sabato 19 settembre 2015

Ricordando Bulow

Ravenna, 4 febbraio 1945, piazza Garibaldi - Arrigo Boldrini riceve la medaglia d'oro al VM dal generale Mc Creery, comandante dell'VIII Armata Briitannica, per aver guidato vittoriosamente la battaglia delle Valli.In quella stessa piazza, la sera dell'8 settembre 1943, alla notizia dell'Armistizio, il giovane tenente Arrigo Boldrini momentaneamente a Ravenna in licenza, si era recato al bar della piazza attigua per incontrare alcuni amici antifascisti. Ma una folla cominciò a concentrarsi in questa piazza; allora sollecitato dai conoscenti Boldrini salì sul monumento a Garibaldi e tenne un breve discorso per invitare tutti a non credere nella fine della guerra, ma a prepararsi invece contro l' imminente invasione tedesca. Intervenne la polizia per disperdere i dimostranti e solo la prontezza dell'operaia Lina Vacchi riuscì a sottrarlo all'arresto fuggendo sulla propria bicicletta. Dopo 11 mesi Lina Vacchi sarà impiccata per rappresaglia dai fascisti al Ponte degli Allocchi e dopo 17 mesi, su questa stessa piazza da cui era fuggito, Arrigo Boldrini riceverà la Medaglia d'Oro al V.M. dal generale McCreery comandante dell' VIII Armata britannica. Sarà la prima medaglia d'oro al V. M. concessa ad un partigiano vivente.
 Il 15 settembre scorso, la Camera dei Deputati ha ricordato il centenario della nascita di Arrigo Boldrini, il mitico Bulow, comandante della 28ma Brigata Garibaldi "Mario Gordini"
Riportiamo di seguito alcuni stralci dell'intervento del Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano.

"Ma quale fu, in un uomo di quasi trent’anni come Boldrini, non coinvolto in una maturazione intellettuale come quella di non pochi giovani della sua generazione, l’impulso che gli fece rompere ogni indugio e lo spinse – nell’Italia in pieno marasma dell’8 settembre – a gettarsi nella mischia?
E mi si consentirà di dire come in questo senso siamo in presenza di un esempio importante per comprendere il processo ancor oggi indagato e discusso della confluenza di diverse componenti nella Resistenza. E’ stato, specialmente dopo la pubblicazione del libro di Claudio Pavone (Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza), acquisito e sottoposto a verifica tra molteplici accentuazioni e dissensi, il concetto delle “tre guerre”. 


La Resistenza come guerra patriottica, guerra civile e guerra di classe. Si giunse a un dato momento quasi a un referendum pro o contro la tesi della guerra civile, e il primo a deplorarlo è stato proprio Pavone fornendo tra l’altro seri chiarimenti sullo stesso modo di intendere quella contestata espressione. E insieme con i suoi interventi, sono stati di recente raccolti – e concorrono a nuove riflessioni – quelli, relativi alla stessa materia, di Norberto Bobbio. Da quest’ultimo, oltre che obiezioni e distinzioni sull’uso del termine “guerra civile” o del termine “guerra interna”, la formula delle tre guerre viene riferita alla possibile identificazione, in ciascun caso, della figura del nemico o anche dei soggetti combattenti e protagonisti della Resistenza. Egli li cataloga rispettivamente come “movimento patriottico costituito in gran parte da militari rimasti fedeli al Re”, “movimento antifascista guidato da élites intellettuali”, “movimento rivoluzionario appoggiato dal partito comunista”. Ma in quest’ultima tripartizione, piuttosto tagliata con l’accetta, dove mai si potrebbe collocare la figura di Boldrini? E possono egualmente separarsi schematicamente gli obbiettivi di ciascuna delle “tre guerre” ?
In realtà la figura del giovane Arrigo Boldrini e l’esempio della sua adesione e fulgida partecipazione alla Resistenza ci inducono a una visione più duttile e ricca. E’ lo stesso Pavone ad aver scritto: “Il criterio delle tre guerre attraversa orizzontalmente la realtà resistenziale, e cerca di individuare elementi che in misure e combinazioni sono presenti in più formazioni, se non sempre in tutte, e sono entrati a far parte di quello che si potrebbe chiamare il senso comune resistenziale.” E Arrigo Boldrini fu certamente guidato dall’impulso della liberazione della sua terra e di tutta l’Italia occupata, si ispirò a questa motivazione pur non potendosi considerare un militare di sentimenti monarchici sol perché diventato ufficiale, richiamato alle armi e inviato sul fronte jugoslavo peraltro trattenendovisi solo per brevissimo tempo. Agiva certamente in lui anche la componente del senso della lealtà verso lo Stato legittimo e verso le forze armate nel quadro di un approccio autenticamente nazionale all’impegno nella Guerra di Liberazione. Un valente giornalista e scrittore, Aldo Cazzullo, nella rappresentazione non solo appassionata ma esaustiva e obbiettiva che in un suo recente libro ha dato degli “uomini e donne della Resistenza”, delle loro storie e delle loro gesta, senza rimuovere alcun punto oscuro, ha collocato Boldrini in una sorta di categoria – quella dei “comunisti patrioti” – su cui mi sentirei per la verità di avanzare qualche dubbio o obiezione.

Ma possa o no Boldrini collocarsi in una speciale “categoria”, egli fu certamente grande patriota, senza che si possa per ciò stesso pensarlo in contraddizione con la sua adesione al PCI o con l’orientamento generale di quest’ultimo. Ci dice in definitiva lo stesso Pavone: “L’unità della Resistenza, attorno alla quale è corsa tanta retorica, potrebbe forse essere recuperata come comune, ma differenziata, aspirazione a dar vita a un uomo libero e moralmente non in contraddizione con sé stesso, quale che fossero i contenuti, anche molto diversi, con i quali l’immagine del futuro veniva riempita.” E possiamo ben dire, 70 anni dopo, che il futuro più durevole scaturito dalla Resistenza, non solo per gli italiani, è il processo di integrazione europea, nonostante le contraddizioni e i travagli che oggi sta vivendo. Delusi, e radicalmente critici, per l’esito della Resistenza rimasero solo coloro che “l’immagine del futuro” – per dirla con Pavone – riempirono con una velleitaria prospettiva di rottura rivoluzionaria. Ad essi, Bobbio così si rivolse nel 1992 : “Grazie alla Resistenza, il popolo italiano, a poco più di un anno dalla fine della guerra, poté scegliere il proprio destino in libere votazioni, con il referendum istituzionale prima, con le elezioni alla Costituente, poi, onde nacque la Costituzione repubblicana, discussa e approvata da uomini la cui stragrande maggioranza rappresentava i partiti antifascisti. La Costituzione fu anche prova suprema della pacificazione fra i partiti che avevano combattuto insieme un nemico comune pur divisi sulle prospettive del futuro.” Ecco definito con semplici e concrete parole di verità il debito storicamente incancellabile di gratitudine che l’Italia ha contratto e conserva verso la Resistenza, verso i suoi caduti, verso tutti i suoi artefici, tra i quali in primo piano Arrigo Boldrini, verso tutte le sue componenti – i militari che rifiutarono la resa dopo l’8 settembre, le ricostituite forze armate italiane, gli antifascisti storici, le formazioni partigiane di ogni tendenza, la popolazione solidale con i combattenti della libertà. E il nostro, sempre attuale debito di gratitudine, siamo chiamati a onorarlo rendendo omaggio a figure come quella di Boldrini-Bulow, e assolvendo il dovere di raccontare la Resistenza e di riflettere sulla Resistenza. E’ il dovere che abbiamo nei confronti dei giovani e che l’omaggio a Boldrini ci ha oggi aiutato a compiere."

***

Arrigo Boldrini "Bulow"

Nato a Ravenna il 6 settembre 1915, scomparso nella stessa città il 22 gennaio 2008, Presidente Nazionale dell'ANPI dalla sua fondazione e sempre rieletto fino al 14° Congresso (febbraio 2006). Alla sua scomparsa, nell'ANPI, ricopriva la carica di Presidente Onorario. Prima Medaglia d'Oro al valor militare della Resistenza e pluridecorato dall'Italia e da altri Stati combattenti contro il nazifascismo.


Le operazioni belliche erano ancora in corso quando, il 4 febbraio 1945, il generale Mac Creery, comandante dell'VIII Armata, appuntò sul petto del "comandante Bulow" (questo il nome di battaglia di Boldrini) la Medaglia d'Oro al valore militare. La cerimonia si svolse sulla piazza di Ravenna, liberata proprio dalle formazioni di Bulow che, da quel momento, si sarebbero unite alle armate anglo-americane sino alla resa totale dei nazifascisti. Boldrini fu decorato perché ideatore e guida esecutiva del piano operativo militare che portò alla liberazione di Ravenna, evitando alla città distruzioni e bombardamenti, che avrebbero causato gravi pericoli anche al suo enorme patrimonio artistico, oltre che alla popolazione civile.

Impossibile dire di Boldrini in poche righe, a cominciare dall'educazione all'amore per la libertà ricevuta dal padre - popolare figura di internazionalista romagnolo - sino alle sue gesta nella Resistenza e all'attività politica e parlamentare nel dopoguerra. Ci hanno provato Silvia Saporelli e Fausto Pullano in un bel documentario presentato il 6 ottobre 1999 nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. Erano presenti i Presidenti di Camera e Senato e seduto in prima fila c'era proprio "Bulow". «Un uomo di pace che - sottolineò in quell'occasione l'allora Presidente Mancino - ha sempre onorato la Patria, il Parlamento e la sua parte politica». Lo ha evidenziato anche Cesare De Simone, nel suo libro Gli anni di Bulow.

Eletto al primo Parlamento democratico nel 1945 (la Consulta Nazionale) poi alla Costituente, quindi al Parlamento italiano (del quale fu Vice Presidente dal 1968 al 1976) fino al 1994 (anno del suo volontario ritiro), Boldrini ha ricoperto nell'ANPI, per oltre 60 anni, la carica di Presidente Nazionale. E' stato inoltre Presidente della Fondazione CVL (Corpo Volontari della Libertà) dal 1991 al 2008.

Scrisse a suo tempo Gian Carlo Pajetta: «È un eroe. Non è il soldato che ha compiuto un giorno un atto disperato, supremo, di valore. Non è un ufficiale che ha avuto un'idea geniale in una battaglia decisiva. È il compagno che ha fatto giorno per giorno il suo lavoro, il suo dovere; il partigiano che ha messo insieme il distaccamento, ne ha fatto una brigata, ha trovato le armi, ha raccolto gli uomini, li ha condotti, li conduce al fuoco».

Riuscì a realizzare un'esperienza quasi unica di lotta partigiana in pianura conquistando con i suoi partigiani il sostegno di centinaia di famiglie contadine, di operai, braccianti, settori del ceto medio urbano, gruppi di studenti ed intellettuali, alcuni sacerdoti e tanti ex militari. Uomo di provata moderazione, fu sempre impegnato a porre freni agli eccessi d'ogni genere in guerra e nella vicenda politica post-bellica. Reiteratamente accusato da ambigui detrattori di qualche responsabilità in una tragica vicenda di fine guerra, non venne mai soggetto ad alcun procedimento giudiziario perché estraneo a queste illazioni. Così come mai venne coinvolto per fatti post-bellici.

Fu membro dell'Unione Europea Occidentale e pieno sostenitore della coesistenza pacifica, dell'integrazione europea oltre che dello sviluppo della democrazia e delle libertà in Italia, in tutta Europa ed in quei Paesi oppressi da regimi dittatoriali e coloniali. Convinto sostenitore dell'inscindibilità del nesso fra democrazia e socialismo, in tempi assai precedenti la caduta del muro di Berlino, ebbe il coraggio politico di affermarlo in casa loro con gli establishment sovietici, cubani, cecoslovacchi, polacchi, ungheresi, cinesi e jugoslavi. Aiutò la resistenza portoghese, spagnola, cilena, greca, argentina, uruguaiana, iraniana contro le rispettive dittature. Sostenne la causa indipendentista algerina (fu a Tunisi) e vietnamita (fu ad Hanoi) e quella nazionale curda, di Mandela e palestinese.

Nel corso della sua lunga esperienza parlamentare, quale Padre costituente, si batté sempre per l'applicazione della Costituzione, difendendola in più fasi come ai tempi della grave crisi politico-istituzionale del 1960, del cosiddetto tentativo di colpo di Stato del 1964 e del terrorismo politico degli anni '70 e '80.

Esperto apprezzato di questioni militari ed internazionali pubblicò diversi libri. Quale membro delle Commissioni Difesa di Camera e Senato (della quale fu anche Vice Presidente) fu sempre molto attivo ed operoso nella democratizzazione di tutte le istituzioni della difesa, militari e civili, e per la loro razionalizzazione (dalla riduzione della ferma, alla riforma dei servizi segreti ecc.). Fu insomma uomo di punta e di frontiera democratica, "uno dei fondatori riconosciuti della Repubblica, dedito alla causa della libertà e dell'indipendenza nazionale" (come è stato detto durante la celebrazione di Boldrini al Senato e alla Camera dei Deputati).

Al 14° Congresso nazionale dell'ANPI - che si è tenuto a Chianciano Terme dal 24 al 26 febbraio 2006 - per la prima volta dalla costituzione dell'Associazione che ha sempre guidato, non era presente. Motivi di salute gli hanno impedito di partecipare all'assemblea che lo ha acclamato Presidente onorario. Presidente è poi stato eletto Tino Casali, già Vice Presidente Vicario.
Tra i tantissimi messaggi di cordoglio - molti quelli istituzionali - pervenuti al figlio di Bulow, Carlo, va ricordato quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Arrigo Boldrini, il coraggioso "comandante Bulow" della Resistenza, diede continuità ai valori e agli ideali della lotta di liberazione dal nazifascismo, partecipando con appassionato impegno ai lavori dell'Assemblea Costituente e quindi del Parlamento in numerose legislature, sempre ispirandosi alla piena affermazione dei principi e dei valori sanciti dalla Carta fondamentale della Repubblica. In questo triste momento vorrei ricordare anzitutto l'amico sincero, dal tratto umano sensibile e aperto, con cui ho condiviso importanti momenti di comune impegno democratico. E rappresentare la gratitudine dell'intero Paese per il prezioso patrimonio di dedizione alla causa della libertà». Molte furono le attestazioni provenienti dall'estero  fra queste l'ambasciata d'Israele e un lungo e positivo articolo sul quotidiano più prestigioso di Gran Bretagna: The Times.

Il testamento ideale di "Bulow" può essere riassunto con le sue stesse parole: «Abbiamo combattuto per la libertà di tutti; per chi era con noi, per chi non c'era ed anche per chi era contro. Tutti i morti meritano rispetto ma non si possono confondere i combattenti della libertà e quanti scelsero la dittatura».

Nell'ottobre 2008 è stato ristampato il suo originale diario di guerra dal titolo Il diario di Bulow edito da Odradek.

Motivazione della Medaglia d'Oro al VM
La medaglia venne conferita a Boldrini durante le operazioni belliche, in una grande manifestazione pubblica sulla piazza di Ravenna, personalmente dal generale Mac Creery, comandante dell'VIII Armata britannica, il 4 febbraio 1945.

Dice la motivazione della Medaglia d'Oro conferita ad Arrigo Boldrini: «Ufficiale animato da altissimo entusiasmo e dotato di eccezionale capacità organizzativa, costituiva in territorio italiano occupato dai tedeschi due brigate di patrioti che guidava per più mesi in rischiose e sanguinose azioni di guerriglia. Nell'imminenza dell'offensiva alleata nella zona, sosteneva alla testa del propri uomini e per più giorni consecutivi, duri combattimenti contro forti presidi tedeschi, agevolando così il compito delle armate alleate. Successivamente, con arditissima azione, costringeva il nemico ad abbandonare un'importante località portuale adriatica che occupava per primo. Benché violentemente contrattaccato da forze corazzate tedesche e ferito, manteneva le posizioni conquistate, contrastando con inesauribile tenacia la pressione avversaria. Si univa quindi con i propri uomini alle armate anglo-americane, con le quali continuava la lotta per la liberazione della Patria».

Nessun commento: