Eleonora Proni (Segretaria Federazione provinciale PD - Ravenna)
Domani il nostro partito si incontrerà a Roma per decidere cose importanti che riguardano le scelte per il futuro del partito stesso che avranno però un peso anche per il destino del nostro Paese.
Per questo ho ritenuto di dover fissare e condividere le riflessioni e i sentimenti di questi giorni e l’atteggiamento, i pensieri e le attese con i quali affronto questo appuntamento.
Io sono stata eletta pochi mesi fa alla carica di segretario provinciale in una votazione che non ha visto né conflitti né scontri. Non mi sento di rappresentare una corrente o un gruppo ma mi sono presentata come donna di sinistra, con una esperienza amministrativa e con la consapevolezza di trovarmi a guidare un partito ricco perché plurale e capace di discutere.
Per queste ragioni le vicende e le lacerazioni di queste settimane a proposito di linea politica, di leadership e di ipotesi di scissioni le vivo sulla mia pelle come eventi dolorosi e per alcuni aspetti incomprensibili.
Abbiamo da qualche settimana dato il via a una campagna di assemblee in tutti i circoli e io in prima persona, insieme a tanti altri, sono impegnata quasi ogni sera in incontri per ascoltare e capire che cosa pensa e vuole la nostra gente. Devo confessare che nella stragrande maggioranza delle situazioni ciò che emerge è la volontà di affrontare i fatti concreti e i problemi cercando soluzioni vere e non di facciata. Il tema della leadership emerge spesso ma molto più spesso c’è sconcerto per l’estremizzazione e i toni troppo elevati dello scontro che sembrano andare fuori dalla fisiologica dialettica delle posizioni.
Posso dire con certezza che la stragrande maggioranza degli iscritti e dei simpatizzanti che ho incontrato ci chiedono di restare uniti perché nella divisione siamo tutti più deboli e soprattutto lo è la capacità di portare avanti proposte innovative e concrete.
Quello che vedo è che il nostro Paese sta ancora attraversando una fase di crisi sociale, economica e politica che, nonostante lo sforzo del Governo e del Parlamento, ha messo a dura prova la comunità nazionale.
Se poi alziamo lo sguardo lo scenario internazionale che vediamo è scosso da dinamiche prepotenti che spingono verso chiusure e conflitti portatori solo di involuzioni nelle relazioni tra i popoli e nelle dinamiche di sviluppo, oltre che portatori di scontri violenti e sofferenze di interi popoli e di larghi strati della popolazione più fragile.
Mi pare che il male di questo tempo abbia il nome della frammentazione che va crescendo nella società e nella stessa cultura politica, nelle relazioni internazionali tra gli stati, e in quelle interne tra i partiti e dentro i partiti. La frammentazione genera fisiologicamente scontri e conflitti.
Ci si può limitare a prenderne atto e pensare che questa deriva sia inevitabile; la gente che incontro è spaventata ma chiede di reagire. Per fare questo credo occorra umiltà, intelligenza e coraggio per elaborare proposte che contrastino la frammentazione cercando di attivare dinamiche diverse, sintesi superiori che armonizzino interessi e posizioni differenti.
Chi fa politica non può essere fatalista e per me la politica è la capacità di orientare le dinamiche sociali non semplicemente di presentarsi alle elezioni e raccogliere voti.
Credo che la politica sia prima di tutto impegno per il governo, capacità di incidere sulla realtà.
Il Partito Democratico nasce come contrapposizione alla frammentazione, come convergenza di culture, partiti e movimenti e ha alla sua radice l'affermazione della necessità di costruire una casa per i riformisti per progettare e realizzare riforme. Nel suo DNA c'è la ricerca di unità costruita attorno a un riconoscibile progetto da portare al governo grazie alla partecipazione diretta dei cittadini.
Se uso la parola “ricerca” è perché questa deve coinvolgere tutti, non è mai data una volta per tutte ma va ogni giorno reinventata nei modi e nelle forme per interpretare il mutare delle esigenze e delle situazioni. E’ quello che faccio quotidianamente nel mio compito di sindaco
In tutti coloro che hanno ruoli di responsabilità c’è la consapevolezza che, in questo momento decisivo per il destino del nostro popolo, c’è bisogno di costruire una risposta credibile di governo. Credo che questo impegno venga prima di ogni esigenza di differenziarsi. Tutti, nessuno escluso, devono mettersi in discussione, confrontarsi con questa dimensione. Chiunque si riconosca nei valori ispiratori di una sinistra riformista avverte come la responsabilità verso il futuro richieda ora e prima di ogni altra cosa, da parte di tutti, lo sforzo unitario di ascoltare e ricercare insieme idee e progetti.
Credo che il congresso debba servire a questo, a realizzare una ricerca serena e sincera delle migliori soluzioni per il paese e per l'Europa, svolgere un'autentica elaborazione di una credibile e lungimirante linea politica per il governo del prossimo futuro.
In questo non credo proprio ci sia spazio per scissioni nel Partito o per ulteriori frammentazioni del campo del centrosinistra. Sarebbero una sconfitta e il solo parlarne è per me fonte di amarezza. Credo anche che non avere preso sul serio le sensibilità altrui sia stata una colpa grave.
Ma ciò che le persone che incontro nei circoli e nei territori hanno ben chiaro è che il nemico con cui dobbiamo combattere oggi e nel prossimo futuro è il populismo, il qualunquismo, la banalizzazione, la falsa semplificazione dietro i quali si nascondono le peggiori politiche della destra e dell'estrema destra nazionale e internazionale.
Non possiamo permettere che questo prevalga e travolga le conquiste di settant’anni di esperienza repubblicana e i progressi che i nostri padri sono riusciti a compiere.
Non possiamo permetterci di dividerci di fronte a questi problemi e a queste sfide ed è bene che tutti facciano un passo indietro per farne uno grande avanti, insieme.
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