I promotori del referendum per l'abrogazione dell'attuale legge eelttorale (meglio nota come "Porcellum") hanno dichiarato di avere raggiunto e ampiamente superato la soglia delle 500.000 firme, necessarie per potere indire la consultazione referendaria. Ma l'esito del referendum non sarebbe solo l'abrogazione dell'attuale legge elettorale per l'elezione di Camera e Senato ma permetterebbe di ripristinare la precedente legge elettorale ("Mattarellum") che prevede l'elezione del 75% dei parlamentari in collegi maggioritari uninominali (dove, in altre parole, risulta eletto solo il candidato che raccoglie più voti) e del rimanente 25% con criterio proporzionale.
Anche questo sistema elettorale, che pure è decisamente migliore di quello attuale, ha mostrato limiti, il maggiore dei quali è quello di indurre la formazione di coalizioni eccessivamente eterogenee. Il PD ha dunque tradotto in disegno di legge la proposta di riforma elettorale approvata a stragrande maggioranza dalla Direziona nazionale del partito, che reintroduce anch'essa l'elezione dei palamentari in collegi uninominali, ma con elezione a doppio turno nel caso nessun candidato al prino turno ottenga il 50%+1 dei voti validamente espressi.
Un disegno di legge che - grazie alla raccolta delle firme per il referendum - dovrà essere preso in esame dal Parlamento che, proprio per la forte sollecitazione proveniente dal movimento referendario, dovrà mettere mano alla riforma del sistema elettorale. Se così non sarà, si arriverà al referendum e saranno i cittadini - con il loro voto - a decidere sull'abolizione del "Porcellum".
Questa è la sintesi della proposta del PD (...e qui trovate il testo integrale del disegno di legge):
Il rilancio del ruolo dei partiti in un’ottica di legittimazione delle coalizioni e di stabilità dell’azione di governo (e di quella di opposizione) non deve condurre ad accettare un sistema elettorale come quello attuale, che riduce il voto ad un plebiscito sul Presidente del Consiglio: le esperienze democratiche più avanzate in Europa dimostrano che esistono strumenti e tecniche per coniugare la democrazia dei partiti con la legittimazione e la stabilità dei governi e con il controllo democratico degli elettori sui candidati di partito.
E’ in questa prospettiva che va presa in esame l’ipotesi di democratizzare il sistema elettorale riprendendo il collegio uninominale come modello preferibile – in particolare nei confronti delle preferenze, che nel contesto partitico attuale rischiano di produrre il doppio effetto negativo di scatenare la competizione intrapartitica e far lievitare i costi (nascosti, dunque intrinsecamente illeciti) della politica – al fine di restituire il potere di scelta agli elettori. Il collegio uninominale è infatti il luogo nel quale il partito assume il volto concreto di un candidato, che diventa la “faccia” della coalizione e del programma in uno specifico contesto.
Un sistema elettorale basato solo su collegi uninominali maggioritari, se presenta il vantaggio della semplificazione del rapporto fra gli elettori ed il deputato del loro territorio, presenta tuttavia alcuni svantaggi, i principali dei quali sono l’effetto distorsivo complessivo che esso produce riguardo alla configurazione della rappresentanza e la eccessiva localizzazione della medesima.
Occorre allora combinare le candidature di collegio con quelle di partito.
1. La proposta che si avanza presenta di conseguenza un mix per l’assegnazione dei seggi per la Camera dei Deputati, la quale avviene mediante tre diversi “canali”:
a) collegi uninominali maggioritari;
b) una quota proporzionale distribuita su base circoscrizionale;
c) una quota nazionale di compensazione;
2. L’elettore dispone di una sola scheda, su cui vota solo per un candidato di partito in collegi uninominali; il voto, automaticamente, è attribuito anche alla lista del medesimo partito presentata per ciascuna circoscrizione.
Nella scheda, accanto al simbolo e al nominativo di ciascun candidato nel collegio uninominale, è presente anche la lista dei candidati concorrenti a livello circoscrizionale.
3. Una quota pari al 70% dei seggi in palio (corrispondente a 433 seggi) è attribuita agli eletti in collegi uninominali maggioritari a doppio turno. E’ eletto al primo turno il candidato che ottiene la metà più uno dei voti validamente espressi; altrimenti si da' luogo ad un secondo turno aperto a tutti i candidati che abbiano ottenuto una percentuale pari ad almeno il 10% dei voti degli elettori iscritti nelle liste elettorali. È prevista la possibilità, da esprimere entro il primo venerdì successivo allo svolgimento del primo turno, di rinunciare a presentarsi al secondo. Nel secondo turno è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti.
4. Una quota pari al 28% di seggi (corrispondente a 173 seggi) è attribuita con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale. E’ previsto lo scorporo, per ciascun partito, dei voti ottenuti al primo turno dei candidati eletti nei collegi uninominali sia al primo che al secondo turno. Per l’attribuzione di questi seggi è prevista una soglia circoscrizionale di sbarramento pari al cinque per cento dei voti validi.
5. Una quota di seggi pari a 12 (diritto di tribuna) è attribuita con metodo proporzionale alle liste nazionali corrispondenti ai partiti che non siano riusciti ad eleggere candidati né nei collegi uninominali né nelle liste circoscrizionali collegate. Per l’attribuzione di questi seggi viene applicato il metodo d’Hondt tra le liste si siano presente in almeno 5 circoscrizioni.
6. Infine, è previsto che sia possibile candidarsi contemporaneamente in ciascuna delle tre “quote”, ma con un massimo di una sola candidatura in un collegio e in una lista regionale.
7. L’assegnazione dei seggi per il Senato della Repubblica avviene solo attraverso due “canali”, per garantire il rispetto dell’articolo 57 della Costituzione, il quale richiede che venga eletto “su base regionale”:
a) collegi uninominali, per una quota pari al 70% del totale dei seggi in palio (216 seggi)
b) una quota proporzionale distribuita su base circoscrizionale (Camera) per una quota pari al 30% del totale (93).
Non viene dunque prevista la quota nazionale di compensazione.
8. Per la pari opportunità fra i generi, sono previste due misure specifiche:
a) Nel complesso delle candidature (uninominali e circoscrizionali) nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
b) Le liste circoscrizionali devono prevedere l’alternanza di genere nella successione dei candidati
c) Le liste nazionali devono prevedere l’alternanza di genere nella successione dei candidati e nelle candidature di una stessa lista nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento.
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