mercoledì 19 aprile 2017

Pompei, Caserta, Reggio e Roma: quattro storie di eroi del riformismo civile

Carmine Fotia (l'Unità, 18 aprile 2017)

 
Quattro storie di good news di cui ho letto sui giornali o di cui ho avuto diretta esperienza nei giorni di Pasqua. Non sono affatto storie melense, quelle storielle edificanti che sanno tanto di retorica e di falso. Si tratta all’opposto di gesti concreti, che sono costati fatica, impegno e  scontri con corporativismi, pregiudizi, resistenze di ogni genere. Sono ambientate tre al sud e una a Roma. Ve le racconto brevemente e poi cercherò di proporvi una breve riflessione.

La prima si svolge a Pompei. Per la prima volta dopo molti anni la Circumvesuviana e i bus che collegano la zona archeologica con Napoli sono stati aperti anche il pomeriggio di Pasqua. I risultati? Sentite il racconto fatto al Mattino di Napoli del presidente dell’Eav, l’ente che gestisce questo tipo di trasporti, Umberto De Gregorio: «Non è accaduto per decenni ed è stato un successo. La Circum nel solo pomeriggio di Pasqua con sei corse ha trasportato oltre 4mila persone tra Napoli, Sorrento e Pompei, i bus circa 1500. La stazione Pompe Scavi il giorno di Pasqua incassava 873 euro nel 2015 e 824 nel 2016, mentre ne incassa 3331 nel 2017: un incremento del 400 per cento».

Per ottenere questo risultato, però De Gregorio ha dovuto scontrarsi con i sindacati che chiedevano 230 euro per il servizio contro i 160 offerti dall’azienda. Avete capito bene: hanno rifiutato 160 euro per mezza giornata di lavoro festivo (quella pomeridiana perché al mattino di Pasqua si è sempre lavorato) che era il massimo consentito dal budget a disposizione, per altro già accettato dagli stessi sindacati all’Anm, l’azienda napoletana per la mobilità.

Era talmente evidente come tali simulacri sindacali non difendessero i sacrosanti diritti dei lavoratori ma il loro stratificato diritto di veto, che alla richiesta dell’azienda di adesione volontaria hanno risposto circa cinquanta dipendenti, decretando il successo dell’iniziativa.  «Quando si muovono equilibri consolidati da decenni c’è sempre qualcuno che perde una fetta di potere o di privilegio o semplicemente che deve cambiare le proprie abitudini e questo dà fastidio. Io, comunque, sono sereno», conclude De Gregorio.

Per la seconda storia di successo basta spostarsi di poco, a Caserta. Dopo 25 anni (anche in questo caso avete capito bene: 25 anni) la reggia di Caserta è stata aperta ai visitatori nel giorno di Pasquetta, per iniziativa del direttore della Reggia, Mauro Felicori, bolognese, il cui arrivo a Caserta ha avuto l’effetto di un uragano di efficienza, buone pratiche, modernizzazione. Se ricordate bene anche contro di lui i sindacati fecero fuoco e fiamme sostenendo che lavorava troppo. I risultati, malgrado l’ostracismo, sono questi, la cui cronaca prendiamo dal Mattino di Napoli: “Alle 14, più di cinquemila persone, tra paganti e ingressi gratuiti, per festeggiare, dopo venticinque anni di chiusura, la Pasquetta al palazzo reale di Caserta. Forze dell’ordine dispiegate nel complesso monumentale tra uomini a cavallo, in moto e in auto; vigilanza attenta, visitatori rapiti dalla bellezza dei luoghi. Famiglie, coppie, tanti stranieri e italiani di ogni dove per ammirare il complesso borbonico. All’ingresso sequestrati molti palloni. Uno, sfuggito ai controlli, è stato sequestrato dietro la fontana di Venere. Due gruppi di ragazzi, riusciti a raggiungere la sommità della cascata, sono stati individuati  e fatti scendere dove ad attenderli c’era il direttore generale che li ha rimproverati. «Ero certo che oggi sarebbe stata una bella giornata di festa – ha detto soddisfatto Felicori – e così è stato. Vince Caserta, vince la normalità, vince l’amore per l’arte e per la bellezza».

Per la terza, andiamo a Reggio Calabria, dove il sindaco, Giuseppe Falcomatà nel giorno di Pasqua si è recato al porto, insieme allo scrittore Erri De Luca, per accogliere gli immigrati: “Un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio di innamorarsi”, ha postato sulla sua pagina Facebook il giovane sindaco e ancora, commentando le foto dell’accoglienza: “Queste immagini sono un inno alla vita, all’amore per la vita, e se la Pasqua è il momento della resurrezione e della speranza non c’è modo migliore per onorarla! Benvenuti agli oltre seicento migranti giunti stamani in città e grazie di cuore ai volontari che anche oggi non hanno fatto mancare il loro indispensabile apporto! Ps: la Pasqua è questa, non un messaggio stereotipato da inviare a tutti!”.  Se pensate che si tratta di un messaggio buonista e accattivante, per ricredervi basterà andare sulla pagina Fb del sindaco dove, oltre ai consensi, vi sono numerose manifestazioni di fastidio e intolleranza. Certo, non è un modo per cercare un consenso facile, su parole d’ordine demagogiche. È certamente un gesto profondamente umano e perciò straordinariamente politico.

La quarta e ultima storia avviene a Roma: pieno centro storico, Centro Studi Cappella Orsini, alle spalle di Campo dei Fiori, dove giovedì 13 aprile si è svolto un bellissimo concerto di musica Rom e Gagè. Non voglio qui parlare del concerto, il cui significato di dialogo nell’era dell’intolleranza è tuttavia evidente. Voglio raccontarvi brevemente quello che c’è fuori. La sede del centro studi è in una antica cappella sconsacrata eretta sui resti del Teatro di Pompeo e che fu anche la sede dell’Accademia dei cuochi e dei pasticceri di Roma presieduta da Bartolomeo Scappi, detto Il Platina. La cappella è collegata a Campo de’ Fiori da uno stretto passaggio, detto Il Passetto, un tempo luogo di culto dei romani per la presenza di un’edicola dedicata alla Madonna del latte cui il popolo era molto devoto. Decenni di abbandono avevano trasformato quel luogo in un orinatoio a cielo aperto, sporco e maleodorante, i muri imbrattati di scritte. Ricevuta l’autorizzazione dal comune e dalle varie autorità di tutela dei beni culturali, qualche mese fa, il direttore di Cappella Orsini, Roberto Lucifero, che è anche un maestro restauratore, si è messo al lavoro e ha restaurato il Passetto dove ora è stata ricollocata un’immagine della Madonna, anche se non quella originale, e lungo le pareti, splendidamente affrescate, si può leggere la storia del luogo.  Tutto è interamente avvenuto a spese del centro studi. Oggi, se visitate il Passetto (e vi consiglio di farlo) troverete un luogo pulito, illuminato, dove cittadini e turisti si fermano incuriositi. Qual è il senso di questa storia? Che in una città giunta a un degrado che non ha paragoni nella sua storia recente si dimostra, per iniziativa di cittadini consapevoli, che se il degrado porta degrado, la cura produce, al contrario, attenzione e rispetto.

Qual è la morale di queste storie? Che esiste un’Italia che resiste al declino e al degrado, che sa spezzare le catene del corporativismo che frenano lo sviluppo, e che quest’Italia cresce maggiormente proprio laddove il declino e il degrado sembrano un destino ineluttabile.
Li chiamerei gli eroi del riformismo civile. Un riformismo dal basso, civico e coraggioso. In tempo di fake news e di haters, credo che il riformismo politico non debba cedere di un millimetro e contrastare il mondo dell’intolleranza e dell’odio sul suo stesso campo con una narrazione opposta: racconti bottom up, testimoni di impegno civile e storie di successo e di riscatto.  
E se provassimo a popolare la rete di questi racconti?

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