Per tutti. Il cuore del nostro impegno per gli italiani sta tutto qua. Nel rendere universale ciò che è stato per troppo tempo solo per qualcuno. Nell’affermare che i diritti, le tutele, le opportunità o sono anche per l’ultimo della fila o, semplicemente, non sono.
IL LINK AL TESTO INTEGRALE DEL PROGRAMMA ELETTORALE: https://www.partitodemocratico.it/wp-content/uploads/1feee884-082e-11e8-b80e-90e2ba021638
Noi, negli ultimi cinque anni, ci siamo impegnati per migliorare l’Italia e siamo orgogliosi del lavoro fatto. Non è stato semplice. Eravamo ancora nel pieno di una crisi che aveva colpito in maniera molto dura le nostre famiglie, le nostre imprese, le nostre comunità. Avevamo vincoli di bilancio troppo stretti, anche dovuti al debito ereditato dal passato. Avevamo un quadro politico e istituzionale frammentato come mai lo era stato. Oggi l’Italia e la sua economia si sono rimesse in moto. Grazie alle famiglie, alle imprese, ai nonni, ai lavoratori, ai ricercatori. Ma grazie anche alle scelte delle istituzioni.
Negare
valore a ciò che un governo o un parlamento fanno (o non fanno) significa
negare ruolo e dignità alla politica. E noi non possiamo permetterlo, perché
crediamo nella politica come forma alta di servizio e come principale antidoto
al populismo. Immaginate che cosa avreste pensato se il Partito Democratico,
cinque anni fa, avesse proposto di introdurre per la prima volta in Italia una
misura universale di contrasto alla povertà. Di introdurre diritti troppo a
lungo attesi, dalle unioni civili al biotestamento. Di abbassare le tasse di 80
euro netti al mese, per sempre, ai redditi medio bassi. Di tagliare l’Irap e
l’Ires alle imprese, grandi e piccole. Di togliere le tasse sulla prima casa
alle famiglie. Di aumentare la quattordicesima e allargare la platea dei
pensionati che la ricevono, dopo anni di tagli agli assegni. Di approvare una
riforma in grado di promuovere il lavoro stabile, di combattere le finte
collaborazioni, di ampliare il sussidio alla disoccupazione e di rimettere in
gioco chi era rimasto senza occupazione. Di tagliare le tasse ed estendere i
diritti alle partite Iva. Di battere ogni record nella lotta all’evasione
fiscale, di raddoppiare gli investimenti in cultura, di aumentare le risorse
per la scuola e l’università, di investire sulla sicurezza del suolo e degli
alimenti, di rendere più dure le pene per corruzione, falso in bilancio, caporalato
e reati ambientali. Di introdurre il processo civile telematico, la
dichiarazione precompilata e la fatturazione elettronica. Di cambiare
l’approccio sul Terzo settore, di rilanciare la cooperazione internazionale.
Nella
migliore delle ipotesi avreste riso dell’ennesima promessa elettorale. Ma queste
riforme le abbiamo fatte, pur nell’alveo di una politica economica che ha
seguito la via stretta e virtuosa tra gli eccessi di una miope austerità e gli
eccessi di una spesa in disavanzo che un Paese con il nostro debito non può
permettersi.
Abbiamo fatto politiche espansive, ma abbiamo ridotto il deficit e stabilizzato il debito. Certo, molto deve ancora dispiegare i suoi effetti, altrettanto deve ancora essere fatto. Ma se cercate un filo rosso, in tutti questi interventi e in tutti gli altri cui abbiamo lavorato, lo troverete nella loro tensione all’universalità, nel cercare passo dopo passo di raggiungere quel “per tutti” che è il nostro obiettivo ultimo.
È
nella medesima direzione, con la stessa ambizione, che vogliamo metterci in
marcia per i prossimi cinque anni. Ancora con impegno, serietà, responsabilità,
competenza. Con la consapevolezza di
chi ha già realizzato tanto, con l’urgenza di chi sa che c’è ancora tanto da
fare e con l’ambizione di chi vuole realizzarlo.
L’orgoglio
per il cammino percorso nell’interesse del Paese non significa
autocelebrazione, non significa accontentarsi. Significa rivendicare che, in
politica, la credibilità delle proposte si misura non sui proclami televisivi,
ma sulla coerenza tra quello che si propone e quello che si è fatto quando si è
avuta la responsabilità di governare.
Il
nostro programma per la prossima legislatura richiede uno sforzo di finanza
pubblica inferiore a quello che siamo stati capaci di mobilitare in questi anni
di governo. Sta lì la sua credibilità. Il PD è la forza tranquilla del
cambiamento. È una comunità di donne e di uomini che, di fronte a un problema,
cerca una soluzione, non partecipa alla caccia al colpevole o allo
scaricabarile di responsabilità. C’è ancora tanto da fare.
Ci
siamo lasciati alle spalle una delle più gravi crisi economiche di sempre,
passando dal meno 1,7% del 2013 al più 1,5% di crescita del Pil nel 2017, ma
non tutti ne hanno beneficiato allo stesso modo, soprattutto tra i giovani, tra
le donne, al Sud. Abbiamo creato più di un milione di posti di lavoro, ma le
retribuzioni sono tra quelle che crescono meno in Europa e ancora troppe
persone sono senza un’occupazione, soprattutto tra chi la cerca per la prima
volta.
Gli
investimenti fissi lordi che continuavano a scendere sono tornati a salire,
così come i consumi e l’export, ma nulla di tutto questo è abbastanza, se
vogliamo garantire un futuro a questo Paese, se vogliamo davvero chiudere
quelle fratture generazionali, di genere, sociali e territoriali che di anno in
anno si sono allargate sempre di più.
Più
forte, più giusta. L’Italia.
Per
farlo, non servono i pensieri e le parole magiche dei venditori di fumo. Robin
Hood all’incontrario che promettono riforme fiscali come la flat tax di Forza
Italia o della Lega, che costa 60 miliardi e destina il 40% dei suoi benefici
al 5% dei contribuenti più ricchi. O illusionisti come il Movimento 5 stelle,
che ritengono di poter sfidare il futuro con l’assistenzialismo di Stato e il rifiuto
della scienza, come nel caso delle vaccinazioni obbligatorie per la prima
infanzia.
Per
farlo, al contrario, servono più lavoro, più Europa e più cultura.
Più
lavoro, perché il nostro Paese, per
crescere davvero, deve essere sempre di più uno dei centri europei della
produzione del bello, del nuovo e dell’utile, un luogo in cui le persone di
ogni parte del mondo sognano di poter vivere e lavorare, in cui l’avanguardia
della tecnologia si sposa col rispetto dell’ambiente e della bellezza del
vivere, in cui ci sono diritti che valgono per tutti e c’è un welfare che non
lascia indietro nessuno, che si preoccupa di chi nasce, al pari di chi
invecchia.
Il
lavoro sarà la nostra ossessione: la qualità del lavoro, oltre che la sua
quantità. Vogliamo rimettere i giovani al lavoro e per farlo servono due leve:
competenze e investimenti.
Più
Europa, perché tutto questo deve
avvenire nel contesto di un’Unione Europea che realizzi finalmente i sogni dei
suoi padri fondatori, rendendoci compiutamente cittadini europei con regole
chiare e semplici, e che si doti delle dimensioni e della forza necessarie per
affermare i suoi valori e le sue aspirazioni nello scacchiere geopolitico
globale. I prossimi anni saranno cruciali per il destino dell’Europa. E noi
vogliamo essere protagonisti delle scelte che saranno prese in materia di
Unione fiscale, sociale e difesa comune, così come lo siamo stati per il
mercato unico, il Parlamento europeo e l’Euro. Chiamarsi fuori da queste
scelte, da questo orizzonte ideale, significa mettere a rischio il futuro degli
italiani, i nostri risparmi, i nostri posti di lavoro.
Più
cultura, perché è il bene più
prezioso del ventunesimo secolo, la moneta in grado di garantire benessere e
prosperità per chi la possiede. Cultura, sapere e conoscenza legano e rendono
forte una comunità, le permettono di aprirsi al mondo senza perdere il senso
della propria identità, i valori sui quali si fonda ogni giorno il miracolo
della convivenza civile e che abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri figli.
L’Italia, culla della cultura europea e mondiale, deve essere protagonista
della produzione e della valorizzazione del suo capitale culturale, attraverso
la promozione dell’eccellenza e la diffusione del sapere per tutti, in tutto il
territorio nazionale.
Cultura
vuol dire scuola, università, ricerca di base, vuol dire tornare a prendersi
cura del futuro investendo di più su queste dimensioni. Dentro questi impegni
per il futuro ci sono proposte forti, puntuali e realizzabili.
Un
programma di legislatura che vuole completare un percorso di cambiamento.
C’è
il salario minimo, per ridare dignità al lavoro.
C’è
una rivoluzione copernicana del fisco e del welfare per rilanciare la natalità
e l’occupazione femminile.
C’è
il diritto soggettivo alla formazione dei lavoratori e la promozione
dell’innovazione e delle competenze nelle imprese, per governare le sfide e
cogliere le opportunità della rivoluzione tecnologica.
Ci
sono risorse certe per la cura delle persone non autosufficienti, per ampliare
il sostegno economico che ricevono, coprire i costi dei servizi di cui hanno
bisogno e promuovere la loro autonomia.
Ci
sono forti investimenti nella scuola, nell’università e nella ricerca, per
ridare ai giovani il ruolo da protagonisti che spetta loro.
Ci
sono misure concrete per la promozione dell’economia verde, per la salute delle
persone e per la lotta alle diseguaglianze, nel segno degli obiettivi
dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.
C’è
un fisco sempre meno ostile ai cittadini e una pubblica amministrazione sempre
più digitale e semplice.
È
la visione di un Paese che riparte senza ricette miracolose e apprendisti
stregoni. Semplicemente, mettendo a valore la forza di tutti, perché tutti
possano beneficiarne. Per l’Italia. Più forte, più giusta.
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