di Alessandro Bratti (Responsabile ambiente PD Emilia-Romagna)
Delude la posizione miope del Ministro e del Governo
sugli incentivi al fotovoltaico e in generale alle rinnovabili: il
rischio è quello di scoraggiare gli investimenti futuri e di vanificare
gli investimenti già effettuati nel settore, anche e soprattutto nella
nostra regione. Inoltre, secondo le intenzioni del Governo, le aziende
intenzionate ad investire in Italia nel settore rinnovabili diverse dal
fotovoltaico dovrebbero sostenere ingenti costi di esplorazione e di
progettazione con il rischio di non poter accedere agli incentivi.
Per
le aziende, poi, che hanno già investito in tale segmento si
determinerebbe una perdita netta, ribaltabile in parte come risarcimento
danni da parte dello Stato per le inerzie burocratiche verificatesi in
questi anni. Rispetto alla soglia dei progetti superiori ai 5 MW, sempre
per queste rinnovabili, la quasi totalità di quelli presentati in
questi anni, è stato poi definito l’accesso al sistema incentivante solo
in caso di vincita di una procedura d’asta al ribasso, senza
dimenticare che alla società che partecipa all’asta viene richiesta una
fideiussione a garanzia dell’energia da produrre nell’anno di indizione
della gara.
Questo implica, come ovvio, che solo i grandi gruppi a
livello mondiale saranno in grado si sostenere un costo e un rischio del
genere, determinando così la creazione di un oligopolio di fatto tra
due tre colossi energetici mondiali. Il rischio è dunque quello
di mettere a rischio le piccole e medie imprese nate in Emilia-Romagna, e
con esse centinaia di posti di lavoro.
Ritengo necessario
chiarire poi la questione sollevata dal Ministro Catania rispetto ai
costi degli incentivi che ricadono sulle bollette. E' vero che l’attuale
sistema di incentivazione in Italia è basato sul ribaltamento del costo
degli incentivi nella bolletta elettrica, e che ciò ha determinato, nel
corso degli anni un aggravio in bolletta a carico della collettività.
Ciò significa che nella parte di bolletta di cui si parla il 14% del
costo è destinato ai servizi di rete: dalla distribuzione alle
misurazioni. Il 13,5% del costo della bolletta sono tasse e Iva sui beni
e servizi. Il 10% del costo della bolletta è destinato agli incentivi
per le rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse). Il 2% del costo
della bolletta è destinato al CIP6 ovverosia ufficialmente "assimilabili
alle rinnovabili", voce che in realtà copre gli aiuti destinati a
raffinerie, inceneritori, acciaierie, impianti a carbone. L’1,2% del
costo della bolletta è destinato al nucleare, come costi per la ricerca e
lo smantellamento delle centrali esistenti.
Il che, tradotto in
termini economici rappresenta un aggravio, per una bolletta media di una
famiglia italiana, di circa 49 euro di cui solo una parte riguarda le
rinnovabili. Sarebbe quindi opportuno intervenire sugli altri costi
della bolletta prima di intaccare quelli relativi alle rinnovabili. Lo
Stato poi riceve dalle fonti rinnovabili, ingenti risorse derivante
dall’incasso dell’IRES sugli impianti e dall’IVA generata dagli
investimenti. Il settore, inoltre, ancora in fase di crescita, ha
generato forse la maggior occupazione in Italia negli ultimi anni.
Occupazione reale in diversi ambiti e settori (progettisti, installatori
esperti territoriali, manutentori, costruttori, ecc.). Se si considera,
inoltre, che la norma prevista per il fotovoltaico, in forza della
quale sono accordati maggiori incentivi per i prodotti Made in Europe,
ha attratto, forse caso unico negli ultimi anni in Italia, investitori
Italiani e esteri che hanno investito in stabilimenti produttivi, è
facile prevedere che l’applicazione della stessa alle altre fonti
rinnovabili genererebbe quasi un milione di nuovi posti di lavoro.
Ha
ragione il Ministro quando sostiene la necessità di rivedere il sistema
degli incentivi. Ma è necessario procedere in maniera graduale senza
creare problemi irrisolvibili alle piccole e medie aziende. Bene anche
differenziare gli incentivi rispetto ai biogas dando priorità al
recupero dei sottoprodotti rispetto alle colture agricole dedicate. Però
se è vero come è vero che le fonti Rinnovabili hanno avuto in questi
anni incentivi tali da garantire extra profitti, è anche vero che questi
extra profitti vengono in parte reinvestiti sui territori interessati
dagli interventi. Fondamentale e’ mantenere gli incentivi riguardo a
situazioni ambientali particolari come la sostituzione dei tetti in
eternit, le discariche esaurite, le aree industriali da bonificare. Non
vanno dimenticati inoltre i numerosi progetti in itinere su aree
pubbliche su cui i Comuni hanno costruito parte dei loro bilanci futuri.
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