sabato 19 ottobre 2013

Intervista al Segretario del PD casolano, Massimo Barzaglia: 4 anni vissuti nel nome della "buona politica"

Con il prossimo congresso del Circolo PD di Casola Valsenio, che si svolgerà il 27 ottobre, giunge a termine il mandato di Segretario del Circolo PD di Casola Valsenio, iniziato oltre 4 anni fa, nel settembre 2009, dopo avere contribuito a fondare e costruire il PD nel tessuto locale. Per Massimo Barzaglia sono stati anni intensi, ricchi di avvenimenti politici. Con lui vogliamo tracciare un bilancio della sua esperienza politica alla guida dei Democratici casolani.
-    Innanzitutto, che ruolo ha svolto il PD, nella politica casolana in questi 4 anni?

Ho impostato l’azione e l’iniziativa politica del nostro circolo seguendo le linee d’indirizzo politico-programmatico presentate e approvate dall’assemblea degli iscritti unitamente alla mia candidatura a segretario, nel settembre 2009. Nel documento che ha accompagnato il mio incarico – che chiedo gentilmente di allegare all’intervista – erano argomentati i vari aspetti che ritenevo, e che ritengo tutt’ora validi, utili alla costruzione e al consolidamento di un nuovo partito popolare e di massa, che si possa collocare a tutti gli effetti negli spazi e nella storia della sinistra italiana. Per guidare e gestire un’organizzazione politica, ancor più complessa e articolata come quella del PD, non occorre solamente dire cosa si vorrebbe fare, ma necessita una pianificazione che coinvolga e approfondisca tutti gli elementi che si vogliono mettere al servizio dell’idea di partito. In sostanza, gli intenti d’indirizzo politico devono essere supportati dagli strumenti operativi, organizzativi e gestionali, altrimenti le parole rimangono al vento, senza la possibilità d’incidere concretamente sia nel tessuto sociale e nel dibattito politico, sia nei meccanismi decisionali istituzionali. Nella mia relazione erano contenuti questi aspetti, che avevo inteso interdipendenti, e che riguardavano il perimetro dell’azione politica, il contesto sociale di riferimento, la funzione e il ruolo del partito nella società, nelle sedi politiche e nelle istituzioni, i modi per attuare una ben definita iniziativa politica, l’importante ruolo della comunicazione, e la trasparenza nei meccanismi decisionali. Non spetta a me dire se i risultati sono stati apprezzabili e in linea con la progettazione che feci, e per questo rimando a ciascuno la propria valutazione sulla base della relazione presentata oltre 4 anni fa e a quanto è stato fatto.

-    E come si è cercato di migliorare la partecipazione e il dibattito politico?

Ho cercato di rendere il partito trasparente, aperto e partecipato, aprendo le porte del nostro circolo ai contributi delle forze sociali, economiche, associazioni e delle singole personalità chiamati a dare il proprio contributo. Sono state promosse tavole rotonde e organizzati momenti di confronto, affrontando temi di forte rilevanza pubblica, come le energie alternative, il tema dell’accoglienza e integrazione, l’adeguamento delle infrastrutture, l’agricoltura, le opportunità di svago e di aggregazione per i giovani, il turismo e il tema delle unioni civili, discutendone. Sono stati organizzati eventi tematici di approfondimento, come workshop, forum e convegni. Queste iniziative si sono sommate alle attività politiche del circolo (direttivi, assemblee degli iscritti e degli elettori), organizzate per discutere degli eventi locali e nazionali che – di volta in volta – si sono presentati come elementi di stringente attualità. Il circolo è stato poi attivo nelle elezioni politiche che hanno riguardato gli ambiti sovra comunali (Regione e Provincia), nei referendum popolari del 2011, e nelle elezioni di ambito nazionale (primarie e successive elezioni politiche nazionali). A questi eventi aggiungo la Festa Democratica, che ho progettato come evento capace di proporre e produrre iniziativa politica. In sintesi, ho cercato di favorire il dibattito e il confronto politico anche oltre la dimensione locale, per evidenziare che dietro un’idea di società promossa, vi era un gruppo di donne e uomini ben identificabile e visibile. La partecipazione e il confronto politico sono stati supportati e integrati da un importante e costante ruolo della comunicazione, che ho cercato di impostare con un taglio popolare, visibile e accessibile a tutti, e allo stesso tempo con un carattere dialogante e informativo. Di ogni iniziativa, posizione, dibattito, né è stata data immediata evidenza nei nostri mezzi di comunicazione, rappresentati dal blog, dai social network e dal periodico I Democratici per Casola, spedito a tutte le famiglie casolane due volte l’anno, e nella bacheca situata dinanzi al nostro circolo. A questi mezzi sono state integrate le comunicazioni per mail, o per posta, agli iscritti ed elettori. Queste iniziative e questi strumenti di comunicazione hanno rappresentato la piattaforma politica del partito e il proprio posizionamento nei confronti dell’opinione pubblica, che – pur con i margini di miglioramento che caratterizza qualsiasi cosa – ritengo sia stata accessibile, visibile e comprensibile a tutti coloro interessati a conoscere il pensiero e i volti del PD.

-    Quali sono state le principali esperienze e azioni politiche che hanno maggiormente segnato il tuo ruolo di Segretario?

Più che soddisfazione personale, ritengo che l’esperienza del Partito Democratico, a Casola Valsenio, sia stata una bella esperienza di solidarismo generazionale. Nel 2007 tanti uomini e donne, provenienti da esperienze politiche, sociali e civili differenti, hanno realizzato a un progetto importante per la storia della sinistra locale, e quindi per la politica della comunità. Il PD ha dato l’opportunità ad alcuni giovani, fra cui il sottoscritto, di assumersi delle responsabilità pubbliche e di potersi misurare concretamente nell’ambito politico. Erano i primi anni in cui iniziavano ad affermarsi le richieste di cambiamento, d’innovazione, di ricambio generazionale, anche se in maniera meno forzata e impulsiva di come avviene oggi. Noi avemmo il coraggio di chiedere e poi occupare il nostro spazio, senza alcun timore di assumerci le nostre responsabilità, e dall’altra parte ci fu una generazione più matura che agevolò questo cambiamento, senza ostacolarlo. Ritengo che questa esperienza sia stata un bell’esempio di come l’innovazione possa avvenire senza usare linguaggi traumatici e non dimeno violenti, come rottamare, sbaraccare, mandare a quel paese, e via dicendo. Il patto di solidarietà generazionale che è stato attuato ha permesso di mettere alla prova un gruppo dirigente giovane, che ha portato entusiasmo, dinamismo e nuove prospettive, pur senza la necessità di rinnegare il patrimonio di valori, d’idee e di principi rappresentato dalle storie che sin lì avevano percorso quel tratto di strada. Sono stati rinnovati gli organi dirigenti del partito, sono stati eletti giovani consiglieri comunali come rappresentanza politica, e Nicola è stato eletto Sindaco. Ora, dopo oltre cinque anni, fra le cose positive fatte, fra qualche leggerezza e scelta che può avere fatto discutere, vedo questa esperienza con spirito molto positivo, consapevole che l’opportunità che è stata affidata a noi non deve e non può trasformarsi in una rendita di posizione, altrimenti all’innovazione subentra la conservazione. Anche per questo motivo ho trovato giusto ed etico non ripresentare la mia candidatura alla carica di segretario di circolo, per evitare che questa mia scelta togliesse ad altri la stessa opportunità a me concessa. Sono contento che alla guida del partito si sia candidato Marco Unibosi (unica candidatura ufficialmente presentata al momento della scrittura di questa intervista), che appoggio pienamente, e che fu da me nominato nella segreteria appena ventenne. Se in un partito, e più in generale nella società, viene meno il patto generazionale, significa che si è creato un cortocircuito, perché non si è capaci di innovare ma soprattutto di rinnovare. Per questo auspico che Marco possa portare nel partito le proprie idee, la propria prospettiva di società, la propria visione del futuro, e che sia da tutti supportato in questa sua nuova esperienza.  

-    Qual è la qualità dei rapporti politici con le altre forze del centrosinistra? E come giudichi il ruolo e la situazione del centrodestra casolano?

Non spetta a me valutare politicamente né il centrodestra, né le forze che lo compongono, né tantomeno i rapporti fra esse. Queste valutazioni toccano ai loro gruppi dirigenti, simpatizzanti ed elettori. Per quanto riguarda il nostro versante, quello del centrosinistra, in questi anni abbiamo collaborato positivamente e senza problemi con le altre forze politiche che compongono la coalizione Uniti per Casola, con cui condividiamo il programma politico di governo locale. Fermo restando le decisioni che dovrà compiere il nuovo gruppo dirigente che a breve si insedierà, ritengo che non sussistano problemi a rinnovare l’alleanza in vista delle prossime elezioni amministrative del 2014, per dare continuità a un progetto politico inclusivo e partecipato, che potrà connotarsi come un patto politico, sociale e civile fra le forze politiche del centrosinistra, aperto a tutte le singole personalità e gruppi organizzati che vorranno impegnarsi attivamente. Questo percorso, penso, non potrà prescindere dalla guida del Partito Democratico, che dovrà essere allo stesso tempo il motore e il baricentro della coalizione. In questo contesto aggiungo un apprezzamento per il ruolo che ha svolto l’amico Cristiano Albonetti in qualità di capogruppo di Uniti per Casola. Con Cristiano vi è stato un rapporto sincero e collaborativo, ci siamo confrontati e consigliati pur nel rispetto e i distinguo dei propri rispettivi ruoli, e ritengo che abbia svolto il proprio compito con equilibrio. Lo stesso apprezzamento lo riservo a Nicola Iseppi e ai membri della Giunta provenienti dal PD, poiché hanno saputo porsi alla guida dell’istituzione comunale senza imporre le decisioni di carattere amministrativo alla maggioranza politica, ma ascoltando e facendosi partecipi del dibattito politico maturato nei partiti, prima, e nella coalizione poi. Abbiamo cercato, pur con qualche inciampo iniziale, di rispettare i rispettivi ambiti di competenza e di azione, senza intrecciare le responsabilità e trovando equilibrio fra il ruolo di guida del principale partito della maggioranza, la rappresentanza politica di coalizione in consiglio comunale, e il ruolo amministrativo. Anche a fronte di questa considerazione, ritengo che tutti i nostri rappresentanti in consiglio e nella giunta comunale siano risorse che potranno essere ancora utili al centrosinistra casolano, per l’esperienza che hanno maturato in questi anni, pur sostenendo che dovranno essere inserite e messe alla prova anche altre forze giovani.

-    Ieri era la Festa de l’Unità, oggi è la Festa Democratica, ma – al di à del nome – continua a essere uno degli eventi principali che si organizzano a Casola. Che giudizio dai della Festa Democratica e che contributo hai dato perché continuasse a essere quella grande festa popolare che è da 67 anni?

La Festa Democratica è stata pensata per conciliare più obiettivi. Innanzitutto per essere un importante strumento per l’autofinanziamento del circolo, perché l’utile della manifestazione ha permesso di disporre dei fondi per il mantenimento della sede, per l’organizzazione degli eventi politici e per lo sviluppo della comunicazione. Si è cercato di fare della Festa uno spazio di comunicazione di massa e un evento d’iniziativa politica, promuovendo iniziative solidali, idee, valori, pur non facendoli prevalere al carattere principalmente gastronomico e ludico dell’evento. Ogni anno è stato promosso e presentato un differente tema, racchiuso nel titolo dell’evento. Le manifestazioni hanno anche permesso di trovare positive collaborazioni con molte realtà associazionistiche della nostra comunità. Ho voluto che alla Festa tornasse il dialogo politico, facendo confrontare i nostri militanti e volontari – che sono un grande capitale umano del nostro partito – con chi ricopre incarichi politici e istituzionali di rilievo. L’evento ha poi permesso di saldare un grande spirito di squadra, di fare conoscere i volontari, di agevolare la collaborazione, ma sempre nella logica che tutti sono importanti e nessuno è indispensabile. In sostanza, ho cercato di ridare alla Festa Democratica un carattere popolare e per certi versi tradizionalista, in linea con la  funzione e il ruolo che ho voluto dare al partito.          

-    La sede, il Circolo, il tesseramento, la presenza di un partito a livello locale ha ancora un senso? Ha ancora un’utilità?

Avere persone che – in maniera singola o in gruppi organizzati – si occupano della dimensione pubblica della propria comunità, è senza dubbio positivo, e oserei dire indispensabile. Il come queste persone decidano di organizzarsi, di strutturarsi e di autogestirsi, è un dibattito tuttora aperto e di forte attualità nella politica italiana. Negli ambiti locali si è assistito negli ultimi anni a un proliferarsi di forze e di liste civiche che hanno raggiunto importati risultati in termini di consenso elettorale. Questo è stato in parte dovuto al generalizzato sentimento di ostilità nei confronti della politica – con ricadute inevitabili anche nei contesti locali -, e in parte dall’incapacità dei partiti politici di essere presenti e strutturati in tutti i territori. Per quanto riguarda il Partito Democratico, ritengo che sia il partito maggiormente radicato in tutto il territorio italiano, con moltissimi circoli (circa 7.000) che svolgono attività politica sui territori, promuovono il dibattito politico locale e sono uno strumento per l’aggregazione e l’iniziativa politica. Che questa presenza capillare nel territorio sia giusta o sbagliata, dipende dalla funzione che si vuole assegnare all’organizzazione stessa. Io penso che per promuovere politiche su larga scala e in ambito nazionale, con comuni idee e principi di riferimento, sia necessario strutturare il partito nei vari livelli territoriali coincidenti con i perimetri istituzionali. L’organizzazione è alla base di qualsiasi raggruppamento di persone, e le regole sono alla radice di qualsiasi forma di convivenza. Continuo a credere che la democrazia diretta continuerà a essere un’utopia, ma non per il fatto di non potere accedere istantaneamente allo stesso flusso comunicativo e decisionale (probabilmente, fra qualche decennio, tutti gli elettori saranno contemporaneamente in rete), ma perché la democrazia digitale porterebbe irrimediabilmente le decisioni alla stregua della democrazia referendaria, ai sì e ai no, senza approfondimento, senza confronto, senza mediazioni, e soprattutto con l’emotività dell’immediatezza decisionale. Per questo, al momento, non vedo altre valide possibilità alla nostra democrazia rappresentativa e parlamentare, che non può funzionare senza un ruolo attivo e ampio delle organizzazioni politiche, che si chiamino partiti, movimenti, leghe e via dicendo.

-    Il congresso del Circolo coincide con il percorso che porterà, l’8 dicembre, alle primarie per l’elezione del nuovo Segretario nazionale del PD. I problemi e il travaglio del PD dopo l’insuccesso delle elezioni di febbraio, ne fanno l’occasione per riflettere, ripensare, rilanciare il ruolo della sinistra, dei Democratici italiani per realizzare quel cambiamento radicale, quella svolta economica, sociale e civile di cui l’Italia ha urgente bisogno. Cosa ti aspetti da questo congresso, da queste primarie, per l’Italia, per la sinistra?

-    Non nascondo ora, come non lo feci qualche mese fa, che quanto ha fatto il PD dopo il risultato delle elezioni politiche - soprattutto nella fase che ha portato all’elezione del Presidente della Repubblica -, mi ha deluso, e come me una bella fetta di democratici. Penso che sia stato toccato un punto molto basso nella storia della sinistra italiana. Come dissi all’assemblea degli iscritti e degli elettori a inizio marzo, il Partito Democratico aveva dimostrato di non essere un partito, o meglio, era un insieme di differenti concezioni d’intendere e vivere il partito, tanto che tutti erano nella condizione di dire che erano stati gli altri dalla parte del torto. Probabilmente, penso, era stata l’illusione di avere a portata di mano un risultato elettorale positivo e rassicurante ad avere nascosto gli evidenti limiti e le differenti posizioni. E, sia ben chiaro, non si trattava più della primaria divisione fra ex ds ed ex margherita (a oggi molto sfumata rispetto alla fondazione del PD), ma fra chi pensava di essere parte di un partito di massa fatto di circoli, d’iscritti e di militanti, fra chi legava la propria esistenza politica a un rapporto di fedeltà assoluta al proprio capo-corrente, fra chi viveva il partito come uno spazio illimitato e indeterminato, dove tutto è lecito dire e fare, e fra chi pensa che il PD sia un’entità al servizio dei propri comitati, dove i rapporti fra leader ed elettori sono discorsi e applausi, senza mediazione e contradditorio. Tutte queste diversità sono emerse lampanti nella fase che ha fatto seguito al risultato elettorale, e ancora oggi penso che siano stati i principali fattori alla base dell’incapacità decisionale dimostrata dal PD. Ritengo che il prossimo congresso dovrà chiarire soprattutto queste questioni, e i candidati dovranno dire in maniera inequivocabile come pensano di organizzare, strutturare e rendere efficace l’azione politica del principale partito della sinistra italiana, sulla base delle loro linee d’indirizzo politico. Mi auguro che si parli soprattutto del PD, perché in fondo si tratta di un congresso di partito, di una parte dell’elettorato italiano, e sarebbe democraticamente salutare tornare a parlare soprattutto della nostra organizzazione, spogliandoci di quei termini e quegli approcci che spesso ci fanno apparire depositari di un bene comune superiore, che solo noi sappiamo e possiamo rappresentate. Ritengo che dobbiamo tornare a occuparci degli interessi del nostro elettorato, rappresentandone i bisogni, le speranze, ma anche le preoccupazioni e le sofferenze. Nelle repubbliche democratiche l’universalismo si sposa male con la politica, ed è sempre presente una scelta per ogni idea di società. Penso, pertanto, che dobbiamo tornare alla politica, e costruire un partito che sia capace di pensare e promuovere politiche economiche e sociali, trovando mediazioni nella vita parlamentare del Paese, ma allo stesso tempo evitando le pulsioni tecnocratiche e le tendenze presidenzialiste che stanno accompagnato la vita politica del PD – e più in generale della politica italiana - negli ultimi anni, con una spiccata accentuazione in questa fase congressuale, dove sta prevalendo il “vincismo” anche fra i nostri elettori. Per queste motivazioni io continuerò a sostenere le mie idee di partito, anche se presumo, saranno minoritarie nella nuova classe dirigente del PD, locale e nazionale. Fare politica, secondo me, non significa battere le mani e accondiscendere un leader. Se così fosse, sarebbe la fine della democrazia rappresentativa, partecipata e parlamentare, così com’è stata concepita dai padri costituenti.    

Ne approfitto, a margine di questa intervista, per ringraziare tutte le persone che hanno condiviso con me questa bella esperienza. Grazie.

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