venerdì 18 dicembre 2009

Disturba se parliamo dell'Italia?


...Ieri in Parlamento i dipendenti del ministero di Giustizia lamentavano di non avere gli strumenti per lavorare. Nei giorni precedenti hanno manifestato per strada i pompieri, i poliziotti, gli insegnanti, gli agricoltori, i ricercatori, la guardia di finanza, i lavoratori del pubblico impiego. La lista è lunghissima. Nel terzo trimestre dell'anno sono scomparsi 500 mila posti di lavoro. Mezzo milione di persone a casa senza stipendio. Sui tetti, sulle gru, sui moli, ai cancelli delle fabbriche ci sono in queste ore i lavoratori della Merloni, della Fiat di Pomigliano d'Arco, della Fincantieri, della Yamaha di Lesmo. I 49 pionieri della Innse (nella foto) hanno fatto scuola. In ogni città se alzate gli occhi vedete striscioni, cartelli.
La flessibilità ha aumentato le differenze sociali, dice il rapporto sulle disuguaglianze economiche presentato ieri al Nens: il 10 per cento delle famiglie possiede la metà della ricchezza del Paese. La metà degli italiani ne possiede il 9,7 per cento. Una forbice sudamericana d'altri tempi, cifre da paese in via di sviluppo.
In questo contesto il governo proroga fino al 30 aprile lo scudo fiscale concepito per far rientrare a prezzo di una mancia i denari di chi ha evaso le tasse nascondendo all'estero le sue ricchezze. Chi ha pagato regolarmente sta dentro quella metà di italiani che vive onestamente, spesso con poco o pochissimo. Chi non ha pagato sta in quel 10 per cento che vive disonestamente con molto o moltissimo. Siamo di nuovo al punto: non servono, in Italia, nuove leggi. Basterebbe applicare quelle che ci sono e controllare che siano rispettate, eventualmente punire chi non lo fa. Basterebbe volerlo. Basterebbe non essere della partita di chi evade. (...)

(dall'editoriale del direttore, Concita De Gregorio - l'Unità, 18 dicembre 2009)

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