martedì 24 maggio 2011

I “successi” della destra: Italia fanalino di coda in Europa con la crescita minore e la più alta disoccupazione giovanile

Purtroppo per loro, non c’è propaganda o incursione su TV e Telegiornali che possa nascondere la drammaticità e la gravità della situazione rivelata dalla recente indagine dell’ISTAT e la totale inadeguatezza dell’attuale assetto di governo (PdL - Lega Nord) per affrontare le sfide decisive del futuro del Paese.
Il risultato dell’indagine sullo stato di benessere economico dei cittadini italiani è davvero preoccupante. L’Italia – 3 anni dopo la vittoria elettorale di PdL e Lega Nord nelle elezioni politiche del 2008 – è il fanalino di coda dei Paesi Europei.
L’Istat prende in considerazione il periodo 2009-2011 e nel 2010 avviene un significativo arresto del Pil che segna un meno 7% rispetto al 2009.
Sempre nel 2010, si assiste ad una caduta verticale dell’occupazione che ha interessato principalmente i giovani in età compresa tra 18 e 29 anni. I cali maggiori si sono avuti nel settore dell’industria e nel Mezzogiorno la disoccupazione nel settore industriale è stata doppia rispetto al Nord del Paese.
Nere anche le cifre relative all’occupazione femminile, che non solo ha subito un ulteriore calo, ma vede, a parità di mansione, la corresponsione di un salario che è in media inferiore del 20% rispetto a quello degli uomini.
Ovviamente a questi dati corrispondono enormi esborsi statali per gli ammortizzatori sociali, si pensi, per esempio, alla cassa integrazione.
Un 2010 nero, un 2011, che secondo i dati Istat, inizia con qualche recupero in termini percentuali della crescita del Pil, ma in misura gravemente inferiore ai tassi di crescita registrati da Francia e Germania.
La Germania, in particolare, viaggia a tassi di crescita per noi impensabili che hanno portato il PIL di quel Paese ai livelli precrisi del 2008, con l’occupazione in aumento.
E non a caso ma grazie a politiche di sostegno della domanda e degli investimenti, di politiche fiscali a vantaggio dei redditi da lavoro e d’impresa, di una riduzione della spesa pubblica che ha però salvaguardato e aumentato le risorse per la ricerca e la scuola e per il sistema di welfare.
L’esatto contrario delle politiche portate avanti dalla destra italiana.

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