Parlamento se il Pd si aggiudica il premio di maggioranza in quella regione. Decisamente più alti in lista Anna Paola Concia (Abruzzo), Mario Tronti (Lombardia) il segretario dei Giovani democratici Fausto Raciti (Sicilia), Alessandra Moretti (Veneto), l’ex operaio Thyssen e deputato uscente Antonio Boccuzzi (Piemonte) e il direttore responsabile di “Italianieuropei” Massimo Bray (Puglia).

«La lepre da inseguire siamo noi e tutti faranno la gara dietro di noi», dice con una delle sue metafore Bersani parlando ai membri della direzione PD. Il segretario democratico sa che dovrà vedersela anche con Monti, e al premier manda a dire che il suo partito «non cerca la rissa», ma «offrendo rispetto chiediamo rispetto». Con queste liste Bersani vuole dimostrare che guida un collettivo, perché «la personalizzazione - dice con evidente riferimento al simbolo della lista civica “Con Monti per l’Italia” - porta instabilità». Sul premier, dice, il PD non ha «niente di cui pentirsi», ha sostenuto il governo con «assoluta lealtà, anche su scelte su cui avremmo fatto di più». Come sull’Imu.
Adesso Monti dice che è da rivedere? «Se si voleva sistemare l’Imu c’era il nostro emendamento», manda a dire Bersani. E non è l’unica frecciata indirizzata a Monti, che nei giorni scorsi aveva detto che non ha più senso parlare di destra e sinistra. «In Italia si dice che non esiste il bipolarismo, ma è una singolare notizia per l’Europa, dove non è così».

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