martedì 7 marzo 2017

Da Travaglio a Belpietro, notizie-bufala che non stanno trovando riscontri


Alfredo Romeo
Carmine Fotia (l'Unità, 6 marzo 2017)

Consip, ecco gli “scoop” manettari afflosciati come sufflè

Quello del giornalista manettaro è un bel mestiere: scrivi su un giornale o addirittura lo dirigi, hai un partito trasversale di riferimento in parlamento che va dal M5S alla Lega a un pezzo della sinistra estrema, vendi un sacco di libri, sei onnipresente in tv e ti senti onnipotente (con il contorno ridicolo di qualche piccolo imitatore).

Con certe procure hai un filo diretto tanto da trasformare, è accaduto anche questo, degli interrogatori in teoria coperti dal segreto istruttorio in semi-dirette in streaming. Certo, magari talvolta può capitari qualche incidente di percorso, puoi sputtanare qualcuno che poi risulterà innocente. Se è un povero cristo o un politico non di prima fila, solitamente te ne freghi. Se si tratta invece di un potente che può farti male il discorso cambia.

È accaduto a Marco Travaglio che, lo si apprende da un’intercettazione dell’imprenditore Alfredo Romeo, arrestato per il caso Consip, è stato costretto a un’intervista riparatrice perché si era “dimenticato” di scrivere che nel processo di Napoli sugli appalti pubblici era stato assolto in Cassazione, quindi in via definitiva, citando solo le due condanne nei precedenti gradi di giudizio.

Cose che capitano? Ovviamente. Succede spesso che, per evitare querele e danni economici, ci si accordi per interviste di questo tipo. Tuttavia, permetteteci di sottoporvi qualche domanda che rivela un nuovo volto di Travaglio, che si trasforma da rottwailer ammazzacorrotti in un dolce e gentile agnellino (l’intervista del maggio 2015 è rintracciabile sul sito alfredoromeo.it).

Le domande sono sobrie :”Nulla da rimproverarsi?”, “Lei ha continuato ad aver agganci, molto utili per gli appalti, o la vicenda processuale le ha consigliato relazioni più distaccate”? “Con la legge attuale sulla responsabiltià civile dei magistrati i sui destini giudiziari ed imprenditoriali sarebbero stati diversi?”, “Ritiene che in Italia si faccia abbastanza contro la corruzione, o avrebbe soluzioni da suggerire al governo e al parlamento”, fino alla domanda delle cento pistole: “Lei ha sostenuto Renzi anche finanziariamente. È soddisfatto della sua linea sulla giustizia?”. E qui il duetto si fa alato, perchè Romeo vola alto, citando due colti e raffinati giuristi di sinistra come Pietro Barcellona e Giuseppe Cotturri.

In questa occasione, riferendosi al finanziamento di Romeo alla fondazione Big Bang che fa capo a Matteo Renzi, Travaglio non ha nulla da obiettare, non la contesta, non usa la notizia, come fa oggi, quale prova di un legame sospetto. Insomma, se usassimo il suo linguaggio, più che un’intervista, un lungo e appassionato slurp.

Veniamo all’altro giornalista mozzaorecchie, Maurizio Belpietro, direttore e fondatore del quotidiano La Verità, finanziato indovinate da chi? Ma proprio da Alfredo Romeo, tramite la fondazione Magna Charta di Gaetano Quagliarello :”Si trattava di finanziamenti destinati a un progetto editoriale, che sono andati al quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, La Verità”, dice il senatore al Corriere della Sera. Belpietro risponde che il suo giornale è stato il primo a pubblicare le indiscrezioni sull’indagine che ha inguaiato Romeo e che quindi se anche avesse pensato di poterlo condizionare con quel finanziamento si trattava di speranza vana.

Perfetto, tutto giusto. Dunque, un finanziamento ottenuto da Romeo, uscito pulito da un’inchiesta giudiziaria, non vuol dire che dopo il finanziato gli ha reso dei favori, a meno che non lo si dimostri con atti concreti. Allora, se questa considerazione vale per Belpietro e Quagliarello perché non dovrebbe valere per la fondazione riconducibile a Matteo Renzi?

Veniamo adesso a qualche punto dell’indagine che suscita qualche perplessità. Intanto, l’abbiamo già scritto, la labilità del reato contestato a Tiziano Renzi e Carlo Russo, il traffico di influenze illecite, trasforma in reato quelli che potrebbero essere normali incontri in cui si scambiano opinioni.

In questo caso, però, siamo ben lontani perché Tiziano Renzi smentisce di aver mai conosciuto e incontrato Romeo. L’accusa contesta però un’intercettazione in cui Romeo accennerebbe a un incontro con il babbo dell’ex-premier. Cosa che i difensori dell’imprenditore napoletano hanno smentito asserendo che il loro assistito non ha mai conosciuto né incontrato Tiziano Renzi. Inoltre, affermano che l’imprenditore napoletano è piuttosto una vittima della Consip dalla quale afferma di aver ricevuto molti torti.

A questo punto, siccome viviamo in uno stato di diritto, spetta all’accusa provare il contrario e non bastano confuse intercettazioni, cose riferite per sentito dire, servirebbero prove: un testimone, una foto, un colloquio intercettato tra i due. Funziona così, e non bisogna essere un principe del foro per saperlo.

L’altro aspetto curioso è la famosa cordata che la stampa manettara ha esibito quale prova regina del Grande Accordo Corruttivo: quella tra Tiziano Renzi e Denis Verdini per esercitare pressioni sulla Consip, minacciando il presidente Marroni di fargli perdere il posto se non li avesse assecondati.

Intanto chiariamo che tutto sarebbe avvenuto tramite due intermediari, Carlo Russo per Renzi senior, Ignazio Abbrignani per Denis Verdini. E qui c’è un punto quantomeno bizzarro: il primo, infatti, si sarebbe speso a favore di Alfredo Romeo, mentre il secondo a favore della Cofely, un’impresa francese, concorrente di Romeo. E dunque sarebbe una ben strana cordata quella in cui uno tira da una parte e uno dall’altra.

Non esiste peraltro alcuna prova di concreti passaggi di denaro e come si faccia a corrompere senza denaro o altre utilità è un mistero della fede. C’è solo il famoso pizzino di Romeo su cui c’è scritto: 30.000 e accanto l’iniziale T. che potrebbe stare per Titti, Tony, Tania, e che invece per l’accusa significa Tiziano Renzi.

Ci sono invece i soldi (100.00 euro) nel caso di Marco Gasparri, ex-dirigente Consip reo-confesso. La sua corruzione sarebbe cominciata nel 2012, è il reato più grave per il quale viene arrestato Romeo. Gasparri dice che l’imprenditore partenopeo gli avrebbe detto “che aveva fatto un intervento sui vertici Consip attraverso il massimo livello politico; non mi disse chi era il politico o i politici presso i quali era intervenuto, ma mi disse che si trattava del livello politico più alto”. Frase che non vuol dire assolutamente nulla, ma per i nostri eroi manettari, non può che trattarsi del capo del governo. C’è una qualche prova di un contatto avvenuto? No.

Anzi, dal quadro delle indagini emerge che tutti i tentativi fatti per agganciare l’allora premier vanno a vuoto, tanto che, su input di Italo Bocchino, il suo fidato consigliere che viene dalle file di An, prova a offrirsi qualche nuovo socio dell’Unità. Solo che, a differenza di quanto accaduto con La Verità, la sua proposta viene rifiutata dal tesoriere dem, Francesco Bonifazi.

Un altro presunto scoop ieri è stato demolito da Tiziano Renzi: ricordate Mister X, l’uomo misterioso che avrebbe incontrato a Fiumicino e che l’avrebbe informato di essere sotto intercettazione tanto da indurlo a chiedere a un suo amico di dire a Russo di non chiamarlo e non mandargli altri messaggi? Il papà dell’ex-premier, intervistato dal Corriere della Sera, ne rivela l’identità: “Si chiama Comparetto. È il terzo gestore postale del paese. La sua azienda, la Fulmine Group, riunisce 250 operatori del settore. Non è proprio un Mister X”.

Quindi un normale incontro di lavoro, dal momento che è noto che Tiziano Renzi opera nel campo della distribuzione e delle spedizioni. Difficile che possa essere smentito dal momento che ne fa pubblicamente il nome e che dell’incontro esistono foto. Quindi, la richiesta a Russo di non chiamarlo non c’entra nulla con il viaggio a Roma. Forse, quando parla di “abuso di cognome” il papà di Renzi vuol dire che Russo ha millantato conoscenze, entrature e interventi che non esistono e sta spendendo il suo nome nei suoi contatti con Romeo. E gli fa dire di troncare ogni rapporto perché stanco di tutto questo. È un’ipotesi che regge molto più degli scoop manettari che si afflosciano come soufflè venuti male.

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