di Antonio Funiciello (Responsabile Cultura e Comunicazione del PD)
Ci sono date che irrompono nell’immaginario collettivo di un’intera generazione. Oltre a imporsi come snodi politici essenziali, entrano a far parte dell’esistenza privata di ognuno di noi.
Per chi era giovane quarant’anni fa, l’11 settembre del 1973 è il giorno, il mese e l’anno del golpe cileno che mise fine al governo di Salvador Allende, democraticamente eletto tre anni prima. Un golpe feroce, realizzato da Augusto Pinochet e dai suoi scherani con un gusto speciale per lo spargimento di sangue, ispirato dalla menzogna, concluso nell’affermazione di un regime ignobile.
Un evento reale, che gettò un intero continente nell’incubo delle dittature militari, affamando per tutta l’America latina migliaia di uomini e donne ridotti a sudditi. Ma anche un evento simbolico, che oltrepassò gli oceani e lasciò parlare di sé il mondo intero. In Europa sgomentò le coscienze. In Italia accelerò la riflessione di Enrico Berlinguer sull’urgenza di costruire un destino di governo per il Pci, per dare un nuovo corso alla missione democratica che quel partito aveva scelto, a suo modo, di affidare a sé.
Dodici anni fa, l’11 settembre del 2001, la generazione di chi oggi in Italia e nel mondo si fa classe dirigente e conquista i vertici del governo, assistette sgomenta al primo attacco agli Usa sul suolo americano. Una violenza nuova, quella del terrorismo islamista, che assassinò uomini e donne al lavoro, persone normali intente a fare la loro parte nella società. Violenza che trovò sfogo con la stessa brama di distruzione dando la morte ai pendolari di Madrid l’11 marzo del 2004, ai passeggeri della metropolitana di Londra il 7 luglio del 2005 e, pochi giorni dopo, a Sharm el-Sheikh sulla costa del Mar Rosso.
Come l’11 settembre del 1973 il mondo aveva fatto la conoscenza di un generale sadico chiamato Augusto Pinochet, così l’11 settembre del 2001 aveva assistito inerme al lucido disegno di sovvertimento dei valori fondamentali di libertà, democrazia e giustizia su cui sono fondate le società e gli stati occidentali. Un autentico furore omicida quello di Al Qaeda che, risoluto com’era (e com’è) a fare piazza pulita di secoli di progresso civile, culturale, sociale ed economico, spaventò tutti al punto di indurre molti a commettere errori nella sacrosanta reazione di difesa.
Per noi del Partito Democratico ricordare oggi, insieme, i due 11 settembre vale ancora come monito a non dare per scontato che libertà e giustizia, su cui si fondano i regimi democratici e i nostri stili di vita, possano sentirsi al riparo. Finché nel mondo, anche nell’angolo più buio del pianeta, ci sarà essere umano a cui libertà e giustizia saranno negati, nessuno potrà sentirsi veramente al sicuro. Perché una tale minaccia ad uno qualsiasi dei nostri simili, ammette la possibilità concretissima che libertà e giustizia siano negate a tutti. Anche a noi.
Arrivare a un mondo sicuro, nel quale prosperino libertà e giustizia, impone ancora un lungo cammino. Un cammino che se non lascia intravedere la sua meta, a ogni passo rassicura chi lo percorre della bontà della sua direzione. Quel cammino che, ieri come oggi, spetta agli uomini liberi e giusti e alla politica democratica.
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