martedì 26 aprile 2016

La Camera approva la legge per il riordino e la miglior gestione del servizio idrico

La  norma rispetta l'esito del referendum del 2011 sull'acqua e regola il settore dando più garanzie.
I primi 50 litri giornalieri verranno erogati, comunque e gratuitamente, anche in caso di morosità

 
di Alberto Pagani

La Camera ha approvato il Disegno di legge che reca disposizioni per la gestione pubblica dell'acqua e delega il Governo all'adozione di un decreto che regoli il finanziamento del servizio e le modalità di rinnovo delle concessioni. Prima di illustrare cosa dice la misura, voglio però fornire il quadro della situazione: come spesso accade, infatti, si è fatta molta disinformazione, imputando erroneamente al provvedimento di contrastare con la volontà espressa dai cittadini attraverso il referendum del 2011 sull'acqua. Un quesito che, a differenza di quello sulle trivelle, ha raggiunto il quorum ma che ugualmente era abrogativo, ovvero ha tolto due norme sgradite alla maggioranza degli italiani che si recarono alle urne.
Per l'esattezza vennero stralciate:
1) la norma che vietava la gestione pubblica del servizio;
2) la norma che garantiva una remunerazione al 7%, a carico della tariffa, dei capitali che finanziano gli investimenti.
Il referendum, quindi, ha sancito che la gestione dell'acqua possa essere pubblica e che la remunerazione degli investimenti dipenda dal mercato e dalla rischiosità delle opere finanziate. Il servizio idrico, di pubblica utilità, può essere oggi gestito, infatti, direttamente dall'ente pubblico, da un privato scelto con gara, o da una gestione mista pubblico/privato (sempre con privato scelto tramite gara).

Il referendum non ha sancito che la gestione dell'acqua debba essere pubblica, ma che è sbagliato che non possa esserlo. Ai Comuni, che sono gli enti di governo in questo ambito, viene garantita con ciò la piena titolarità della scelta circa il modello preferibile, che sarà dettato anche dalla sostenibilità economica e da criteri di fattibilità. Impianti, tubazioni e depuratori appartengono invece al demanio, cosa che non è mai stata messa in discussione.
In questi 5 anni sono inoltre intervenuti cambiamenti normativi sul versante comunitario: la direttiva 23/2014 dell'Unione europea, stabilendo che in Italia – come in tutti gli altri Paesi – la gestione possa essere una delle tre sopracitate, regola le condizioni finanziarie e i requisiti minimi necessari per l'affidamento pubblico del servizio, secondo principi oggi recepiti anche dalla riforma del Codice degli appalti di recente approvazione.
Infine, ricordo che pure la riforma della Pubblica amministrazione norma il riordino dei servizi locali di interesse economico generale, quindi anche quelli relativi all'acqua, secondo criteri volti “a rimuovere le contraddizioni normative sulla base della direttiva europea del 2014 e tenendo conto dell'esito del referendum. Nulla di tutto questo contrasta in alcun modo con il verdetto del voto, perché quel referendum ha deciso che la gestione pubblica è, per i territori, una possibilità. Non un obbligo (magari non congruo per l'ente locale).
Chiarito ciò, la legge che abbiamo votato regola meglio e ulteriormente il settore dando più garanzie anche per quanto riguarda i finanziamenti. Ma non siamo passati dalla gestione pubblica dell'acqua alla gestione privata, né abbiamo negato che il servizio possa essere pubblico: semplicemente abbiamo realizzato un sistema più definito.

Cosa dice il Ddl
Vorrei illustrare, dunque, cosa dice il Ddl, le cui finalità sono quelle di dettare norme per un più efficace utilizzo del patrimonio idrico e favorire la definizione di un governo pubblico partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, per garantirne un uso solidale e sostenibile (articolo 1).
Il testo sancisce che i diritti all'acqua potabile di qualità e ai servizi igienico-sanitari sono diritti umani essenziali (sanciti anche da una risoluzione dell'Onu nel 2010). Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e costituiscono una risorsa da salvaguardare; il loro uso è prioritariamente destinato al consumo umano (segue l'uso per l'agricoltura e l'alimentazione animale), mentre per gli impieghi differenti va promosso il riciclo dell'acqua di recupero.
Si prevede poi che le Regioni adottino misure per razionalizzare i consumi e promuovano l'installazione dei contatori in ogni unità abitativa che ne siano sprovvista.
Per assicurare trasparenza nei confronti degli utenti, i gestori dei servizi idrici dovranno comunicare ogni anno in bolletta i dati dell'anno precedente relativi: agli investimenti realizzati sulle reti, sull'acquedotto e sugli impianti di depurazione; ai parametri di qualità dell'acqua erogata; alla percentuale media complessiva delle perdite idriche nelle reti a cui le gestioni fanno riferimento.
Un emendamento presentato dal PD e approvato in commissione Ambiente durante la discussione, ha poi fissato un quantitativo minimo vitale giornaliero di acqua potabile per persona, prevedendo che l'erogazione dei primi 50 litri giornalieri sia gratuita e garantita anche in caso di morosità. L'Autorità indipendente per l'energia e il sistema idrico dovrà definire i criteri e la modalità di individuazione dei soggetti a cui i gestori non possono sospendere l'erogazione per mancato pagamento, sulla base dell'Isee.
Il recupero dei minori introiti verrà assicurati agendo sulla tariffa a partire dal consumo eccedente i 50 litri, secondo un criterio di progressività. Questo significa garantire a tutti, soprattutto alle fasce sociali più deboli, il diritto all'acqua potabile. A tal fine si norma inoltre che i piani di bacino territoriali debbano contenere eventuali misure per garantire un uso delle risorse solidale tra bacini idrografici attigui, laddove ci siano disparità.
I distretti idrografici costituiscono la dimensione di governo, tutela e pianificazione delle acque e l'organizzazione del servizio idrico integrato è affidata agli enti di governo di “ambiti ottimali”: le dimensioni gestionali sono definite sulla base di parametri fisici, tecnici e demografici.
L'autorità di distretto idrografico deve realizzare e aggiornare semestralmente un database che censisca e localizzi i punti di prelievo dell'acqua, gli scarichi, gli impianti di depurazione.
Gli enti locali dovranno adottare forme di democrazia partecipativa per le decisioni relative agli atti fondamentali di pianificazione e programmazione del servizio idrico. I Comuni dovranno poi fare una verifica complessiva dell'attività svolta dal gestore del servizio almeno 24 mesi prima della scadenza della concessione, per valutare i risultati.
Per favorire la fruizione dell'acqua potabile da parte di tutti, non solo degli italiani, viene istituito un fondo di solidarietà internazionale presso il ministero degli Esteri, da destinare a progetti di cooperazione internazionale che promuovano l'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari con particolare attenzione al coinvolgimento delle comunità locali dei Paesi partner. Il fondo è finanziato con un prelievo in tariffa pari a 1 centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata.

Questi sono i contenuti principali della legge approvata, e faccio presente che il Movimento 5 Stelle ha votato anche contro l'istituzione del fondo per i Paesi poveri. Oltre a questo, poi, il provvedimento contiene una delega che dà mandato all'Esecutivo di adottare entro l'anno un decreto contenente disposizioni per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di prelievo delle acque: sarebbe uno dei punti critici, secondo quelli che procurano infondati allarmi. E che interpretano, però, il mandato referendario in maniera distorta: ovvero come un'indicazione che obbliga alla gestione pubblica. Non è così. Con questa legge delega si evita invece di far gravare sulla fiscalità generale e sui cittadini il costo di oltre 1 miliardo di euro da riconoscere ai privati per interrompere le gestioni ora in corso, cosa che oltre tutto getterebbe il settore idrico in un caos veramente insensato. La norma si traduce in maniera molto netta: la legge chiede al Governo di semplificare le disposizioni e realizzare regole più chiare per le gestioni nel settore idrico, tenendo conto della direttiva Ue del 2014 e introducendo criteri volti a vincolare le concessioni alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti per la realizzazione degli investimenti. 
Si disciplinano inoltre le procedure di fine concessione e le modalità di indennizzo in caso di subentro. L'errore, dunque, sarebbe disciplinare le gestioni private: evidentemente a qualcuno non è chiaro che la cosa non contrasta con nessuna normativa, non tradisce il voto degli italiani ed evita infine un costo per le casse dello Stato. L'errore del PD sarebbe, insomma, quello di regolare l'ambito, mentre secondo me il problema è che sempre più spesso le intenzioni dei comitati promotori vanno oltre gli esiti reali, concreti, dei referendum stessi.
La legge, modificando la normativa vigente, afferma ora e oltre tutto che il servizio idrico debba essere affidato in via prioritaria a società pubbliche qualora siano in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo e recepiti dal Codice degli appalti. 
Si elencano infine le fonti di finanziamento del servizio idrico integrato che sono:
- la tariffa;
- le risorse nazionali;
- le risorse europee destinate agi enti di governo per la realizzazione delle opere necessarie a garantire i livelli essenziali del servizio in tutto il Paese.
Si prevede anche che i finanziamenti della Cassa depositi e prestiti per i progetti nel settore ambientale siano destinati in via prioritaria alle società interamente pubbliche a cui è affidato il servizio idrico integrato, per gli interventi sulla rete.
In sintesi: in Italia le forme di affidamento del servizio sono quelle previste dalle norme europee; molte delle misure qui contenute sono in armonia con il Codice degli appalti, votato mesi fa, che recepisce alcune direttive; l'esito del referendum viene pienamente rispettato.
La demagogia del Movimento 5 Stelle, che non ha partecipato al dibattito in Commissione e ha messo in giro la fandonia che il PD vuole privatizzare l'acqua è ancora una volta l'unico pericolo con cui dobbiamo confrontarci. Far confusione e non lavorare nel merito dei provvedimenti sono atteggiamenti che non servono mai a migliorare la vita dei cittadini. Più passa il tempo, più il M5S dimostra invece di non saper far altro.

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