mercoledì 21 marzo 2018

Marino Fiorentini: "L'esperienza di questi anni va preservata nella sua parte migliore, ritrovando compattezza e coesione e riuscendo a parlare a quella parte del paese che ha più difficoltà a vivere il presente"

L'intervento di Marino Fiorentini, segretario del Circolo PD di Casola Valsenio, all'assemblea del 19 marzo, sul voto del 4 marzo e le prospettive politiche del PD e del centrosinistra.

Il risultato elettorale delle elezioni politiche del 4 marzo, per il Partito Democratico,  è certamente negativo ed al di sotto delle aspettative. A Casola, come nel resto del paese il nostro partito subisce una sensibile diminuzione del consenso registrando una palese difficoltà ad intercettare il voto dei giovani. Le iniziative svolte in campagna elettorale avevano sottolineato questo aspetto, in quanto la minor partecipazione, il minor interesse si erano registrati proprio nelle iniziative rivolte ai nuovi elettori ed alle categorie dei lavoratori autonomi.
Il 30% ottenuto alla Camera ed il 31% al senato rappresentano comunque il risultato più alto in termini percentuali della Romagna Faentina. I candidati nei collegi uninominali che interessano la provincia di Ravenna risultano tutti eletti (Marco Di Maio e Alberto Pagani alla Camera e Stefano Collina al Senato). Sono piccoli elementi di consolazione, ma che danno il senso di un Partito che mantiene un suo radicamento nel territorio ed una capacità di azione politica.

A tal proposito va un sentito ringraziamento ai militanti che si sono impegnati nella campagna elettorale e che hanno garantito con la loro partecipazione ed il loro lavoro la realizzazione delle varie iniziative, la distribuzione del materiale e che sono stati impegnati per molte ore nei seggi elettorali.
Un’analisi più complessiva del voto fa emergere una difficoltà della sinistra che perde consensi in tutto il paese come del resto li ha persi in questi anni a livello europeo e mondiale. A sinistra del PD le cose vanno ancora peggio: 4 forze politiche presenti sulle schede elettorali complessivamente non raggiungono il 5% dei consensi. L’altro dato che accomuna il risultato italiano a quello degli altri paesi europei è la penalizzazione che subiscono le forze che sono impegnate nell’azione di governo. Guadagnano voti le forze che in questi anni non si sono “sporcate le mani” con il governo: Lega, Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia.
Riflettendo sull’impostazione della campagna elettorale, probabilmente, si è rivelato un errore aver insistito molto sulle cose fatte dai nostri governi in questa legislatura ed aver focalizzato poco l’attenzione sulle proposte per il futuro. Così come è risultato sbagliato aver detto a più riprese “Abbiamo fatto uscire l’Italia dalla crisi..” perché, pur avendo invertito la tendenza, avendo rimesso in moto il Paese, la crisi è ancora reale e percepita come tale da larghe fasce di popolazione. Sono stati messaggi sbagliati, ma che poco hanno influenzato il risultato. In realtà bisogna allargare lo sguardo e registrare che la campagna elettorale per queste elezioni è durata 15 mesi. E’ risultato sbagliato e penalizzante aver perseverato nell’azione di governo, dopo il risultato negativo del Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016. La legislatura era decollata con il preciso scopo di affrontare il tema delle riforme e dopo aver concluso quell’iter aveva esaurito la sua ragion d’essere. Oltre ad essere stati percepiti, con il passare del tempo, come la forza del “palazzo”, del “sistema” si è dato modo alle altre forze politiche di riorganizzarsi e contemporaneamente il nostro partito si è indebolito con l’esplodere di lacerazioni, rese dei conti e scissioni. Abbiamo affrontato le elezioni nel nostro momento di massima difficoltà, noi indeboliti e gli altri rafforzati.
L’azione di governo svolta in questi anni non va assolutamente rinnegata. Si è governato bene e si consegna un paese migliore di quello che abbiamo ereditato. Abbiamo rimesso in moto l’economia, creato occupazione, incrementato il potere d’acquisto dei salari. Un’azione questa avviata e che va perseguita con determinazione.
Abbiamo fatto un numero importante di leggi sul tema dei diritti civili, leggi sacrosante, ma che non portano consensi anzi spesso ne fanno perdere.
Tornando alla questione economica, che è sempre la più dirimente, abbiamo difficoltà a capire l’emergere ed il persistere delle disparità sociali. La sinistra in generale ha difficoltà a parlare alle fasce più deboli della popolazione, a quelle più penalizzate dalla globalizzazione e dalla pesante crisi economica di questi anni. Si perdono voti in modo pesante nelle periferie delle città e si mantiene il consenso nei quartieri più abbienti.
Dobbiamo riuscire a diventare l’interlocutore principale di queste fasce di popolazione, ma per farlo dobbiamo essere capaci soprattutto di individuarle. Dobbiamo essere consapevoli che oggi, quando parliamo di insegnanti, di lavoratori del pubblico impiego non parliamo a queste fasce. Chi ha un posto di lavoro stabile, uno stipendio con tredicesima o quattordicesima, ferie pagate è percepito come un privilegiato da chi è costretto a fare lavori saltuari e malpagati o da chi percepisce poche centinaia di euro di pensione. Quando inseriamo tra i lavori usuranti, che possono accedere alla pensione anticipata, maestre d’asilo, operatori ecologici, macchinisti ferroviari non possiamo esser percepiti nel giusto modo da chi, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute è chiamato a dover lavorare 10/15 ore al giorno per poter ricavare dalla propria attività un reddito che gli consenta di vivere.
In Italia esistono oltre 4 milioni di microimprese (il 95% del totale). Una parte di queste sono ditte individuali, che non assumono dipendenti pur avendone necessità, per sfuggire ai mille orpelli burocratici che questo comporterebbe ed ai costi che ne deriverebbero.
Anche tra questi micro-imprenditori troviamo le vittime delle nuove disparità sociali e ad essi la sinistra non sa parlare.
Dobbiamo ripartire da questa lettura della società se vogliamo risollevarci. Lo dobbiamo fare dal ruolo di opposizione che le elezioni ci hanno consegnato.
La democrazia ha delle regole: c’è chi vince ed è chiamato ad assumersi la responsabilità di  governare e chi perde che è chiamato a fare opposizione in modo responsabile e costruttivo. Questo sarà il nostro ruolo in questa legislatura.
Nel frattempo occorre rimettere in moto il Partito. Sbaglieremmo se pensassimo che i nostri  problemi siano semplicemente legati ad una cattiva direzione politica. Sento giudizi che imputano il cattivo risultato elettorale ad una segreteria del partito troppo supponente, arrogante, poco collegiale. E’ una lettura superficiale: le elezioni le hanno vinte la Meloni, Salvini, Di Maio e Di Battista che certo non sono dei diplomatici accomodanti.
Il Partito Democratico che aveva ottenuto il 40,8% alle elezioni del europee del 2014 era un Partito coeso, con un segretario riconosciuto e legittimato che sapeva parlare anche alla pancia del paese. Ci siamo poi ingabbiati nei riti della politica che la gente mal sopporta. Abbiamo iniziato a parlare con troppe voci ed oggi questo, oltre ad essere sbagliato non funziona. Commetteremmo quindi un errore se pensassimo di risolvere i problemi con il cambio di segretario e di direzione politica perché ci troveremmo puntualmente a doverli riaffrontare tra poco tempo. L’esperienza di questi anni va preservata nella sua parte migliore, ritrovando compattezza, coesione e riuscendo a parlare a quella parte del paese che ha più difficoltà a vivere il presente. Solo questo ci può consentire di non essere più percepiti come la forza politica che aiuta chi ce la fa già.
Marino Fiorentini (Segretario PD Casola Valsenio

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