domenica 13 novembre 2016

Questa riforma costituzionale non nasce dal niente. E' il frutto di una discussione lunghissima, fuori e dentro le forze di sinistra

L'on. Donata Lenzi, autrice di questo articolo, è parlamentare bolognese del PD, esponente del Comitato "La Sinistra per il Sì"

Ecco un promemoria per quelli che pensano che la riforma nasca da Renzi (Renzi compreso) e per chi pensa che i documenti di partito non servano a nulla. C'è chi li legge e anche chi li conserva (come me purtroppo, che non so più dove metterli!). Come leggerete di seguito, questa riforma è in gran parte “nostra”.

Nel 1996 l'Ulivo di Romano Prodi voleva superare il bicameralismo perfetto. Nel programma si legge: “Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le regioni più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle regioni rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le regioni, oltre alle leggi costituzionali”.


Nel 2001 Programma elettorale di Rutelli "Rinnoviamo l'Italia, insieme" pag. 26-27:
L'ordinamento italiano va allineato a quello dei paesi europei di democrazia consolidata, studiando forme di partecipazione di Parlamento e Regioni alle decisioni comunitarie, e definendo modalità di raccordo tra Stato e Regioni per l'attuazione di normative e decisioni dell'Unione Europea. Il nostro nuovo ruolo internazionale ci impone inoltre decisioni rapide e tempestive laddove l'Italia sia chiamata ad assumere particolari responsabilità per la difesa e il consolidamento della pace e della convivenza civile. La prossima legislatura deve quindi portare a termine col concorso di maggioranza ed opposizione la modernizzazione istituzionale del paese in armonia con la costruzione dell'Europa politica.
Intendiamo garantire la trasformazione del Senato in una Camera federale coerente con la legge sul federalismo e corrispondente alle tradizioni del nostro paese. Ad un Parlamento riformato, autorevole nel suo ruolo di indirizzo e controllo, numericamente ridotto nel numero (la Camera federale non deve superare i 100) deve corrispondere un Governo con maggiore responsabilità ed autonomia con al centro il Primo Ministro, capace di svolgere un ruolo di coordinamento tra Stato centrale, Unione Europea e sistema delle Regioni e delle Autonomie”.

Nel 2006 Programma elettorale di Prodi “Per il bene dell'Italia” pag. 5:
Un nuovo Senato per regioni ed autonomie.
La riforma del titolo V realizzata nel 2001 dal governo di centro-sinistra ha ristrutturato profondamente lo Stato in senso autonomistico e pluralistico. La riforma federale, però, non si è compiuta: il centrodestra non ha infatti fatto seguire la predisposizione degli strumenti necessari. Bisogna coinvolgere le autonomie territoriali nella definizione dell'indirizzo politico nazionale.
Per fare questo è necessario completare la riforma superando l'attuale bicameralismo paritario ovvero istituendo un Senato che sia camera di effettiva rappresentanza delle regioni e delle autonomie. Su questo punto la riforma costituzionale del centrodestra imbroglia e complica le cose appesantendo il procedimento legislativo sul piano procedurale e creando un senato doppione della camera che consente l'eleggibilità di candidati sradicati dal territorio di riferimento e non realizza alcuna concreta rappresentanza degli interessi locali.
Noi intendiamo invece realizzare un efficace bicameralismo differenziato attraverso un Senato che sia luogo di effettiva rappresentanza delle autonomie territoriali.
Crediamo che i senatori debbano essere effettivi rappresentanti degli interessi del loro territorio. Il numero dei senatori sarà ridotto a 150”.

Eravamo ancora Democratici di Sinistra quando il 27 giugno 2007 Walter Veltroni, nel discorso del Lingotto, disse:
“Perché se i parlamentari eletti direttamente sono 577 in Francia, 646 in Gran Bretagna, 614 in Germania e 435 negli Stati Uniti in Italia devono essere quasi mille tra deputati e senatori? Perché una legge per essere approvata deve passare una o due volte  in due rami del Parlamento? Perché il governo non può vedere approvate o respinte le sue proposte di legge in un tempo certo? Perché il Presidente del Consiglio non ha il potere di proporre lui al Presidente della Repubblica la nomina o la revoca dei ministri? Perché non ridurre a tutti i livelli la numerosità degli organismi elettivi? Perché una volta sviluppato tutto il necessario confronto in commissione non approvare la legge finanziaria senza lo stillicidio degli emendamenti in Aula?
Il parlamento sta andando in questa direzione. Ma bisogna fare presto. La risposta alle domande retoriche che ho posto è una sola, purtroppo. Perché molti in questo paese vogliono una democrazia debole, poteri istituzionali fragili, una politica al tempo stesso flebile e invadente.
L'Italia è diventato il paese in cui tutti a tutti i livelli hanno il diritto di mettere veti e nessuno ha il diritto di decidere”.

Poi siamo diventati Partito Democratico e in occasione delle primarie del 2009 nella mozione Bersani (responsabile programma Walter Tocci) si leggeva questo:
“Il federalismo responsabile e solidale è la rotta da seguire per avvicinare le istituzioni ai cittadini. Esso affonda le radici nel patrimonio delle culture autonomistiche e popolari di cui siamo eredi. Le sfide per l'immediato futuro si chiamano attuazione del federalismo fiscale, razionalizzazione e riforma delle autonomie locali, trasformazione del Senato in Camera delle regioni e delle autonomie”.

E ancora nel 2010, nei documenti e nei verbali dell'assemblea nazionale del 21-22 maggio “Prepariamo giorni migliori per l'Italia”:
Gruppo Istituzioni documento finale pag. 22-23
“Legge elettorale. Riformare la legge elettorale: restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, proporre una netta differenziazione tra il sistema elettorale della Camera, che deve favorire la costruzione nelle urne di una maggioranza di governo, e il sistema elettorale del Senato, che deve favorire la rappresentanza dei territori. Per la Camera un buon sistema elettorale sarebbe quello a impianto maggioritario fondato sui collegi uninominali. Per il Senato, che dovrà rappresentare le regioni e le autonomie locali, sarebbe positiva l'elezione diretta in collegi regionali, insieme alla elezione del consiglio regionale, con sistema proporzionale e clausola di sbarramento. In entrambi i casi devono garantire il rispetto dell'art. 51 della Costituzione.
Divieto di doppio mandato. Costituzionalizzare il divieto di conflitto di interessi per tutte le cariche di governo nazionale, regionale e locale. Rendere più rigorosi i casi di incandidabilità, incompatibilità, ineleggibilità; attribuire alla Corte Costituzionale la competenza a decidere avverso le decisioni delle Camere in queste materie.
Riforma del bicameralismo paritario. Particolarmente impegnativa è la riforma del bicameralismo paritario. Il federalismo esige un centro forte per evitare che si avviino processi di dissoluzione dell'unità nazionale, è opportuno diffidare di soluzioni “deboli” che sarebbero votate all'insuccesso e favorirebbero processi centrifughi. Il Senato non può essere una Camera dimezzata perché verrebbe meno tanto il principio, per noi fondamentale, del recupero della dignità delle funzioni parlamentari quanto la necessità di una istituzione autorevole che ricolleghi l'impianto federale all'unità nazionale. Sinora le materie del Senato federale sono state trattate per sottrazione dal bicameralismo paritario. E' un metodo sbagliato che non tiene conto delle specifiche funzioni di un Senato federale. Sarebbe utile invece ri-dislocare le funzioni tra le due camere in modo nuovo.
La Camera dei Deputati, rappresentante della nazione, sarebbe titolare del rapporto fiduciario; rientrerebbe perciò nelle sue competenze conferire o ritirare la fiducia, approvare in via definitiva le leggi, con maggioranza qualificata quando intende superare le proposte correttive del Senato. Il Senato, rappresentante delle Regioni e degli Enti Locali, avrebbe il potere di richiamare tutti i pdl approvati alla Camera entro i limiti e alle condizioni fissate in Costituzione; dovrebbe inoltre governare il rapporto tra Stato Regioni, Autonomie locali.
Studiare il rapporto tra nuovo Senato e le Conferenze: le Conferenze devono restare ma occorre ridefinirne i compiti alla luce delle nuove competenze del Senato. Le leggi costituzionali e quelle che regolano i rapporti tra Stato Regioni e Autonomie locali sono bicamerali ad eccezione delle leggi che implicano una responsabilità politica del governo (es. finanziaria) o la responsabilità esclusiva dello Stato (es. leggi di principio in materie concorrenti)”.

Nel 2011 “L'Italia di domani: le proposte del Pd” a firma di Bersani e Letta:
Pag. 61 “riqualificare il parlamento come luogo della rappresentanza politica della nazione (la Camera) e dei territori (il Senato)”.

Nel 2012 primarie Bersani/Renzi, nel programma di Renzi:
“Basta con il bicameralismo dei doppioni inutili.
Cominciamo dalla testa. Il Parlamento, la sede della rappresentanza in cui si riflette la volontà popolare, è oggi tra le istituzioni più denigrate e più screditate anche perché inefficiente. Quasi mille componenti e due camere che fanno lo stesso mestiere, entrambe titolate a dare e togliere la fiducia al Governo con due serie di commissioni che operano sulle stesse materie, due filiere dirigenziali, doppie letture di tutte le leggi che non hanno giustificazione. Una delle due camere va semplicemente abolita. Ne basta una sola veramente autorevole, composta da non più di 500 persone. Al posto dell'attuale doppione serve un organo snello composto da delegati delle regioni e da sindaci, che possa proporre emendamenti alla legislazione statale su cui la Camera elettiva decide in ultima istanza, eventualmente a maggioranza qualificata”.  

Nel 2013 primarie Renzi/Cuperlo/Civati, nella mozione di Cuperlo:
“E' necessario il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari, da affiancare alla riforma del titolo V e alla istituzione di un Senato delle regioni e delle autonomie. Lo sviluppo anomalo del federalismo italiano è stato uno dei fattori che hanno contribuito a portare la spesa pubblica fuori controllo, ad aumentare inefficienze e clientelismo”. 

E nella mozione di Civati:
“È auspicabile la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie che possa funzionare da punto di raccordo e di compensazione tra istituzioni nazionali e regionali, mentre è sbagliato privarsi dell'istituzione del Presidente della Repubblica di garanzia come delineato dalla Costituzione per andare verso un (semi-) presidenzialismo”.

Nessun commento: