martedì 28 gennaio 2014

Alcune considerazioni e domande sull'AUSL Romagna

di Giacomo Giacometti

Ancora qualche osservazione personale sull'argomento oggetto della Conferenza sulla Sanità in Romagna che il Circolo PD ha organizzato a Casola per il giorno 31 gennaio p.v.
Dopo la riforma in atto negli Ospedali ravennati, si apre ora un altro scenario entro il quale i Servizi Sanitari in genere dovranno cimentarsi con le problematiche che comporterà l'avvio della AUSL romagnola frutto della fusione di quelle preesistenti (Ravenna-Forlì-Cesena-Rimini).

Un atto politico di grande rilievo della nostra Regione che non mancherà di avere degli effetti  sulla organizzazione delle prestazioni sanitarie e della organizzazione del lavoro .
Una concentrazione di potere, economica e gestionale senza precedenti nella Sanità pubblica Nazionale. Un milione e centomila abitanti, due miliardi di euro di bilancio, 75 comuni interessati, più quelli toscani gravitanti, 15.000 dipendenti, sette o otto plessi ospedalieri. Una dimensione che fa riflettere e fa anche sorgere la domanda: ma qual è la dimensione ottimale di una Azienda Sanitaria?
Deve essere tanto grande come quella Romagnola, o tanto piccola come quella di Imola?
Se la scelta della dimensione deve avere, come si dice, effetti positivi sui costi, sulla semplificazione amministrativa, sulla migliore qualità dei servizi sanitari offerti, sull' introduzione di più moderne e costose strumentazioni di diagnosi e cura, ben venga la grande AUSL. Da questo punto di vista va accolta con favore.
Ma se si possono immaginare i vantaggi, non si possono trascurare i rischi. Se si potrà contare di più sulla eccellenza specialistica e strumentale, non si dovrà sottovalutare il possibile effetto negativo che potrebbe produrre sulla identità culturale specifica delle piccole comunità che sono la base di una coesione sociale che potrebbe così  disperdersi se dovesse prevalere un sistema di programmazione e di controllo centralizzato, complesso e dotato di autonomia gestionale e di eccessiva auto referenzialità, quindi poco sensibile alle istanze locali. Di questo fino ad oggi si è parlato poco. Sarebbe bene invece non lasciare in ombra l'opportunità di fare crescere il progetto con il maggior consenso possibile della gente.
Non è una necessità secondaria e non potrà  bastare, come risposta, il rafforzamento del Distretto socio-sanitario nelle funzioni e nel ruolo attuali. Né potrà bastare il ruolo di garante del Sindaco di ogni Comune parte del Distretto.
Sarà forse opportuno articolare di più sul territorio, la struttura distrettuale e utilizzare meglio i servizi offerti, avendo in primo luogo presenti quelle zone più lontane dai centri decisionali.
La valorizzazione dei Distretti nel territorio può essere la chiave per favorire la programmazione e facilitare il governo di un'Azienda che dispensa Servizi socio-sanitari  a tante persone in un territorio vasto.
Bisognerà dedicare attenzione a costruire una rete  che garantisca la prossimità di aiuto al bisogno. Fino ad oggi ciò è avvenuto solo parzialmente e con discontinuità.
Da ultimo un cenno alle risorse. Per dire che se questo atto di grande rilievo servirà anche a risparmiare risorse, è auspicabile che ciò che si risparmia non serva per sanare situazioni disastrate di altre parti, ma che sia utilizzato nei territori.
E' anche auspicabile che la riorganizzazione Ospedaliera in atto nel ravennate non si disperda, o divenga secondaria, nel più ampio contesto romagnolo.

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