giovedì 9 gennaio 2014

Un PD di opposizione e di Governo sarebbe il peggiore dei populismi!

di Massimo Barzaglia (del Direttivo PD)

Prendo spunto dalla nota pubblicata da Giorgio Sagrini nel blog del PD Casola Valsenio.
Giorgio definisce e liquida come “scaramucce” un nodo politico che se era evidente nel PD prima del congresso di dicembre, è evidentissimo ora, e che potrebbe essere sintetizzato nel dilemma: “PD di lotta o PD di Governo?”. In fondo è questo il nodo in cui si sono intrecciate le vicende del Partito Democratico e dei propri leader dal novembre 2011, da quando si assecondò l’uscita di Berlusconi dalla scena politica nazionale e dalla compagine governativa, a patto di sostenere “senza se e senza ma” l’esperienza del Governo Monti e dei tecnici, quando invece le elezioni sarebbero state l’epilogo naturale di una legislatura che stava volgendo al termine anticipatamente.

Fatto sta che questa scelta politica – secondo il mio umile parere di elettore di campagna – ha segnato la sconfitta del PD e del segretario Bersani alle ultime elezioni, che hanno riproposto inoltre lo stesso scenario parlamentare frammentato, cui si è aggiunta la presenza del movimento 5 stelle, la forza che ha saputo meglio porsi come istanza del cambiamento e intercettare il malessere progressivamente generato e amplificato sia da un quadro economico europeo decrescente, sia da politiche nazionali e europee che non hanno saputo invertire rotta. Ma questa è storia passata, soprattutto in una classe politica e in una politica che facilmente e volutamente perde la memoria.
Arriviamo quindi a oggi. Il segretario del PD Renzi si è trovato immerso in questo dilemma, rendendolo ancora più marcato e polarizzato dalle proprie dichiarazioni e dai propri atteggiamenti, quasi personificandolo. Appare la mattina un Renzi che tuona “con me mai più larghe intese”, il pomeriggio un Renzi che chiosa “si va a votare nel 2015”, e la sera – dagli schermi televisivi – un Renzi che afferma “il Governo deve fare, ma mi sta facendo arrabbiare”.
Probabilmente – come si desume dalle parole di Sagrini - questo nodo politico e questo doppiogiochismo del PD targato Renzi è inesistente, ma a un umile elettore di campagna come il sottoscritto il dubbio viene. Mi sorge il dubbio che Renzi voglia allo stesso tempo apparire come forza di cambiamento e di lotta (agli occhi degli elettori del PD e degli elettori in generale), ma anche come forza non destabilizzante e distruttrice (agli occhi delle istituzioni e dei mercati nazionali e internazionali), un po’ fuori dal Governo ma anche un po’ dentro, in modo da non “sporcarsi le mani” col Governo Letta (che è del suo stesso partito), non indispettire Napolitano (anche lui del suo stesso partito), e non disperdere la capitalizzazione del voto emotivo e di protesta che lo ha spinto al vertice del PD. Se le cose vanno bene il merito è di Renzi (es. vedi legge di stabilità, decreto salva-Roma, scatti di anzianità insegnanti), se le cose vanno male la responsabilità è del Governo. Questo, in sostanza, penso sia l’evidentissimo nodo politico alla radice delle dimissioni di Fassina. Certamente è una posizione che ritengo errata nella forma in cui si è evoluta in entrambe le parti (un segretario di partito e un vice-ministro che fanno i bambini di asilo sono uno spettacolo indecoroso), ma che è comprensibilissima e lecitissima politicamente all’interno di un partito che si definisce (ancora ?!) democratico e plurale, e che quindi è composto da una maggioranza che fa a capo a Renzi, e da chi non si è riconosciuto nella sua proposta che siede nella minoranza. Una cosa normale nei partiti plurali, strana e inusuale nei partiti plebiscitari, padronali e nei comitati elettorali. Spero pertanto che questo nodo politico del PD di Renzi venga sciolto dal segretario quanto prima possibile, perché apparire allo stesso tempo come forza stabilizzante di Governo e come forza destabilizzante di opposizione al Governo, ritengo che sarebbe il peggiore dei populismi!   
   

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