L'intervista al professor Giuseppe Pittano, che pubblichiamo di seguito, è apparsa su Il Senio nel febbraio 1983, in occasione della pubblicazione, presso la Casa editrice Calderini, del suo "Bidizionario italiano linguistico e grammaticale".
ll nuovo dizionario italiano linguistico e grammaticale
Ce ne parla l’autore, il professor Giuseppe Pittàno, docente di didattica del latino presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Bologna
Giuseppe Pittano ci riceve nel suo accogliente studio: una sede nel cuore del centro storico di Bologna isolata dal traffico rumoroso, ideale per l’incessante lavoro di ricerca che questo eclettico studioso romagnolo – ma il ceppo paterno è di origine friulana – conduce da tempo.
Abbiamo parlato con lui di molti argomenti, in particolare di linguistica, della “crisi del libro”, dei suoi programmi futuri.
- Parliamo del tuo ultimo lavoro: il “Bidizionario”. Di fronte ad una lingua in rapida evoluzione con i mezzi di comunicazione di massa che producono e mettono in circolazione un flusso continuo di vocaboli nuovi, qual è il ruolo che possono assolvere i vocabolari?
Quello dei vocabolari è un ruolo storico. La lingua è un corpo biologico, le cui cellule sono costituite dalle parole che nascono, mutano nel tempo, muoiono e ogni dizionario costituisce una sezione storica di questo processo di metamorfosi. Fra le tantissime parole che sono comparse dall’origine della lingua italiana si impone necessariamente una scelta, che ogni dizionario effettua secondo criteri di “economia” cioè secondo il pubblico a cui è destinato.
Se dovessimo registrare infatti tutte le parole apparse in oltre mille anni nella nostra lingua, comprese quelle dei mestieri, dei linguaggi speciali, dell’italiano regionale e così via, avremmo qualche milione di parole. I dizionari però registrano solo le parole comuni della lingua, quelle di maggior uso e diffusione lasciando ai dizionari speciali il compito di registrare le altre. Quante parole conosciamo? Ognuno di noi possiede una vocabolario attivo e un vocabolario passivo. Il vocabolario attivo è costituito dalle parole che uno usa comunemente nei discorsi quotidiani; il vocabolario passivo è costituito da quelle parole che uno conosce, ma che non usa mai o assai raramente. Per esempio una persona di media cultura ha nel suo vocabolario attivo: dimenticare, spegnere, chiaro, mortale, preparare, rimandare… in quello passivo: obliare, estinguere, perspicuo, letale, approntare, procrastinare. Si pensa che il vocabolario attivo di una persona normale sia di poche migliaia di parole. Il linguista Tullio De Mauro ritiene, a seguito di laboriose ricerche, che il vocabolario di base della lingua italiana possa essere costituito di 6690 parole così distinte: vocabolario fondamentale 2000, altro vocabolario di alto uso 2973, vocabolario di alta disponibilità 1753. La scelta che io ho operato è una scelta dinamica rivolta alla lingua della vita quotidiana, che è in continua trasformazione e nella quale affluiscono anche numerose parole straniere spesso insostituibili come dimostrano i fatti – pensiamo a film, sport, bar – e nei confronti delle quali ogni campagna nazionalista è limitativa quindi perdente.
Un tempo la lingua cambiava in maniera certamente più lenta: le fabbriche erano soprattutto letterarie, oggi sono i mass media.
I linguaggi politico, economico, sindacale, sportivo – un giornalista sportivo come Gianni Brera ha creato un vero e proprio vocabolario – coniano in continuazione nuove espressioni come “convergenze parallele”, “cani sciolti”, “cassintegrato”, “cantautorizzarsi”, “raffreddare la scala mobile”, “telefoni caldi”…
Un vocabolarista come sono io deve registrare in continuazione questi termini; fra un anno o due al massimo delle parole schedate saprò se muoiono o vivono, se vivono le inserisco in aggiornamento, se muoiono le elimino. Prendiamo ad esempio una parola come bustometro. A parte il fatto che la definizione corretta sarebbe stata bustametro, ha avuto vita brevissima+ perché esaurite le scorte di magazzino con formati che ne implicavano l’uso, non è stato più necessario servirsi del bustometro e il termine è scomparso. A un certo momento stava comparendo la parola cattocomunista, adesso ormai non se ne parla più.
Un esempio della fortuna delle parole: dopo la guerra pin-up era una delle parole più usate, oggi chi dice pin-up? Nessuno…
Vi sono termini che sono destinati a passare, per esempio: castellologia, come studio dei castelli, apparso di recente sulla rivista “Bologna Incontri”… casual invece passerà, anzi si può dire che sia già passato.
- Bidizionario è un titolo originale. Quali sono le novità rispetto agli altri dizionari? Chi può esserne il fruitore ideale?
Il mio è un dizionario popolare nel senso di veramente destinato a tutti: dallo studente all’impiegato, dal lettore veloce a chi vuole informazioni immediate e non ha dimestichezza con i lessici più raffinati… un po’ sulla formula del Petit Larousse che è il vocabolario più fortunato del mondo. Proprio per questo il mio dizionario non ha pretese filologiche: per la pronuncia delle numerose parole straniere ho adottato una scelta fonologica e non i caratteri dell’alfabeto internazionale. Come “bidizionario” rappresenta una novità assoluta in Italia…
È linguistico con vocaboli essenziali scelti in base alla loro frequenza e utilizzazione, definiti in modo chiaro e resi più evidenti nel contesto di frasi della lingua viva e nelle varie situazioni idiomatiche… con le voci più comuni dell’attualità culturale, politica, economica, sociale, scientifica e tecnica, dei linguaggi settoriali e speciali, dei mass media, dello sport… con la sinonimia più comune per ogni voce.
È grammaticale perché comprende schede, note grammaticali che offrono suggerimenti e regole che aiutano il lettore a impadronirsi della lingua anche sotto l’aspetto della correttezza formale. Per esempio per “gli” ho predisposto una scheda che orienta sull’uso di “gli o loro?”; sotto barbarismo affronto il problema se i nomi stranieri sono variabili o invariabili.
Di ogni particolarità morfosintattica do le indicazioni fondamentali: singolare e plurale, maschile e femminile, accordi e concordanze; dei verbi le prime persone del presente indicativo e tutte le forme irregolari che presentano difficoltà di accentazione.
- Per concludere ci puoi dare un’anticipazione sui tuoi prossimi lavori?
Tra pochi mesi usciranno due lavori di Mondadori. Non ho ancora scelto i titolo ma ti accenno le tematiche. Il primo è sull’educazione linguistica, cioè sul tema della comunicazione e delle sue molteplici variazioni sociali, temporali, storiche. Il secondo, molto originale, sulle tecniche linguistiche. Cosa vuol dire tecniche linguistiche? Nelle nostre scuole non si insegnano le tecniche della lettura, come si esamina un libro, come si legge un film, un articolo di giornale, come si fa un promemoria, una scaletta, uno schema, un riassunto… come si fa una sintesi, la sintesi per affermazione e quelle per negazione… la tecnica certo non facile dell’ampliamento, che consiste nell’aggiungere senza modificare… come si fa un’inchiesta, come si preparano un’intervista o un questionario… come si redige un verbale… un volantino… come si partecipa a un dibattito preparando un intervento… le differenze fra un comunicato stampa e una locandina, ecc. Tutto questo lo si potrà trovare nel mio libro.
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