venerdì 10 gennaio 2014

Con il "Job Act" riparte il cantiere del lavoro e dello sviluppo

Consensi e critiche per le proposte aperte avanzate dal leader PD.
Per l'Europa la strada è buona. Camusso auspica maggior ambizione e la patrimoniale per trovare le risorse.

Le proposte annunciate da Matteo Renzi non sono dettagliate né complete - lo stesso segretario del PD ha precisato ieri su Twitter che si tratta ancora di una «bozza» da definire nella direzione del partito del 16 gennaio prima di diventare «documento tecnico» - ma già incassano un primo importante risultato: riportare il lavoro al centro del dibattito politico. Un risultato non da poco, invocato dai sindacati in questi anni di crisi economica, che raramente hanno visto il parlamento impegnato sul fronte della lotta alla disoccupazione se non in modo frammentario e controverso. Dalla presentazione del Job Act, seppur per titoli, il fiume delle reazioni e delle proposte scorre invece senza sosta. Come del resto si augurava il leader democratico: «Gradite idee, critiche, commenti».
La voce più autorevole è stata quella dell’Unione europea che, pur in attesa dei dettagli, ha rilevato come la bozza del segretario PD sembri «andare nella direzione auspicata dall’Ue in questi anni». Ovvero, ha osservato il commissario per il Lavoro di Bruxelles, Laszlo Andor, percorrere la strada per «rendere il mercato del lavoro più dinamico ed inclusivo, affrontando i temi delicati della disoccupazione giovanile e dell’occupazione delle donne», nonchè incidere sulle debolezze strutturali che più penalizzano l’Italia, come «l’eccessiva segmentazione del mercato del lavoro» ed il sempre più accentuato «gap generazionale tra le persone colpite dalla disoccupazione».

Ben più cauto, per dovere istituzionale, è stato invece il ministro del Lavoro italiano Enrico Giovannini, che da un lato ha osservato che «la proposta sulla natura dei contratti e le tutele ad essi collegati non è nuova e va dettagliata meglio», e dall’altro ne ha criticato la natura poco economica, visti gli «investimenti consistenti» richiesti dal documento e la scarsa attenzione riservata alle coperture.
Ma l’apertura di credito più gradita da Renzi, perché direttamente funzionale alla futura approvazione delle proposte, è stata probabilmente quella delle organizzazioni sindacali che, pur con tutte le precisazioni del caso, hanno dopo tanto tempo la possibilità di discutere di un piano organico per promuovere l’occupazione.

«Il dibattito politico finalmente parla di lavoro e il più grande partito del centrosinistra sta impegnandosi a fare proposte» ha commentato soddisfatta Susanna Camusso. Nel merito, certo, il giudizio della Cgil è composito. Dal sostegno sui temi della semplificazione contrattuale, «che si dica esplicitamente che bisogna ridurre le forme del lavoro è una novità assolutamente inaspettata, fino ad oggi lo dicevamo solo noi», e della rappresentanza sindacale. Ai rilievi sulla «scarsa ambizione» in materia di ammortizzatori sociali e di pubblica amministrazione, dove mancano progetti di riforma complessiva. Fino alle perplessità in tema di partecipazione dei lavoratori all’impresa e alle critiche sulla mancanza di adeguati investimenti per promuovere l’occupazione, da recuperare attraverso una tassa patrimoniale: «Non basta dire che sarà la libera iniziativa del mercato o delle imprese o qualche incentivo sulla fiscalità a favorire la ripresa. Cose utili, ma bisogna che tutte le risorse disponibili vadano alla creazione di posti di lavoro».

Prudente ma possibilista anche il leader della Fiom Maurizio Landini, che pure ha stroncato la scelta di battezzare in inglese il documento: «Penso sia meglio parlare in italiano». Ma c’è «bisogno di un piano per il lavoro, di riprendere gli investimenti, di estendere gli ammortizzatori sociali a chi non li ha, e garantire che a parità di lavoro ci siano parità di diritti e di salario». E «se le proposte vanno in questa direzione», allora «si torni a discutere».

Ben poche riserve ha avanzato il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che si augura l’apertura di un confronto formale: «Siamo tendenzialmente favorevoli perché l’idea di dare forza a un solo contratto eliminando tutti i contratti civetta ci convince».

Reazioni scomposte ed isteriche nel centrodestra. Se Fratelli d’Italia ha puntualizzato che Renzi «ha saccheggiato le idee» della coalizione avversa, Forza Italia ha invece parlato di «testo scritto da dilettanti allo sbaraglio» (Renato Brunetta) o «disordinato elenco della spesa» (Daniela Santanché). Angelino Alfano ha bollato il Job Act come «la stessa zuppa di sempre» e Maurizio Sacconi è tornato alla sua ossessione ricorrente: «Il nodo dell’articolo 18 è inesorabile».

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