Intervista a Marco Minniti di Massimo Solani (L'Unità, 23 aprile 2014)
La voce rilassata, il sorriso largo e lo squillare senza pausa dei telefoni nel suo ufficio la dicono lunga sull`importanza della giornata. Marco Minniti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Sicurezza, è visibilmente soddisfatto e orgoglioso per la firma sulla declassificazione degli atti relativi ad alcuni degli eventi più drammatici ed oscuri della vita politica italiana.
Proviamo a spiegare nel dettagli. Cosa comporta la firma apposta a Palazzo Chigi?
«Come è noto, non si tratta di togliere il segreto di Stato che in materia di stragi, terrorismo e attività mafiosa non è opponibile. Si tratta invece di togliere la classificazione agli atti in possesso della pubblica amministrazione, tanto dei servizi segreti quanto del ministero dell`Interno o della Difesa, che di norma erano classificati secondo quattro livelli: riservato, riservatissimo, segreto e segretissimo. La direttiva toglie questi livello di classificazione, per cui questi documenti che in ogni caso non erano pubblici e che potevano essere consultati esclusivamente dai magistrati che hanno indagato o dalle commissioni di inchiesta parlamentare, ora invece diventano materiale trasferito all`archivio di Stato e consultabili dallo studioso, dal giornalista, dal cittadino comune. Diventano insomma patrimonio del paese e della comunità Italia».
Parliamo dei documenti relativi al periodo '69-'84,ma intanto si inizia con il caso Alpi.
«La commissione di inchiesta parlamentare ha già avuto accesso a quei documenti e li ha potuti valutare, ma la scorsa settimana la presidente della Camera Boldrini ci ha chiesto di declassificarli. Ora, pensiamo entro la prima settimana di maggio, quei documenti saranno declassificati e consultabili da tutti».
Non mancano le critiche, i distinguo o più in generale le operazioni di ridimensionamento dell`operazione. Cosa ne pensa?
«Innanzitutto occorre fare una premessa: l`obbiettivo di questa operazione non è quello della ricostruzione giudiziaria, che è già stata fatta nei processi. L`obbiettivo è quello della ricostruzione storica: un paese che vuole essere proiettato nel futuro, deve avere un passato il più possibile sottoposto a valutazione rigorosa. Il fatto che questi documenti presto saranno nelle mani degli storici, degli studenti e dei comuni cittadini, con le uniche limitazioni relative alla necessità di non mettere a rischio l`incolumità di fonti che devono essere ancora protette e quelle sul trasferimento di informazioni da servizi esteri, consente di fare un passo importante verso la costruzione di una valutazione collettiva del passato. Saranno insomma patrimonio del Paese, e questo è ancora più importante quando si tratta di vicende sanguinose che hanno pesato in maniera drammatica nell`evoluzione storico politica dell`Italia. D`ora in poi sarà possibile affrontare la ricostruzione storico politica di quella fase potendo avere accesso a tutto il materiale che è nella nostra disponibilità».
Avete ipotizzato quanto tempo possa essere necessario per questa operazione?
«Ovviamente si tratta di una mole notevole di documenti di cui non esiste ancora un censimento totale. Basti pensare che il periodo interessato va dal 1969, da Piazza Fontana insomma, al 1984, anno della strage sul Rapido 904. Quando la direttiva del presidente del consiglio sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale sarà formata una commissione che inizierà la raccolta e il trasferimento verso l`Archivio di Stato. Una operazione senza soluzione di continuità, nel senso che i documenti saranno immediatamente trasferiti non appena sarà effettuata la loro valutazione. Ma naturalmente ci vorranno mesi».
Chi deciderà la composizione di questa commissione?
«Sarà fatto attraverso un atto di collaborazione fra la presidenza del Consiglio e l`Archivio di Stato» Insisto: erano anni che associazioni e studiosi chiedevano un`operazione di questo genere. Eppure oggi i commenti di molti sembrano voler intendere che la montagna ha partorito il solito topolino sulla questione del segreto di Stato.
Che cosa risponde a queste critiche?
«L`operazione va vista per quello che è perché nessuno ha mai parlato di un`altra cosa. Renzi ha usato fin dall`inizio la parola "desecretazione", ossia si tolgono le classificazioni ai documenti sin qui segreti e si trasferiscono gli atti all`Archivio di Stato. Non si poteva togliere una cosa che non c`era. Ma a nessuno può sfuggire che si tratta dell`operazione di declassificazione più importante che si sia fatta nella storia dell`Italia repubblicana. Esiste un solo precedente, altrettanto importante, che era quello relativo agli atti del sequestro e l`omicidio di Aldo Moro. Ma quello riguardava un singolo episodio, qui parliamo dei principali eventi drammatici dal 1969 al 1984».
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