Ho fatto il sindaco per 10 anni, sono impegnato in politica da sempre. Sono stato sindacalista e dirigente politico e considero un onore averlo potuto fare, condividendo problemi, esperienze, delusioni, soddisfazioni con tanti compagni e amici, accomunati dalle stesse idee. Mi sono sempre considerato di sinistra, sono stato iscritto al PCI, al PDS/DS e, oggi al PD. Non ho mai ricevuto avvisi di garanzia, né condanne. Ho sempre cercato di operare con onestà e correttezza, con trasparenza, nel rispetto della legge (esattamente come altri miei compagni, che invece hanno subito processi – prima quelli mediatici poi quelli nelle aule giudiziarie – e sono stati assolti).
Ho sempre cercato di agire – anche se non sempre ci sono riuscito - in coerenza con i valori e i principi della sinistra, con l’idea di società a cui tendere (…che, nella mia formazione, si chiamava e si chiama socialismo) e per realizzare i programmi con i quali ci si presentava alle elezioni per candidarsi a governare il Comune. Perché, per noi, l’onesta, la correttezza, la trasparenza, non sono il programma, sono la premessa, il requisito necessario, per assolvere con responsabilità e con capacità il proprio incarico politico e amministrativo.
E’ ciò che abbiamo fatto e continuiamo a fare al governo di tanti Comuni, di tante Regioni e, non a caso, i Comuni e le Regioni governati più a lungo dalla sinistra sono, nel Paese, tra quelli più evoluti sul piano economico, sociale e civile.
Poi è successo, succede, che esponenti, amministratori, del mio stesso partito, della mia stessa parte siano stati e vengano sottoposti a indagini, raggiunti da avvisi di garanzia, rinviati a giudizio e processati.
C’è chi ha subito una lunga gogna mediatica, attacchi politici e personali, e le accuse sono state archiviate e le sentenze emesse (tante!) sono state di assoluzione. Per altri, per quanto pochi, le sentenze sono state di condanna, perché si sono resi colpevoli di reati che risultano ancor più gravi e ripugnanti perché commessi da pubblici amministratori.
Se ai primi va la mia, la nostra solidarietà, verso i secondi va tutta la riprovazione possibile. Abbiamo regole e un codice etico per cui chi sgarra va cacciato. Ma non per questo si deve colpire nel mucchio, si deve accomunare nella responsabilità di qualche disonesto, la condotta di tanti amministratori e dirigenti di partito, e di un intero Partito, che ha a fondamento del proprio agire il rispetto della legge e della Costituzione.
Colpire nel mucchio è quello che ha fatto il Movimento 5 Stelle. Hanno sparato a casaccio sulla politica, delegittimandola oltre ogni ragionevolezza, solo per volontà distruttiva. Poi, quando – come a Livorno, a Quarto, a Bagheria, a Parma… e a Roma – è capitato a loro di occuparsi di politica e di gestione della cosa pubblica da posizioni di responsabilità, è successo e succede, nel momento in cui incappano in vicende giudiziarie, che siano loro stessi a rimanere vittime di quella denigrazione e delegittimazione.
E – come a Roma adesso – scatta la logica del doppiopesismo: ciò che, secondo il M5S, vale per tutti gli altri, non deve, non può valere per loro.
Se un amministratore pubblico del M5S – così ha detto la Sindaca Raggi - viene raggiunto da un avviso di garanzia dalla Magistratura, non decidono nè i partiti nè i giornali se debba dimettersi. E, in ogni caso, bisogna vedere le carte.
Vero, giustissimo!
Ma, statene certi, se quell'amministratore pubblico, fosse stato di altri partiti, e soprattutto del PD, per il M5S avrebbe dovuto dimettersi, subito!
Se poi l'indagato di altri partiti non si dimette, è la "casta" che sta incollata alla poltrona.
Ma se l'indagato è del M5S, quali dimissioni?! E' vittima di un "gomplotto" e delle macchinazioni dei "poteri forti".
Ecco, così vanno le cose, da quelle parti.
Per fortuna, non dalle nostre parti.
Pur con tutti i limiti e i difetti, il PD è un’altra cosa. E’ diverso ed è migliore! E’ il Partito Democratico.
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