mercoledì 30 ottobre 2013

Tagliare i costi pubblici di 30 miliardi, si può fare

di Yoram Itzhak Gutgeld – Deputato PD (Europa, 30 ottobre 2013)

Non è impossibile a mio avviso, ridurre i costi della "macchina pubblica" del 10%, circa 30 miliardi. Dove e come? Iniziamo con la domanda facile, dove? Risposta: dappertutto. L`esperienza di altri paesi che hanno ridotto davvero i costi dello Stato insegna che ovunque si tocca ci siano notevoli spazi di miglioramento. Anche da noi le opportunità sono interminabili.
Ne cito alcune solo a titolo di esempi. Abbiamo strutture periferiche dello stato (tribunali, questure, provveditorati agli studi, prefetture e via continuando), presenti in tutte le province, ciascuna di queste con un`organizzazione autonoma e servizi duplicati (ufficio personale, ufficio acquisti, contabilità, e cosi via). Un modello organizzativo concepito da Napoleone Bonaparte ai tempi in cui si andava a cavallo!
La tecnologia moderna consente invece di realizzare un sistema diverso: mantenimento su base provinciale delle attività che richiedono presidio territoriale (esempio: contrasto alla criminalità, sportelli delle agenzie che interagiscono con i cittadini) e una centralizzazione delle attività amministrative, per esempio su scala regionale.
I 130 miliardi di acquisti di beni e servizi che la pubblica amministrazione effettua ogni anno sono frammentati tra migliaia di enti acquisitori (cosiddetti stazioni appaltanti) non coordinati tra di loro. La pubblica amministrazione utilizza circa 7000 centri di elaborazione dati, mentre basterebbe un numero che si scrive con una sola cifra. Da noi per ogni soldato combattente ci sono 4,2 che svolgono funzioni amministrative e di supporto. La media delle altre forze armate è meno di 3 amministrativi per un combattente. Qualche forza armata raggiunge addirittura un rapporto di 1 a 1,5.
Abbiamo qualche decina di migliaia di posti letto negli ospedali normali (con un costo giornaliero di oltre 800 euro) che è possibile trasformare in posti letto per cronici e lungodegenti (con un costo giornaliero di 250-300 euro), risparmiando qualche miliardo l`anno.
Si potrebbero riempire interi libri con altri esempi. La vera questione non è il dove ma il come. Negli ultimi anni la riduzione della spesa è stata ottenuta con il blocco del turn-over e degli aumenti contrattuali dei pubblici dipendenti, misure utili ma non ripetibili senza limiti, e con tagli lineari che si sono rivelati inefficaci o, peggio ancora, si sono tradotti in un vero e proprio massacro del livello dei servizi. È quello che è successo alla sanità soprattutto nelle regioni soggette ai cosiddetti piani di rientro.
Serve, oltre l`intervento di blocco citato, un approccio alternativo, basato su una riorganizzazione vera e propria dei vari servizi. Significa razionalizzare le strutture organizzative eliminando le duplicazioni; ridisegnare i processi amministrativi anche con l`utilizzo della tecnologia; pianificare l`evoluzione del personale tenendo conto dei pensionamenti, e delle opportunità di ricollocare le risorse eccedenti; accorpare e rinegoziare i contratti con i fornitori esterni. Di queste riorganizzazioni ne abbiamo visto poche nella nostra pubblica amministrazione. Tuttavia, sono proprio quelle che servono per fare un salto di qualità e di efficienza.
Facili da raccontare, ma più difficili da fare, per aver successo questi interventi richiedono alcune condizioni. Serve tempo innanzitutto. Ampi programmi di efficienza in grandi imprese richiedono tipicamente 1-2 anni.
L`esperienza di altri Paesi che hanno ridotto con successo la loro spesa, Svezia, Canada, Israele, ci dice che nel settore pubblico questi programmi richiedono da 2 a 5 anni: il tempo di una legislatura, che serve anche per gestire la riduzione del personale senza rincorrere a licenziamenti. Nei prossimi 5 anni sono previsti oltre 500 mila pensionamenti nella nostra pubblica amministrazione.
La seconda e più importante condizione è la responsabilità diretta di chi ha il compito di ridurre i costi. Faccio gli auguri di cuore a Carlo Cottareni, il nuovo commissario allo spending review. Potrebbe promuovere o coordinare gli sforzi di riduzione della spesa, ma a ridurre i costi della difesa, per citare un esempio, potrebbe solo chi ne ha la responsabilità gerarchica. Le forze armate israeliane sono riuscite, partendo già da costi più bassi delle nostre, a ridurre i propri costi del 10%.
La responsabilità diretta per questo importante sforzo fu affidata al vice capo di Stato maggiore e al direttore generale del ministero della difesa. Come valuto la bozza di legge di stabilità rispetto a queste considerazioni?
Plaudo innanzitutto alla volontà di alleggerire le tasse sul lavoro pagate dai lavoratori attraverso una riduzione della spesa. Sono meno favorevolmente colpito dai numeri, soprattutto per quanto riguarda 2015 e 2016. Il numero più importante, una riduzione di 7 miliardi nelle detrazioni e agevolazioni fiscali nel 2016, è di fatto una clausola di salvaguardia, che non garantisce un abbassamento della spesa.
I numeri sono risultati di azioni. Mancano a oggi, mi sembra, proprio quei programmi che servono per garantire una diminuzione duratura della spesa. Per raggiungere l`obiettivo dei 30 miliardi entro 5 anni è necessario puntare a una diminuzione della spesa per il 2016 nell`ordine di 15- 20 miliardi.
Auspico che il governo presenti nelle prossime settimane un piano per andare in questa direzione, che spero il partito democratico appoggerà convintamente. Non abbiamo tempo da perdere!

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