mercoledì 25 gennaio 2017

Voucher e responsabilità solidale negli appalti: le proposte del PD per cambiare la normativa

di Alberto Pagani (Deputato PD)

Mentre attendiamo il pronunciamento della Corte costituzionale sulla legge elettorale (l'Italicum, di cui mi occuperò nella prossima newsletter), l'11 gennaio la Consulta ha emesso il proprio parere sui tre quesiti referendari promossi dalla Cgil e sottoscritti da centinaia di migliaia di lavoratori, un dato che merita attenzione e rispetto.
Dei tre quesiti presentati, due hanno ricevuto il via libera mentre uno è stato respinto: le urne potrebbero dunque aprirsi per decidere se abrogare o meno i voucher ovvero i “buoni-lavoro” istituiti con la legge Biagi del 2003, e per abrogare la norma (risalente anch'essa alla legge Biagi e poi significativamente modificata dal governo Monti) che limita la responsabilità solidale tra impresa appaltante e impresa subappaltante per quanto riguarda i contratti di lavoro, con la conseguenza di non garantire adeguatamente i diritti retributivi e contributivi in caso di subappalto.
Sicuramente non voteremo, invece, circa  l'abrogazione della disciplina dell'articolo 18 così come introdotta dalla riforma del lavoro approvata in questa Legislatura (Jobs Act): la Consulta ha ritenuto che il quesito non si limitasse a essere abrogativo, ma fosse surrettiziamente propositivo.
In caso di stralcio, infatti, si sarebbe non solo abolita la recente normativa che disciplina il riconoscimento economico anziché il reintegro in caso di licenziamento, ma si sarebbe indirettamente estesa la disciplina precedente a tutte le aziende, anche a quelle sotto i 15 dipendenti che prima della nostra riforma non beneficiavano comunque degli effetti dell'articolo 18. Il quesito sarebbe stato dunque di fatto “propositivo” perché avrebbe contribuito a riscrivere una legge, compito che la Costituzione destina al Parlamento. Dunque la Consulta ha ammesso due quesiti, ma non il terzo (che era l'unico riguardante la riforma promossa dal governo Renzi).
Convinto che la preoccupazione di Esecutivo e Parlamento non debba essere quella di “evitare” il referendum, ritengo però sia nostro compito affrontare i problemi posti dal sindacato e condivisi da moltissimi lavoratori.
Possiamo farlo, individuando soluzioni soddisfacenti, a partire certamente dai temi relativi ai due quesiti ammessi, lavoro accessorio e responsabilità solidale negli appalti.

VOUCHER
Sul fronte dei voucher ricordo che, a fronte dell'eccessivo numero di voucher venduti nel 2015, nel febbraio 2016 alcuni deputati del PD hanno presentato una proposta di legge per ripristinarne un corretto e ragionevole uso, progressivamente alterato dagli interventi normativi dei governi Berlusconi e Monti, che hanno allargato eccessivamente le possibilità di utilizzo.
Il voucher deve tornare a essere una prestazione davvero occasionale, con specifici vincoli oggettivi (ambiti di impiego) e soggettivi (chi può essere pagato con i buoni lavoro).
La proposta, che ho sottoscritto come firmatario, è di riportare questo strumento alla legge del 2003: chiediamo infatti di restringere i possibili prestatori di lavoro accessorio ai disoccupati, alle casalinghe, agli studenti, ai disabili, ai pensionati, a talune categorie più deboli.  
Anche l'ambito di impiego deve tornare a essere delimitato: dai piccoli lavori domestici all'assistenza domiciliare a bambini o anziani, dall'insegnamento privato di sostegno ai piccoli lavori di giardinaggio, ai lavori legati alla pulizia o alla manutenzione di edifici e monumenti, dal supporto nella realizzazione di eventi o manifestazioni alla collaborazione con enti pubblici o col volontariato per lavori di emergenza o solidarietà.
Vogliamo inoltre ripristinare le soglie economiche precedenti: 5mila euro annui massimo per ciascun prestatore e non più di 2mila euro in favore di ogni singolo committente. L'intento è quello di svuotare sempre di più la “zona grigia” del precariato e di ridefinire i contorni di questi impieghi, che nel 2003 erano stati posti in maniera sensata per essere poi via via smantellati. Nel 2008, infatti, il governo Berlusconi ha esteso l'applicazione del voucher al commercio, al turismo, ai servizi, all'agricoltura e ha innalzato il limite massimo annuo del lavoro accessorio a 5mila euro per ogni singolo committente e non per l'attività complessiva del prestatore.
La legge Fornero del 2012 ha rimesso mano ad alcuni profili, ma non ha per nulla rivisto gli ambiti d'uso che sono rimasti dunque troppo estesi.
L’idea, viceversa, di cancellare completamente il lavoro accessorio non mi convince pienamente perché rischierebbe di ricacciare nel sommerso tante prestazioni realmente occasionali, facendo un pessimo servizio proprio ai lavoratori. Credo che occorra trovare un giusto compromesso: la nostra proposta, che nell’impianto ripristina sostanzialmente le regole della “Biagi”, ha raccolto molte adesioni tra i deputati del PD (quasi un centinaio), è in discussione da qualche giorno in commissione Lavoro assieme alle proposte degli altri gruppi parlamentari, e ci pare in linea con lo spirito del quesito della Cgil e con le richieste avanzate anche dagli altri sindacati.
Crediamo che si possa quindi ripartire da qui per un’iniziativa tempestiva di Camere e Governo, che pare disposto a ridefinire questo strumento (il monitoraggio sulla tracciabilità dei voucher, deliberata a giugno scorso, non ha infatti inciso significativamente sul numero dei buoni-lavoro venduti). Ovviamente, anche se riuscissimo a mandare in porto la modifica, spetterà poi alla Corte di Cassazione (sentito il parere del proponente del referendum, ovvero la Cgil) decidere se il cambiamento sarà “sostanziale” o meno. Nel primo caso il referendum potrebbe non essere necessario; nel secondo caso il quesito referendario resterebbe in piedi, ma a fronte di norme modificate e di una regolamentazione più severa.

RESPONSABILITA' SOLIDALE NEGLI APPALTI
Riteniamo inoltre possibile risolvere del tutto la questione della responsabilità solidale negli appalti: interventi normativi successivi al 2003 hanno progressivamente indebolito una tutela nei confronti dei lavoratori che potrebbe essere pienamente ripristinata.
Oggi, la responsabilità di un'azienda che appalta un lavoro a un'altra è fortemente attenuata e “l'azienda madre” non è tenuta a rispondere del trattamento contrattuale dei lavoratori nelle opere in subappalto. Così, proprio l'11 gennaio è stata presentata una proposta di legge (primo firmatario l'On. Damiano) per ritornare a condizioni certe, cosa che risolverebbe alla radice la giusta sollecitazione del quesito referendario, su cui concordo.
La legge consta di un solo articolo e dice, semplicemente, che la responsabilità della catena degli appalti torna in capo al committente, al fine di tutelare le retribuzioni dei lavoratori e i contributi previdenziali. In caso di appalto di opere e servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro sarebbe dunque obbligato, in accordo con l'appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, a garantire trattamenti retributivi, previdenziali e premi assicurativi.
Penso che il ristabilimento di una corretta filiera in difesa di chi lavora sia sacrosanto, possa essere approvato da questo Parlamento, e possa soddisfare le richieste della Cgil.

...IL NODO DEI LICENZIAMENTI VA COMUNQUE AFFRONTATO
Al di là della pronuncia della Consulta, che ha rigettato il terzo quesito, resta aperto infine anche il nodo dei licenziamenti: il referendum non ci sarà, ma ciò non toglie che talune criticità emerse non possano essere affrontate.
L’idea di ripristinare meccanicamente la normativa del 1970, per di più estesa alle piccolissime imprese, non mi pare in linea con le odierne condizioni socioeconomiche del Paese. Viceversa una riflessione più attenta su alcuni punti specifici – come i licenziamenti collettivi e i licenziamenti disciplinari – sarebbe senz’altro auspicabile, così come una verifica sugli effetti reali della modifica dell'articolo 18 sul mercato del lavoro e sull'andamento dell'occupazione.

Ritengo, comunque e infine, che ogni soluzione andrebbe utilmente discussa in via preliminare con i promotori dei referendum e più in generale con le parti sociali: trovare un’intesa sarebbe un apprezzabile passo avanti in termini di coesione sociale.

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