martedì 22 settembre 2015

Dopo la Direzione nazionale, raggiunto un accordo politico nel PD sulla riforma del Senato

L’accordo politico c’è, come poi si tradurrà in disposizione legislativa si vedrà. Da Pier Luigi Bersani (che al Corriere parla di “ritorno al metodo Mattarella”) a Roberto Speranza (“Voglio vedere i testi ma è un passo avanti”) a Gianni Cuperlo nel suo intervento di ieri in Direzione, arrivano parole che lasciano capire che il più è fatto: la Direzione di ieri, non a caso, si è conclusa senza voti contrari alla relazione di Matteo Renzi. “Sì, Renzi ha aperto e la minoranza lo ha colto”, sintetizza Davide Zoggia, che non ha dubbi sul fatto che “il clima è cambiato”.
Da un esponente della minoranza era tempo che non si sentivano ragionamenti così in sintonia con quelli del segretario-premier. Certo, l’intesa “va blindata” ma pare proprio che l’accordo regga: “I 25 senatori della sinistra sono persone serie, starà ora a Zanda e all’ufficio di presidenza del gruppo trovare la mediazione nel merito, ma è chiaro che il fatto che non si sia rotto in Direzione rende il percorso istituzionale molto più facile. L’importante era l’accordo politico, che ora va consolidato”.
E’ stata una storia tortuosa e lunga quella della modalità di nomina dei nuovi senatori. Con la sinistra che ne reclamava l’elezione diretta e Renzi fermo sulla elezione di secondo grado: non era lana caprina ma nemmeno la messa in discussione della democrazia italiana, come nel fuoco della polemica è parso essere. “Per noi il punto è che i cittadini possano esprimere la loro volontà, e che poi i consigli regionali ratifichino e designino non mi spaventa…”, dice Zoggia.
Tanto rumore per nulla? Si ragionerà su chi ha vinto di più e chi di meno: come in tutti i compromessi, ognuno ha rinunciato a qualcosa.
Il PD, secondo Zoggia, esce da questa prova “più forte”: cosa per lui tanto più necessaria in un contesto generale segnato da una parte dalla “inversione di tendenza” della situazione economica e dall’altra da un “paesaggio politico che resta comunque complesso, con Salvini, Grillo e Berlusconi in campo”.
La vicenda del ddl Boschi insegna quindi che “da adesso maggioranza e minoranza devono parlarsi di più: noi possiamo continuare a fare le nostre proposte – le faremo a partire dalla legge di stabilità – ma in un clima diverso, e sarà chiaro che vogliamo dare un contributo positivo. Ma quando il PD fa il PD i risultati vengono, che è poi quello che dicono i nostri elettori quando ci raccomandano di continuare nell’azione di cambiamento del Paese”.

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