martedì 27 ottobre 2015

NOTE CASOLANE - La mia esperienza ne "Il Compagno" e ne "Il Senio"

 di Giorgio Sagrini (AltaVallE”, maggio 2001)

Il Senio” nasce nel maggio del 1982. L’idea di riprendere le pubblicazioni di una “rivista locale” covava da tempo. Almeno da quando, nel 1976, cessarono le pubblicazioni di un altro importante giornale locale, espressione diretta dei comunisti casolani, "Il Compagno".  Si trattò, in quel caso, di un’esperienza decisiva non solo per il valore giornalistico del prodotto, che era attento soprattutto all’informazione politica (non a caso aveva come sottotitolo “Organo della Sezione PCI ‘Aurelio Acerbi’ di Casola Valsenio”), quanto per il valore che ebbe nel preparare e nel formare il nuovo gruppo dirigente della Sezione.
Il primo numero de "Il Compagno" uscì il 1° Maggio 1973, proprio all’indomani del Congresso di Sezione che segnò una vera e propria svolta nella composizione del gruppo dirigente e nella struttura del PCI casolano.
Di quella svolta il giornale seppe essere contemporaneamente l'effetto e la causa. Entrarono nel Partito compagni che poi avrebbero ricoperto importanti incarichi politici e amministrativi; ricordo, tra gli altri, Gianpaolo Sbarzaglia, Paolo Cavina, Fabio Piolanti e, tra i più giovani, Leo Iseppi.

E ricordo una FGCI che stava anch’essa aprendosi a adesioni che provenivano da esperienze culturali e sociali diverse da quelle a cui aveva fino ad allora fatto più diretto riferimento. Non più solo giovani operai, braccianti o coltivatori, ma anche giovani studenti che andarono a ingrossare le fila di una organizzazione che a metà degli anni ’70 aveva a Casola più di 60 iscritti.
Nel 1973 il PCI di Casola raggiunse il numero ragguardevole di 400 iscritti: era il segno di una forte ripresa organizzativa e politica, per la quale lavorò con grande impegno e capacità di dialogo con i più giovani, l’allora Sindaco di Casola, Amleto Rossini, affiancato dal “nuovo” segretario del Partito, Pietro Bellini.
Fu, quella de “Il Compagno”, una esperienza breve ma intensa che si interruppe quando una parte di coloro che vi avevano preso parte, dopo il 1975, entrando in Amministrazione, rivolse pressoché esclusivamente il proprio impegno all’attività amministrativa.
Anch’io, che a quella esperienza avevo partecipato – quando iniziammo avevo 17 anni – mi ritrovai, subito dopo la maturità, alle prese con una esperienza del tutto nuova, nella CGIL di Casola e Riolo nel Sindacato dei braccianti e dei mezzadri, limitando non poco la possibilità di occuparmi, come prima, del giornale.
Era un impegno notevole. Ricordo che io e Sbarzaglia (io frequentavo il Liceo Scientifico a Faenza e lui lavorava al Casello dell’Autostrada a Imola) dedicavamo gran parte (per non dire tutto) del nostro tempo libero al giornale. Ci vedevano quasi tutti i giorni in Sezione per “farlo”, il giornale: riunire la redazione, discutere del sommario, assegnare gli articoli, batterli a macchina sulle matrici da ciclostile, rimediare agli errori di battitura con pennellate di “correttore”, ciclostilare le pagine, andare a Riolo alla Tipografia di Graziano Eleni a ritirare la copertina che veniva stampata su cartoncino colorato per dare al giornale un aspetto più “elegante”… E poi l’impaginazione: i pacchi delle pagine allineati sul tavolo e il girotondo a raccogliere un foglio alla volta da ogni pacco per confezionare e poi cucire il giornale. Un’operazione, questa, che vedeva sempre la partecipazione di 15/20 persone, per preparare le 400/500 copie di tiratura.
Copie che venivano poi vendute, con il porta a porta, in abbonamento e in edicola.
Si cominciò con il ciclostile Gëstetner, con i titoli scritti con i normografi e i testi battuti con macchine da scrivere meccaniche (avevamo anche due vecchissime Olivetti).
Con il risultato delle vendite, che - con la pubblicità - copriva le spese, riuscimmo a comprare un nuovo rullo per il ciclostile per stampare in due colori (!), un “riproduttore elettronico” usato, che comprammo da Don Angelo Figna e che serviva a riprodurre disegni e foto su particolari matrici di plastica e, infine, una macchina da scrivere elettrica, anche quella usata, perché nuova aveva un prezzo per noi proibitivo.
Andammo avanti così fino a metà 1976, riuscendo – finché fu possibile – a uscire regolarmente ogni mese, dodici volte l’anno!
Poi la fine delle pubblicazioni, e – a seguire – un periodo di intenso dibattito, nel PCI, dove il confronto anche aspro sul ruolo e la collocazione del partito a livello locale, si incrociava con un confronto generale, ben più impegnativo e pregnante, sul ruolo e la collocazione nazionale e internazionale dei comunisti italiani.
Quel dibattito, quei contrasti, quel lungo travaglio che durerà un decennio e diventerà più forte dopo la morte di Berlinguer, troverà soluzione solo nel 1991, con la nascita del PDS e la scissione di coloro che avrebbero dato vita al PRC.
In quel clima una parte di noi prese l’iniziativa e, non senza contrasti all’interno del Partito, riuscì, nella primavera del 1982 a concretizzare un progetto editoriale del tutto nuovo e originale, sia rispetto alla precedente esperienza de “Il Compagno” e sia rispetto all’altra esperienza giornalistica, quella de “Lo Specchio”, che dalla metà degli anni ’60 e senza interruzione si stampava a Casola.
Con la nascita de “Il Senio” nasce non più un “giornale politico” ma un giornale di informazione locale che pure mantiene una evidente ed esplicita collocazione a sinistra, con più spazio alle notizie ma anche – grazie a nuove tecnologie di stampa – alle immagini e una maggiore attenzione all’approfondimento e alla rappresentazione delle diverse articolazioni della realtà locale.
Era un altro modo di intendere il rapporto con la società, di intendere il ruolo della politica e che – se possibile – marcava ancora di più la distinzione con chi, nel PCI, sosteneva una prassi diversa.
Non fu casuale la scelta di darsi una sede esterna alla Sezione (affittammo una stanza in Via Fondazza), e nemmeno fu casuale la scelta del nome del giornale che voleva, da un lato, evitare ogni diretto riferimento politico a favore del carattere informativo che gli si voleva dare e, dall’altro, marcare immediatamente il carattere sovracomunale e di vallata che si voleva fargli assumere.
Per me e per noi, fare quel tipo di giornale era anche un modo nuovo di fare politica: “Il Senio” era il luogo dove si proponevano idee, progetti, si dava conto dell’impegno e della voglia di fare di associazioni e organizzazioni, realtà organizzate e istituzioni, rispetto alle quali era da tempo venuta meno la necessità della mediazione della politica o del partito. 
Si realizzava nel giornale un dialogo nuovo con la società diverso dalla concezione solo pedagogica dell’informazione e della politica che aveva segnato l’esperienza precedente. Si realizza così uno strumento di informazione, non rinchiuso nella politica, ma aperto a ogni aspetto della vita sociale; almeno questa era l’intenzione che, credo, sia stata in gran parte colta.
Ma “Il Senio” è stato anche altro. E’ stato l’occasione per fare maturare una comune identità territoriale, per favorire rapporti di collaborazione e integrazione che andassero oltre i vecchi campanilismi o municipalismi. Voleva essere e, per un intero periodo seppe essere,  giornale di vallata, sentito come proprio da ogni comunità.
Ed è stato luogo di incontro, di confronto e di dibattito per la sinistra, ma aperto anche ad altre forze con le quali – penso particolarmente a quelle cattoliche – il dialogo risultava ancora difficile e viziato da condizionamenti ideologici.
E’ forse di questa difficoltà che più hanno risentito i rapporti con l’altro giornale stampato a Casola, “Lo Specchio”, che faceva riferimento all’area cattolica genericamente intesa, in tutte le sue diverse articolazioni, e che era diretta espressione dell’Agesci casolana.
Il dato più rilevante non è stata la contrapposizione tra i due giornali, le polemiche o i contrasti che venivano ospitati sulle loro pagine, quanto invece la scarsa propensione – reciproca – al dialogo, a parlarsi. La verità è che più che polemizzare ci si ignorava: ognuno parlava ai “suoi” e poco importavano le ragioni degli altri.
Questo dato era vero soprattutto con “Il Compagno”, ma faticammo non poco a superarlo anche ne “Il Senio”, e non fu solo per responsabilità nostra.
Con “Il Senio”, a dimostrazione che l’intuizione del giornale di vallata era giusta, raddoppiammo la tiratura de “Il Compagno” arrivando fino a 800 copie, diffuse nelle edicole e in abbonamento.
Già dal secondo anno si arrivò alla costituzione di tre redazioni, a Casola, a Palazzuolo e, con qualche difficoltà in più, a Riolo.
Ricordo con piacere il rapporto di collaborazione e di amicizia che stringemmo a Palazzuolo con Walter Visani, Alfredo Menghetti, Anna Lacchini, Gigliola Biagi e, a Riolo Terme con Francesco Rivola e Gaspare Mirandola.
La raccolta pubblicitaria e degli abbonamenti era affidata a ogni redazione.
Si cominciò con i testi battuti con la macchina da scrivere elettronica (quella con i caratteri su “margherita”) e poi fotografati per la stampa, che veniva fatta non più “in casa” ma in tipografia.
Con “Il Senio” sperimentammo poi le prime tecniche di elaborazione dei testi al computer: battevamo i testi usando il programma wordstar, uno dei primi programmi di elaborazione testi, e poi alla Galeati a Imola li trasformavamo in lunghe striscie in carattere tipografico che tagliavamo e incollavamo sul modello di pagina che veniva poi fotografata per la stampa. Si trattava di un lavoro di parecchie ore che oggi è superato dalla più veloce e pulita “videoimpaginazione”. Dal 1982 al 1991, quando cessarono le pubblicazioni, abbiamo seguito – sapendoci adattare ai vari cambiamenti – la rapida evoluzione dell’informatica applicata all’elaborazione dei testi. E abbiamo potuto farlo perché il giornale, oltre ad autofinanziarsi, ci assicurava le risorse necessarie a qualche investimento, permettendoci addirittura di attrezzare – sul finire degli anni ’80 – una stazione televisiva, “Antenna 306”.
Tra il 1990 e il 1991, l’esperienza de “Il Senio” si esaurisce. E forse non è casuale: quello che si compie in quel periodo è un passaggio forte, denso di significati. Per la prima volta la sinistra casolana va all’opposizione, subendo una bruciante sconfitta dovuta più che ai meriti degli “avversari” di allora alle insufficienze e ai limiti di entrambe le componenti che convivevano all’interno del PCI; in quegli stessi anni, poi, finisce la storia del PCI e ne inizia una nuova, che impone a tutti – nella sinistra – l’esigenza di ripensare criticamente al proprio modo di essere e di stare nella società.
Sono stati, gli anni ’90, anni di ricostruzione politica e organizzativa, anni che hanno ridefinito gli assetti politici e la struttura delle alleanze, ridefinito il ruolo dei partiti e, in questo contesto, della sinistra e del nuovo centro-sinistra.
(...)


PCI - Partito Comunista Italiano
PDS - Partito Democratico della Sinistra
FGCI - Federazione Giovanile Comunista Italiana
AGESCI - Associazione Guide e Scout Cattolici

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