giovedì 24 dicembre 2015

NOTE CASOLANE - Quella volta che il Principe venne a Casola…

18 ottobre 1938 - Umberto di Savoia esce dal Municipio di Casola Valsenio
di Giuseppe Sangiorgi (da Il Senio, n. 8 – maggio 1983)

Fino all’alba del 18 ottobre 1938, XXIX anniversario della morte di Alfredo Oriani, da Casola Valsenio e da Valsenio affluì al Cardello una moltitudine di popolo, di soldati, di fascisti, per accogliere il principe ereditario Umberto di Savoia in visita alla casa e al paese che ospitarono lo scrittore romagnolo.
Nell’occasione veniva inaugurata la nuova scalea che, ornata con gli stemmi delle province d’Italia e dell’Africa italiana, porta al sepolcreto dove un masso di sasso crudo custodisce le spoglie mortali di Alfredo Oriani, lì traslate dal cimitero di Valsenio il 9 aprile 1924, poco prima della “Marcia al Cardello”.
Alle dieci il prato e il poggio su cui era stato innalzato il mausoleo erano coperti da una selva di bandiere, di gonfaloni e di gagliardetti portati dai volontari dell’Emilia-Romagna.
Nella folla aumentava l’agitazione nell’approssimarsi del momento dell’agognato incontro.
Mentre la GIL di Faenza si disponeva a montare la guardia alla tomba, le formazioni fasciste di Casola Valsenio, le forze della GIL femminile e le massaie rurali in costume si allineavano lungo il declivio per arginare le prevedibili spinte della folla desiderosa di avvicinarsi all’erede del Regno d’Italia.
L’arrivo delle più alte autorità della provincia e della banda di Cervia che precedeva gruppi volontaristici radunatisi nella conca di Valsenio segnalò l’approssimarsi dell’augusto visitatore, attardatosi a Riolo Bagni per rispondere all’entusiastico saluto della popolazione.
Finalmente la vettura scoperta del principe e quelle del suo seguito apparvero alla curva di Bianzano. L’ultimo tratto di strada fu percorso sotto una pioggia ininterrotta di fiori, tra applausi e grida di una folla festosa ammassata ai lati dove bandiere, festoni e scritte inneggiavano a Casa Savoia, al Re Imperatore e al Duce.
Alle undici, accompagnato dalle note della Marcia Reale e di Giovinezza, SAR Umberto di Savoia giungeva al Cardello “salutato – citiamo testualmente dalle cronache – da una incontenibile manifestazione della folla che testimoniava al principe l’attaccamento devoto a Casa Savoia”.
Nella seconda metà degli anni ’30, per un insieme di motivi locali, nazionali ed internazionali, il fascismo poteva contare su di un generalizzato consenso di massa in ogni parte del Paese. È il periodo della “battaglia del grano”, dei “treni in orario”, della “bonifica pontina”, delle “colonie marine e montane”, e così via.
A Casola, come da altre parti, dopo anni di faide tra gli “squadristi della prima ora”, il fascismo era riuscito a coprire le cariche pubbliche e di partito con persone ben viste dalla popolazione per il loro indiscusso prestigio e per la riconosciuta correttezza amministrativa.
Nel 1938 l’Italia aveva un impero e proprio all’inizio di quell’anno erano partiti i primi contingenti di coloni romagnoli per il Governatorato dell’Asmara in A.O.I. (Africa Orientale Italiana) suscitando un’ondata di entusiasmo tra la popolazione agricola collinare che riponeva nella colonizzazione delle terre d’oltremare speranze di lavoro e guadagno. Nel mese di maggio la visita dii Hitler aveva rafforzato l’alleanza con il fascismo, contemporaneamente all’estendersi del dominio germanico su Austria e Cecoslovacchia.
Il 19 giugno la nazionale italiana di calcio aveva vinto il campionato mondiale battendo l’Ungheria nella finale di Parigi e innescando in tutto il Paese manifestazioni di acceso nazionalismo. Un mese dopo, la pubblicazione del “manifesto della razza” e l’avvio di una (vergognosa) campagna antisemita alimentavano il sentimento di supremazia nazionalista che ormai si era instaurato anche negli animi più semplici e più lontani dai centri di propaganda. Anche le sorti della guerra di Spagna, alla quale l’Italia partecipava con circa 40.000 soldati, volgeva a favore del fascismo dopo che nell’estate le truppe franchiste erano riuscite a bloccare l’ultima grande offensiva repubblicana nella terribile battaglia dell’Ebro.
La stessa figura di Umberto, che nell’occasione indossava la divisa di generale di corpo d’armata, sembrava plasmata appositamente per attirare la simpatia popolare sovrapponendo un indiscusso fascino ad una altissima carica militare e alla posizione di pretendente al trono. Si aggiunga che in quel periodo circolavano voci che lo indicavano come possibile successore di Mussolini (forse malato) alla guida del Governo definendolo “personaggio capace, popolare e ambizioso”.
Ricevuto l’omaggio del figlio di Oriani e delle autorità militari, civili e religiose presenti, Umberto di Savoia fece deporre sulla tomba una grande corona con il suo monogramma. Al termine del raccoglimento il segretario federale innalzò un triplice “eia” al principe al quale “rispose tutta la folla con un grido immenso che si ripercosse per tutta la valle”.
Prese quindi la parola l’on. Coselschi per l’orazione celebrativa sulla figura e sull’opera di Alfredo Oriani evidenziandone gli aspetti che in qualche modo si attanagliavano alla politica del fascismo.
Guidato dal console Ugo Oriani, il principe visitò le stanze del Cardello interrotto ripetutamente dal caloroso clamore della folla che ebbe la soddisfazione di vederlo affacciarsi alle finestre e ai balconi che (sconsideratamente) furono aggiunti nel corso dei restauri alla fine degli anni venti.
Nel pomeriggio il principe raggiunse Casola Valsenio e ne percorse le strade “tra due fitte ali di popolo esultante” soffermandosi alla Casa del Fascio, al Municipio e all’Istituto S. Dorotea. Bello, elegante, simbolico, il trentaquattrenne Umberto rappresentava la figura del principe per antonomasia e, soprattutto per la popolazione femminile, era l’entusiasmante principe delle favole, il principe charmant.
Pur sposato da otto anni e padre di due figli, rappresentava sempre il sogno di ogni donna italiana, sartina o contessa.
All’Istituto S. Dorotea Umberto ebbe un incontro del quale a Casola si favoleggiò per molti anni.
Tra le suore che in fila e sorridenti attendevano l’augusto visitatore spiccava per altezza, portamento e bellezza, la figura di una giovane suora giunta a Casola da pochi mesi.
Il principe, abituato (forse fino alla noia) alla classica e raffinata bellezza delle dame di corte e alla sfolgorante avvenenza delle cantanti dei caffè-chantant torinesi che avevano allietato il soggiorno del giovane erede al trono tra l’anno 1925 e il 1929, fu colpito dalla trasparente e serena bellezza della suora poco più che ventenne.
Umberto superò l’impasse con squisita galanteria, all’altezza –  è il caso di dirlo – del suo rango e consono allo stato religioso di lei. Stringendole la mano le chiese:
“Qual è il vostro nome?”
“Suor Gabriella” e, aggiunse con un filo di voce mentre le si imporporavano le gote, “Maria”.
Continuando a tenerle la mano il principe concluse:
“Se avrò un’altra figlia la chiamerò come voi, Maria Gabriella”.
Fu forse un caso o forse Umberto di Savoia si ricordò della promessa, tant’è che quando nel febbraio del 1940 Maria José diede alla luce la terzogenita, egli la volle chiamare Maria Gabriella.
Partito il principe, la popolazione casolana si raccolse intorno alle autorità rimaste e concluse la fausta giornata percorrendo le vie del paese preceduta dalla fanfara dei Balilla ed inneggiando al Re Imperatore e al Duce.
Il principe, poi Re Umberto II per un mese, è morto senza che nel paese si sia visto un segno o udito un ricordo. Il paese ha cancellato vent’anni della sua storia: è superfluo chiedersi perché?

Autorità e militi sulla scalea del mausoleo di Alfredo Oriani

Il principe al Cardello


Le autorità raccolte in silenzio in memoria di Alfredo Oriani
Il principe e il seguito entrano nel Municipio di Casola Valsenio
30 gennaio 1945. Suor Gabriella distribuisce alimenti ai civili presso la mensa istituita dal Governo Militare Alleato
(foto Imperial War Museum - Londra)
  

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