venerdì 30 ottobre 2015

Venerdì 30 ottobre: bilancio della Festa de l'Unità 2015 di Casola Valsenio e presentazione del libro "Mo' la mastella", dedicato alle Feste de l'Unità della Romagna Faentina

Nella serata di venerdì 30 ottobre, alle ore 20.30 nella sala "Nolasco Biagi" della Biblioteca comunale, verrà presentato il libro "Mo’ la mastella - A spasso tra i volontari delle Feste de l’Unità nella Romagna faentina di oggi". Il libro, voluto dai Circoli PD di Casola Valsenio, Castel Bolognese, Riolo Terme, Faenza, Bisighella, è dedicato ai tanti volontari che con impegno e passione proseguono la storia settantennale delle Feste de l'Unità.
Il libro verrà presentato dagli autori, Stefano Damiani e Paolo Martini.

Nella stessa serata, il Segretario del Circolo PD, Marrco Unibosi, presenterà il bilancio della Festa de l'Unità 2015 di Casola Valsenio.

"Mo’ la mastella - A spasso tra i volontari delle Feste de l’Unità nella Romagna faentina di oggi"
Curatori: Stefano Damiani - Paolo Martini
Formato: 17x24 centimetri
Pagine: 64
Confezione: brossura
Prezzo di copertina: 10 euro
ISBN: 978-88-6942-015-3
Lingua: italiano
Data di edizione: ottobre 2015

Il libro
Questo libro racconta di un’estate vissuta fra gli stand delle otto Feste de l’Unità organizzate sul territorio dei Comuni dell’Unione della Romagna faentina.
Un viaggio fra volontari, tortellini, bicchieri di Sangiovese e una passione mai sopita: la politica.
Una manciata di racconti che descrivono con un sorriso una tradizione che ogni anno si rinnova.

Gli autori
PAOLO MARTINI vive e lavora a Faenza. Con Roberto Pozzi ha curato Il Circo della Pace, edito da Mobydick. Con Stefano Damiani è autore di Giallo Smalvito, Carta Bianca Editore.
STEFANO DAMIANI lavora come educatore in un nido d’infanzia. Vive a Faenza e ha girato la Romagna correndola in lungo e in largo. È coautore di Giallo Smalvito, racconto ambientato a Bagnacavallo.

Dare una mano alla Festa era un privilegio, per noi bambini.
Era segno di considerazione, era sentirsi importanti, utili. Si cominciava così, insieme al babbo, alla mamma, a frequentare la Festa.
Si conoscevano tante persone, straordinarie, ricche di umanità e dedizione. Di anno in anno si cresceva con loro, si diventava parte di quella comunità di uomini e donne, di ogni età, che faceva vivere la Festa, che dedicava se stessa a un’idea, a un partito, a un modo di pensare, di intendere la società e il rapporto tra gli individui.
Non era un modo di fare politica serioso: era allegro, gioioso.
La Festa de l’Unità è stata per tanti anni un modello di ritrovo popolare unico e originale, capace di tenere assieme la gastronomia, il ballo, il divertimento e la politica; capace di coinvolgere un largo pubblico, molto più ampio di quello pur grande che si riconosceva nel PCI e nella sinistra.
Ed è stata, la Festa, luogo di formazione politica e organizzativa per tanti che, poi, avrebbero assunto più dirette responsabilità nel gruppo dirigente del partito e nel governo locale.
È stato così per tanti di noi e anch’io ne sono testimone.
Della Festa de l’Unità di Casola ho conosciuto e apprezzato l’evoluzione e la capacità di mantenersi fedele alla sua originale impostazione. Erano i primi anni ’60 quando andavo alla Festa di Casola, dietro al Municipio, sul serbatoio della Gilera 150 di mio babbo, o con mia mamma a fare i cappelletti, giorno per giorno.
Poi gli anni ’70, la FGCI, il servizio ai tavoli con gli altri ragazzi, Scarambò che montava le strutture in legno, il Sindaco Rossini che ci faceva lavorare alla preparazione dei numeri della pesca, Mengo alla biglietteria del ballo nell’arena del CRAL, e poi Pierino di Paderna che della Festa era l’organizzatore, Pistombrél, la Fina, ‘e Spuslì, Medea, Mina di Medardo, la Nerona...
Nei primi anni ’80 la Festa cambia collocazione e diventa più grande. Alla bocchetta della distribuzione ci sono Omero e Medardo, Armo alla cassa volante e, con loro, la nuova leva degli amministratori locali.
L’arrivo degli anni ’90 coincide con grandi cambiamenti, la sinistra adotta nuovi simboli e denominazioni, cerca di interpretare e orientare la nuova fase che si è aperta in Italia e in Europa, ma senza perdere il suo tratto popolare che, nelle Feste de l’Unita, continua a trovare una delle sue migliori e più autentiche espressioni.
Ne è un esempio la grande Festa comunale de l’Unità di Faenza, nella quale sul finire degli anni ’80 e per buona parte degli anni ’90 ho avuto dirette responsabilità, come ultimo segretario del PCI e primo segretario del PDS di Faenza.
È stata per tanti anni il più grande evento faentino, uno dei principali della provincia e della Romagna, per dimensione, durata e affluenza di pubblico. Prima per il PCI poi per il PDS, era il luogo privilegiato di incontro con la città, che si riversava nel Centro fieristico di via Risorgimento - in piazzale Aldo Moro - affollando gli stand e i padiglioni, la grande arena degli spettacoli, la balera, la discoteca, i bar, il piano-bar, i tanti ristoranti, la libreria, la tombola, gli spazi commerciali, la pesca gigante, la pesca delle piante. A testimonianza di quanto fosse straordinaria l’affluenza, ho in mente le migliaia di persone che assistevano al tradizionale spettacolo pirotecnico di inaugurazione della Festa, con le auto parcheggiate fino a Pieve Ponte e le biciclette appoggiate ovunque.
Una simile massa di persone, così stipata in un’area così grande, l’ho rivista raramente; e la Festa non era meno affollata anche in altre serate, quando sul palco dell’arena si esibivano gli artisti, i cantanti e i complessi musicali più affermati del momento. Su quel palco sono passati i grandi protagonisti della canzone italiana, me ne sono reso conto, a distanza di anni, rivedendo i manifesti della Festa esposti su un’intera parete della tipografia dove li stampavamo.
Dei tanti che hanno reso possibile quell’evento straordinario ho un ricordo bellissimo e incancellabile. Citarli tutti sarebbe impossibile ma a tutti e a tutte loro voglio esprimere riconoscenza, perché è il loro lavoro, la loro dedizione che ha fatto crescere la sinistra, ne ha fatto una sinistra genuinamente popolare, né elitaria né salottiera; ne ha fatto una sinistra meritevole di credibilità e fiducia.
Ricordo i visi affaticati ma anche le espressioni di allegria di quei volontari, di quelle donne, di quei ragazzi, di quegli operai e braccianti, che dell’evento erano il motore e l’anima.
La storia e l’esperienza delle Feste è un grande patrimonio della sinistra, che oggi vive e si rinnova nel Partito Democratico, con le Feste che si organizzano in centri grandi e piccoli. Questo libro vuole esserne testimonianza, perché anche nel secolo che stiamo vivendo la politica può e deve essere popolare, in forme nuove certo, ma con quella stessa ispirazione che, 70 anni fa, fece nascere le prime Feste de l’Unità.

Giorgio Sagrini
Responsabile Organizzazione PD Emilia-Romagna

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