domenica 11 dicembre 2016

Al voto, al voto?! Prima una nuova legge elettorale per Camera e Senato. E serve un Governo! ...nel rispetto della Costituzione

di Giorgio Sagrini

M5S e Lega Nord dicono che un nuovo Governo, anche se di breve durata, non serve. Quel che c’è da fare, secondo costoro, lo può fare il Governo dimissionario: il Parlamento approva la nuova legge elettorale per Camera e Senato e si va subito al voto.
No, non la raccontano giusta; vediamo come stanno le cose.
In caso di dimissioni, il Governo dimissionario resta in carica, su invito del Capo dello Stato, sino alla nomina del nuovo Governo, per il disbrigo degli affari di ordinaria amministrazione.
In una simile circostanza, il Parlamento può certamente mettere mano alla revisione della legge elettorale della Camera e alla definizione, in analogia, di quella per il Senato.
Ma se, come la maggior parte dei gruppi parlamentari ha dichiarato, serve una nuova legge elettorale per Camera e Senato, e non solo per la Camera (…ha vinto il NO e, per essere eletto, il Governo deve ricevere la fiducia di entrambi i rami del Parlamento), questa non si realizza in poco tempo, come si può ben comprendere dalla distanza delle posizioni e orientamenti tra i diversi gruppi parlamentari.

Non sarà questione di giorni, certamente di settimane, se non mesi.
E nel frattempo, stiamo senza Governo? Non ci occupiamo di economia, lavoro, popolazioni colpite dal terremoto, Europa, immigrazione, ecc. ecc.?
E’ bene che si sappia che il Governo dimissionario non potrebbe occuparsene! E nemmeno il Parlamento. Serve un Governo nella pienezza delle sue funzioni, che abbia ricevuto la fiducia dal Parlamento.

Al voto subito lo dice solo un matto o un irresponsabile.
E, per fortuna non decidono né Grillo né Salvini ma il Presidente della Repubblica, che può sciogliere il Parlamento quando non ci siano più le condizioni per dare vita a una maggioranza in grado di esprimere un governo, e che ha il dovere di nominare un nuovo Presidente del Consiglio quando si sia verificata l’esistenza di una maggioranza parlamentare che gli voti la fiducia.
Lo prevede la Costituzione “più bella del mondo”!
Per fare una legge elettorale, oltre al tempo, serve la volontà di trovare un accordo e, visto che anche il PD al voto ci vuole andare in tempi brevi, se l’accordo con tutti sulla legge elettorale non si trovasse, ci dovrà pensare la maggioranza parlamentare che sarà possibile raccogliere attorno al testo maggiormente condiviso.
Per il PD, come ha stabilito la Commissione nominata dalla Direzione nazionale, la nuova legge elettorale di Camera – e Senato – “deve garantire rappresentatività e governabilità, con un sistema di collegi inteso come il più adatto a ricostruire un rapporto di conoscenza e fiducia tra eletti ed elettori; la definizione di un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresentare, la chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo del Paese attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio”.
La strada da seguire è dunque quella di un ampio e stringente confronto parlamentare, per una legge elettorale che – anche tenendo conto del prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum – sappia assicurare rappresentanza e governabilità: non l’una o l’altra ma entrambe. Ma senza far venire meno la necessaria continuità dell’azione di Governo!
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Infine, un ultimo accenno all’Italicum: era stato immaginato come sistema elettorale dell’unica Camera legislativa (la Camera dei Deputati), così come prefigurato dalla riforma costituzionale. Con la vittoria del NO alla riforma e, quindi, con la permanenza del bicameralismo paritario, l’Italicum – se trasferito al Senato, su scala regionale, come propone adesso il M5S dopo che l’aveva giudicato una “legge fascista” – avrebbe come probabile esito quello di produrre maggioranze zoppe, disomogenee tra Camera e Senato. E l’Italia, oltre a non aver bisogno di populisti e apprendisti stregoni, non ha bisogno nemmeno di ingovernabilità e maggioranze pasticciate.

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