mercoledì 18 gennaio 2012

Silvio lo chiamò "kapò". Oggi Martin Schulz è Presidente del Parlamento Europeo

Il socialdemocratico tedesco Martin Schulz è stato eletto presidente del Parlamento europeo per la seconda metà legislatura. Secondo quanto si apprende ha ottenuto la maggioranza assoluta al primo voto con una cinquantina di voti più degli altri candidati, il conservatore Nirj Deva e la liberal-democratica Diana Wallis.
Il presidente del Parlamento europeo uscente, Jerzy Buzek, ha ufficializzato il risultato nella plenaria di Strasburgo comunicando che alla votazione hanno partecipato 699 parlamentari, con 29 voti nulli e 670 validi. Con la maggioranza assoluta quindi fissata a 336 voti, Martin Schulz è risultato eletto con 387 voti, 142 a Deva e 141 alla Wallis.
«Bisogna dire un no chiaro» al sistema delle agenzie di rating, che è «una minaccia per il progetto europeo», ha detto il neoeletto presidente nel suo discorso di insediamento, affermando che «cresce il sospetto che anonime agenzie con sede a New York siano più potenti di governi democraticamente eletti». «Per la prima volta dalla sua fondazione, il fallimento dell'Unione europea non è un'ipotesi irrealistica».

Spesso irascibile, Martin Schulz deve in un certo senso la sua notorietà a Silvio Berlusconi. Nel luglio 2003 è proprio il duro scontro con l'allora capo del governo italiano a far uscire dall'anonimato il socialdemocratico tedesco, eletto oggi a Strasburgo presidente dell'Europarlamento per un mandato di due anni e mezzo al posto del conservatore polacco Jerzy Buzek. Una presidenza, quella di Schulz, che si annuncia meno consensuale rispetto a quella del suo predecessore. Proponendolo durante un aspro botta e risposta per il ruolo di «kapo» (un detenuto a cui la direzione di un lager affidava funzioni di comando sugli altri deportati) per un film sui campi di concentramento, il Cavaliere - chiamato in causa per il conflitto di interessi - scatena non soltanto una crisi diplomatica tra Roma e Berlino, ma involontariamente contribuisce alla notorietà di Schulz, che in Europa - ma anche in Germania - pochissimi conoscono. Un anno dopo, questo libraio entrato a 18 anni nel partito socialdemocratico tedesco (Spd) e che fa parte del parlamento europeo dal 1994, accede alla presidenza del gruppo socialista. Che dirige con il pugno di ferro.
«È un europeista convinto», spiega il copresidente dei verdi, Daniel Cohn-Bendit, che si dice «sicuro» che saprà, alla presidenza del Parlamento, «difendere il metodo comunitario di fronte ai tentativi di rinazionalizzazione degli stati» degli affari europei. Martin Schulz intende battersi con forza di fronte agli stati per ribadire i poteri del Parlamento e ridurre «il deficit democratico» di cui soffre l'Unione europea. Nel 2009, è lui che in larga contribuisce a far in modo che il nuovo incarico di capo della diplomazia europea torni a una personalità della sua parte politica, la sinistra. Un incarico conferito alla laburista britannica Catherine Ashton, che Martin Schulz difende malgrado le critiche.
Sguardo acuto dietro i suoi occhiali fini, Schulz «non fuma, non beve, è molto attento all'igiene», fa sapere un membro del suo staff. Una persona con la quale non è semplice lavorare, ammette qualcuno; e che estrema destra ed euroscettici sopportano a fatica.«Per la prima volta dalla sua fondazione, il fallimento dell'Unione europea non è un'ipotesi irrealistica». Lo ha detto il neoeletto presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, nel suo discorso di insediamento, lanciando una sfida ai governi che «da mesi passano da un vertice all'altro» e fanno «tornare ad un periodo superato, quello del Congresso di Vienna». Schulz ha quindi denunciato che «l'inflazione di vertici» esclude i parlamenti europeo e nazionali dal processo decisionale.

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