giovedì 18 maggio 2017

Legge elettorale: la proposta del PD. Un sistema che garantisce rappresentanza e ampia possibilità di governabilità

1. Premessa di metodo
Le proposte di riforma per le leggi di Camera e Senato non sono di facile lettura perché tecnicamente sono impostate come modifiche dei Testi Unici vigenti per cui bisognerebbe avere la pazienza di verificare come e dove li modificano.

2. Cosa dice il testo
L’articolo 1 è quello che modifica la legge Camera.
Si interviene su 606 seggi e si dividono in due quote: una da 303 collegi uninominali e l’altra di 303 da eleggere su lista. I seggi della Camera sono 630 ma gli altri 24 restano intatti come sono: 12 per gli italiani all’Estero come dal 2006 (circoscrizioni e voto di preferenza), 11 al Trentino Alto Adige come dall’Italicum (collegi uninominali e recupero proporzionale), 1 alla Val d’Aosta (da sempre collegio uninominale).
 
C’è un’unica scheda e un unico voto. Questo voto vale sia per un candidato uninominale sia per un listino bloccato corto con un massimo di quattro nomi. Un unico candidato uninominale può essere sostenuto anche da più di una lista: in quel caso il suo nome si ripete accanto a ogni lista che lo appoggia.

C’è un obbligo di omogeneità per i collegamenti tra liste a livello di collegi plurinominali.

Nei collegi uninominali vince chi arriva primo.

Il restante 50% è assegnato con la proporzionale tra le liste che hanno superato il 5% dei voti validi. Stabiliti i seggi spettanti a livello nazionale si scende poi nelle circoscrizioni e si segue l’ordine di lista. I due canali sono del tutto indipendenti; non c’è quindi il cosiddetto scorporo che con le leggi Mattarella colpiva nella quota proporzionale le liste collegate al candidato eletto nel collegio limitando l’effetto maggioritario.

Ci si può candidare solo in un collegio uninominale e in massimo 3 plurinominali. Se sei eletto in entrambi i canali scatta l’elezione nell’uninominale. Se sei eletto solo sul canale plurinominale in più collegi scatti automaticamente dove la lista è andata peggio: quindi niente opzioni e niente sorteggio.

La ratio è: tu eri candidato ovunque e quindi sei un’invariante; se la lista è andata peggio gli altri non si meritano l’elezione perché hanno attratto meno voti rispetto a liste di altri collegi plurinominali.

L’articolo 2 ripropone lo stesso sistema per la legge Senato, dove i collegi uninominali (esclusi quelli di Trentino Alto Adige e Val d’Aosta) saranno 150 a cui poi si aggiungono 151 seggi nei collegi plurinominali i 7 seggi del Trentino, il valdostano e i 6 all’estero.

Anche per il Senato lo sbarramento del 5 per cento sarà nazionale.
L’articolo 3 disciplina la procedura per costruire i collegi plurinominali e quelli uninominali: delega legislativa con 45 giorni di tempo.

I livelli di assegnazione dei seggi sono infatti 4: quello nazionale e quello regionale esistono di per sé, invece quelli più bassi, le circoscrizioni plurinominali e i collegi uninominali vanno costruiti.

Se la legge fosse approvata a fine luglio i collegi sarebbero disponibili a metà settembre e, in astratto, si potrebbe votare da metà novembre.

3. Come definirlo

Può essere definito facendo riferimento a 3 lingue:

– in italiano,  “Mattarellum aggiornato” (è anche corretto nel merito perché il Mattarellum era a dominante maggioritaria; le leggi Mattarella però temperavano quella dominanza con il cosiddetto scorporo che qui non c’è)

– in tedesco, anche se non si riferisce affatto al sistema usato in Germania, ma a una variante conosciuta nel centro-Est Europa (usata però anche in Giappone e Messico e in tutto in circa una ventina di Paesi) come “sistema del fossato” (Grabensystem) perché le due parti (proporzionale e maggioritaria) sono indipendenti nell’assegnazione dei seggi, tra di loro c’è un fossato (che invece non c'è nel tedesco dove il voto proporzionale è quello che guida tutto);

– in inglese: parallel system perché le due parti procedono in parallelo nell’assegnazione dei seggi.

4. Come valutarlo

Bisogna anzitutto fare una premessa: il primo parametro della valutazione, per non essere astratti, dovrebbe anzitutto essere quello dei sistemi vigenti. Si migliora o si peggiora rispetto a quelli? Niente impedisce poi di avere anche parametri diversi e più elevati (ad esempio il sistema francese) che però potrebbero non essere realistici in questa fase.

Dal punto di vista della scelta diretta di una maggioranza e di un Governo, la finalità che dovrebbe essere prioritaria, soprattutto il 50% di collegi uninominali ma anche la significativa soglia di sbarramento (che però di solito viene poi abbassata nei passaggi parlamentari) favoriscono significativamente la creazione di una maggioranza anche se non la garantiscono. Tuttavia a differenza del vigente sistema Camera il testo è più flessibile perché con quello di oggi o la va (qualcuno arriva al 40% e prende il premio) o la spacca (se nessuno ci arriva c’è la proporzionale quasi pura con sbarramento al 3%). Qui invece una sovrarappresentazione di chi arriva primo c’è in tutti i casi e si potrebbe vincere anche con poco meno del 40%.

Con i vincoli dati, dopo il referendum e la sentenza della Corte, che rendono impossibile un sistema a vincitore garantito, è comunque un sistema molto migliorativo.

Bilancio ancora migliore per l’altra finalità, la buona scelta dei rappresentanti. Qui il sistema ottimale è quello che rende più visibile il candidato e quindi la possibile resurrezione del collegio uninominale, anche se solo per il 50% dei seggi, è una splendida notizia. Ragionevoli anche le liste bloccate corte con 3-4 nomi, analoghe a quelle della quota proporzionale Camera della legge Mattarella. Tutto comunque meglio delle preferenze che sono in sostanza una competizione tra correnti (del tutto legittima, ma che deve avvenire in una fase diversa da quella delle elezioni) e lobbies (anch’esse sono fisiologiche, ma le regole non devono favorire la colonizzazione dei partiti da parte loro).

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