Ecco un
promemoria per quelli che pensano che la riforma nasca da Renzi (Renzi
compreso) e per chi pensa che i documenti di partito non servano a nulla. C'è
chi li legge e anche chi li conserva (come me purtroppo, che non so più dove
metterli!). Come leggerete di seguito, questa riforma è in gran parte “nostra”.
Nel
1996 l'Ulivo di Romano Prodi voleva superare il bicameralismo
perfetto. Nel programma si legge: “Il Senato dovrà essere trasformato in
una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali
che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e
le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei senatori (che devono
essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla
popolazione delle regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le regioni
più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la
sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle regioni
rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli
dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei
Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al
governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per
la deliberazione delle sole leggi che interessano le regioni, oltre alle leggi
costituzionali”.
Nel
2001 Programma elettorale di Rutelli "Rinnoviamo l'Italia, insieme" pag. 26-27:
“L'ordinamento
italiano va allineato a quello dei paesi europei di democrazia consolidata,
studiando forme di partecipazione di Parlamento e Regioni alle decisioni
comunitarie, e definendo modalità di raccordo tra Stato e Regioni per
l'attuazione di normative e decisioni dell'Unione Europea. Il nostro nuovo
ruolo internazionale ci impone inoltre decisioni rapide e tempestive laddove
l'Italia sia chiamata ad assumere particolari responsabilità per la difesa e il
consolidamento della pace e della convivenza civile. La prossima legislatura
deve quindi portare a termine col concorso di maggioranza ed opposizione la
modernizzazione istituzionale del paese in armonia con la costruzione
dell'Europa politica.
Intendiamo
garantire la trasformazione del Senato in una Camera federale coerente
con la legge sul federalismo e corrispondente alle tradizioni del nostro paese.
Ad un Parlamento riformato, autorevole nel suo ruolo di indirizzo e controllo,
numericamente ridotto nel numero (la Camera federale non deve superare i 100)
deve corrispondere un Governo con maggiore responsabilità ed autonomia con al
centro il Primo Ministro, capace di svolgere un ruolo di coordinamento tra
Stato centrale, Unione Europea e sistema delle Regioni e delle Autonomie”.
Nel
2006 Programma elettorale di Prodi “Per il bene dell'Italia” pag. 5:
“Un nuovo
Senato per regioni ed autonomie.
La riforma
del titolo V realizzata nel 2001 dal governo di centro-sinistra ha
ristrutturato profondamente lo Stato in senso autonomistico e pluralistico. La
riforma federale, però, non si è compiuta: il centrodestra non ha infatti fatto
seguire la predisposizione degli strumenti necessari. Bisogna coinvolgere le
autonomie territoriali nella definizione dell'indirizzo politico nazionale.
Per fare
questo è necessario completare la riforma superando l'attuale bicameralismo
paritario ovvero istituendo un Senato che sia camera di effettiva
rappresentanza delle regioni e delle autonomie. Su questo punto la riforma
costituzionale del centrodestra imbroglia e complica le cose appesantendo il
procedimento legislativo sul piano procedurale e creando un senato doppione
della camera che consente l'eleggibilità di candidati sradicati dal territorio
di riferimento e non realizza alcuna concreta rappresentanza degli interessi locali.
Noi
intendiamo invece realizzare un efficace bicameralismo differenziato attraverso
un Senato che sia luogo di effettiva rappresentanza delle autonomie
territoriali.
Crediamo che
i senatori debbano essere effettivi rappresentanti degli interessi del loro
territorio. Il numero dei senatori sarà ridotto a 150”.
Eravamo
ancora Democratici di Sinistra quando il 27 giugno 2007 Walter Veltroni, nel discorso del Lingotto, disse:
“Perché se
i parlamentari eletti direttamente sono 577 in Francia, 646 in Gran Bretagna,
614 in Germania e 435 negli Stati Uniti in Italia devono essere quasi mille tra
deputati e senatori? Perché una legge per essere approvata deve passare una o
due volte in due rami del Parlamento? Perché il governo non può vedere
approvate o respinte le sue proposte di legge in un tempo certo? Perché il
Presidente del Consiglio non ha il potere di proporre lui al Presidente della
Repubblica la nomina o la revoca dei ministri? Perché non ridurre a tutti i
livelli la numerosità degli organismi elettivi? Perché una volta sviluppato
tutto il necessario confronto in commissione non approvare la legge finanziaria
senza lo stillicidio degli emendamenti in Aula?
Il
parlamento sta andando in questa direzione. Ma bisogna fare presto. La risposta
alle domande retoriche che ho posto è una sola, purtroppo. Perché molti in
questo paese vogliono una democrazia debole, poteri istituzionali fragili, una
politica al tempo stesso flebile e invadente.
L'Italia è
diventato il paese in cui tutti a tutti i livelli hanno il diritto di mettere
veti e nessuno ha il diritto di decidere”.
Poi siamo
diventati Partito Democratico e in occasione delle primarie
del 2009 nella mozione Bersani (responsabile programma Walter Tocci) si leggeva questo:
“Il federalismo
responsabile e solidale è la rotta da seguire per avvicinare le istituzioni ai
cittadini. Esso affonda le radici nel patrimonio delle culture autonomistiche e
popolari di cui siamo eredi. Le sfide per l'immediato futuro si chiamano
attuazione del federalismo fiscale, razionalizzazione e riforma delle autonomie
locali, trasformazione del Senato in Camera delle regioni e delle autonomie”.
E ancora nel 2010, nei documenti e nei verbali
dell'assemblea nazionale del 21-22 maggio “Prepariamo giorni migliori per
l'Italia”:
Gruppo
Istituzioni documento finale pag. 22-23
“Legge
elettorale. Riformare la legge elettorale: restituire ai cittadini il diritto
di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, proporre una netta
differenziazione tra il sistema elettorale della Camera, che deve favorire la
costruzione nelle urne di una maggioranza di governo, e il sistema elettorale
del Senato, che deve favorire la rappresentanza dei territori. Per la Camera un
buon sistema elettorale sarebbe quello a impianto maggioritario fondato sui
collegi uninominali. Per il Senato, che dovrà rappresentare le regioni e le
autonomie locali, sarebbe positiva l'elezione diretta in collegi regionali,
insieme alla elezione del consiglio regionale, con sistema proporzionale e clausola
di sbarramento. In entrambi i casi devono garantire il rispetto dell'art. 51
della Costituzione.
Divieto di
doppio mandato. Costituzionalizzare il divieto di conflitto di interessi per
tutte le cariche di governo nazionale, regionale e locale. Rendere più rigorosi
i casi di incandidabilità, incompatibilità, ineleggibilità; attribuire alla
Corte Costituzionale la competenza a decidere avverso le decisioni delle Camere
in queste materie.
Riforma del
bicameralismo paritario. Particolarmente impegnativa è la riforma del
bicameralismo paritario. Il federalismo esige un centro forte per evitare che
si avviino processi di dissoluzione dell'unità nazionale, è opportuno diffidare
di soluzioni “deboli” che sarebbero votate all'insuccesso e favorirebbero processi
centrifughi. Il Senato non può essere una Camera dimezzata perché verrebbe meno
tanto il principio, per noi fondamentale, del recupero della dignità delle
funzioni parlamentari quanto la necessità di una istituzione autorevole che
ricolleghi l'impianto federale all'unità nazionale. Sinora le materie del
Senato federale sono state trattate per sottrazione dal bicameralismo
paritario. E' un metodo sbagliato che non tiene conto delle specifiche funzioni
di un Senato federale. Sarebbe utile invece ri-dislocare le funzioni tra le due
camere in modo nuovo.
La Camera
dei Deputati, rappresentante della nazione, sarebbe titolare del rapporto
fiduciario; rientrerebbe perciò nelle sue competenze conferire o ritirare la
fiducia, approvare in via definitiva le leggi, con maggioranza qualificata
quando intende superare le proposte correttive del Senato. Il Senato,
rappresentante delle Regioni e degli Enti Locali, avrebbe il potere di
richiamare tutti i pdl approvati alla Camera entro i limiti e alle condizioni
fissate in Costituzione; dovrebbe inoltre governare il rapporto tra Stato
Regioni, Autonomie locali.
Studiare il
rapporto tra nuovo Senato e le Conferenze: le Conferenze devono restare ma
occorre ridefinirne i compiti alla luce delle nuove competenze del Senato. Le
leggi costituzionali e quelle che regolano i rapporti tra Stato Regioni e
Autonomie locali sono bicamerali ad eccezione delle leggi che implicano una
responsabilità politica del governo (es. finanziaria) o la responsabilità
esclusiva dello Stato (es. leggi di principio in materie concorrenti)”.
Nel
2011 “L'Italia
di domani: le proposte del Pd” a firma di Bersani e Letta:
Pag. 61
“riqualificare il parlamento come luogo della rappresentanza politica della
nazione (la Camera) e dei territori (il Senato)”.
Nel
2012 primarie
Bersani/Renzi, nel
programma di Renzi:
“Basta con
il bicameralismo dei doppioni inutili.
Cominciamo
dalla testa. Il Parlamento, la sede della rappresentanza in cui si riflette la volontà
popolare, è oggi tra le istituzioni più denigrate e più screditate anche perché
inefficiente. Quasi mille componenti e due camere che fanno lo stesso mestiere,
entrambe titolate a dare e togliere la fiducia al Governo con due serie di
commissioni che operano sulle stesse materie, due filiere dirigenziali, doppie
letture di tutte le leggi che non hanno giustificazione. Una delle due camere
va semplicemente abolita. Ne basta una sola veramente autorevole, composta da
non più di 500 persone. Al posto dell'attuale doppione serve un organo snello
composto da delegati delle regioni e da sindaci, che possa proporre emendamenti
alla legislazione statale su cui la Camera elettiva decide in ultima istanza,
eventualmente a maggioranza qualificata”.
Nel
2013 primarie Renzi/Cuperlo/Civati, nella mozione di Cuperlo:
“E'
necessario il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione del numero
dei parlamentari, da affiancare alla riforma del titolo V e alla
istituzione di un Senato delle regioni e delle autonomie. Lo sviluppo anomalo
del federalismo italiano è stato uno dei fattori che hanno contribuito a
portare la spesa pubblica fuori controllo, ad aumentare inefficienze e
clientelismo”.
E nella
mozione di Civati:
“È
auspicabile la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie che possa
funzionare da punto di raccordo e di compensazione tra istituzioni nazionali e
regionali, mentre è sbagliato privarsi dell'istituzione del Presidente della
Repubblica di garanzia come delineato dalla Costituzione per andare verso un
(semi-) presidenzialismo”.
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