18 ottobre 1938 - Umberto di Savoia esce dal Municipio di Casola Valsenio |
di Giuseppe Sangiorgi (da Il Senio, n. 8 – maggio 1983)
Fino all’alba del 18 ottobre 1938, XXIX anniversario della
morte di Alfredo Oriani, da Casola Valsenio e da Valsenio affluì al Cardello
una moltitudine di popolo, di soldati, di fascisti, per accogliere il principe
ereditario Umberto di Savoia in visita alla casa e al paese che ospitarono lo
scrittore romagnolo.
Nell’occasione veniva inaugurata la nuova scalea che, ornata
con gli stemmi delle province d’Italia e dell’Africa italiana, porta al
sepolcreto dove un masso di sasso crudo custodisce le spoglie mortali di
Alfredo Oriani, lì traslate dal cimitero di Valsenio il 9 aprile 1924, poco
prima della “Marcia al Cardello”.
Alle dieci il prato e il poggio su cui era stato innalzato il
mausoleo erano coperti da una selva di bandiere, di gonfaloni e di gagliardetti
portati dai volontari dell’Emilia-Romagna.
Nella folla aumentava l’agitazione nell’approssimarsi del
momento dell’agognato incontro.
L’arrivo delle più alte autorità della provincia e della
banda di Cervia che precedeva gruppi volontaristici radunatisi nella conca di
Valsenio segnalò l’approssimarsi dell’augusto visitatore, attardatosi a Riolo
Bagni per rispondere all’entusiastico saluto della popolazione.
Finalmente la vettura scoperta del principe e quelle del suo
seguito apparvero alla curva di Bianzano. L’ultimo tratto di strada fu percorso
sotto una pioggia ininterrotta di fiori, tra applausi e grida di una folla
festosa ammassata ai lati dove bandiere, festoni e scritte inneggiavano a Casa
Savoia, al Re Imperatore e al Duce.
Alle undici, accompagnato dalle note della Marcia Reale e di
Giovinezza, SAR Umberto di Savoia giungeva al Cardello “salutato – citiamo testualmente
dalle cronache – da una incontenibile manifestazione della folla che
testimoniava al principe l’attaccamento devoto a Casa Savoia”.
Nella seconda metà degli anni ’30, per un insieme di motivi
locali, nazionali ed internazionali, il fascismo poteva contare su di un
generalizzato consenso di massa in ogni parte del Paese. È il periodo della “battaglia
del grano”, dei “treni in orario”, della “bonifica pontina”, delle “colonie
marine e montane”, e così via.
A Casola, come da altre parti, dopo anni di faide tra gli “squadristi
della prima ora”, il fascismo era riuscito a coprire le cariche pubbliche e di
partito con persone ben viste dalla popolazione per il loro indiscusso prestigio
e per la riconosciuta correttezza amministrativa.
Nel 1938 l’Italia aveva un impero e proprio all’inizio di
quell’anno erano partiti i primi contingenti di coloni romagnoli per il
Governatorato dell’Asmara in A.O.I. (Africa Orientale Italiana) suscitando un’ondata
di entusiasmo tra la popolazione agricola collinare che riponeva nella
colonizzazione delle terre d’oltremare speranze di lavoro e guadagno. Nel mese
di maggio la visita dii Hitler aveva rafforzato l’alleanza con il fascismo,
contemporaneamente all’estendersi del dominio germanico su Austria e Cecoslovacchia.
Il 19 giugno la nazionale italiana di calcio aveva vinto il
campionato mondiale battendo l’Ungheria nella finale di Parigi e innescando in
tutto il Paese manifestazioni di acceso nazionalismo. Un mese dopo, la pubblicazione
del “manifesto della razza” e l’avvio di una (vergognosa) campagna antisemita
alimentavano il sentimento di supremazia nazionalista che ormai si era
instaurato anche negli animi più semplici e più lontani dai centri di
propaganda. Anche le sorti della guerra di Spagna, alla quale l’Italia
partecipava con circa 40.000 soldati, volgeva a favore del fascismo dopo che
nell’estate le truppe franchiste erano riuscite a bloccare l’ultima grande
offensiva repubblicana nella terribile battaglia dell’Ebro.
La stessa figura di Umberto, che nell’occasione indossava la
divisa di generale di corpo d’armata, sembrava plasmata appositamente per
attirare la simpatia popolare sovrapponendo un indiscusso fascino ad una altissima
carica militare e alla posizione di pretendente al trono. Si aggiunga che in
quel periodo circolavano voci che lo indicavano come possibile successore di
Mussolini (forse malato) alla guida del Governo definendolo “personaggio
capace, popolare e ambizioso”.
Ricevuto l’omaggio del figlio di Oriani e delle autorità
militari, civili e religiose presenti, Umberto di Savoia fece deporre sulla
tomba una grande corona con il suo monogramma. Al termine del raccoglimento il
segretario federale innalzò un triplice “eia” al principe al quale “rispose
tutta la folla con un grido immenso che si ripercosse per tutta la valle”.
Prese quindi la parola l’on. Coselschi per l’orazione
celebrativa sulla figura e sull’opera di Alfredo Oriani evidenziandone gli
aspetti che in qualche modo si attanagliavano alla politica del fascismo.
Guidato dal console Ugo Oriani, il principe visitò le stanze
del Cardello interrotto ripetutamente dal caloroso clamore della folla che ebbe
la soddisfazione di vederlo affacciarsi alle finestre e ai balconi che
(sconsideratamente) furono aggiunti nel corso dei restauri alla fine degli anni
venti.
Nel pomeriggio il principe raggiunse Casola Valsenio e ne
percorse le strade “tra due fitte ali di popolo esultante” soffermandosi alla Casa
del Fascio, al Municipio e all’Istituto S. Dorotea. Bello, elegante, simbolico,
il trentaquattrenne Umberto rappresentava la figura del principe per antonomasia
e, soprattutto per la popolazione femminile, era l’entusiasmante principe delle
favole, il principe charmant.
Pur sposato da otto anni e padre di due figli, rappresentava
sempre il sogno di ogni donna italiana, sartina o contessa.
All’Istituto S. Dorotea Umberto ebbe un incontro del quale a
Casola si favoleggiò per molti anni.
Tra le suore che in fila e sorridenti attendevano l’augusto
visitatore spiccava per altezza, portamento e bellezza, la figura di una
giovane suora giunta a Casola da pochi mesi.
Il principe, abituato (forse fino alla noia) alla classica e
raffinata bellezza delle dame di corte e alla sfolgorante avvenenza delle
cantanti dei caffè-chantant torinesi che avevano allietato il soggiorno del
giovane erede al trono tra l’anno 1925 e il 1929, fu colpito dalla trasparente
e serena bellezza della suora poco più che ventenne.
Umberto superò l’impasse con squisita galanteria, all’altezza
– è il caso di dirlo – del suo rango e
consono allo stato religioso di lei. Stringendole la mano le chiese:
“Qual è il vostro nome?”
“Suor Gabriella” e, aggiunse con un filo di voce mentre le
si imporporavano le gote, “Maria”.
Continuando a tenerle la mano il principe concluse:
“Se avrò un’altra figlia la chiamerò come voi, Maria
Gabriella”.
Fu forse un caso o forse Umberto di Savoia si ricordò della promessa,
tant’è che quando nel febbraio del 1940 Maria José diede alla luce la
terzogenita, egli la volle chiamare Maria Gabriella.
Partito il principe, la popolazione casolana si raccolse
intorno alle autorità rimaste e concluse la fausta giornata percorrendo le vie
del paese preceduta dalla fanfara dei Balilla ed inneggiando al Re Imperatore e
al Duce.
Il principe, poi Re Umberto II per un mese, è morto senza
che nel paese si sia visto un segno o udito un ricordo. Il paese ha cancellato
vent’anni della sua storia: è superfluo chiedersi perché?
Autorità e militi sulla scalea del mausoleo di Alfredo Oriani |
Il principe al Cardello |
Le autorità raccolte in silenzio in memoria di Alfredo Oriani |
Il principe e il seguito entrano nel Municipio di Casola Valsenio |
30 gennaio 1945. Suor Gabriella distribuisce alimenti ai civili presso la mensa istituita dal Governo Militare Alleato (foto Imperial War Museum - Londra) |
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