domenica 22 novembre 2009

Non finisce qui!


La Regione Emilia-Romagna sta studiando il ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto che privatizza i servizi idrici e i servizi pubblici locali

La Regione scende in difesa del modello emiliano-romagnolo di gestione della fornitura di acqua e del ciclo rifiuti. Contro il decreto Ronchi, passato con voto di fiducia alla Camera, l’ufficio legale della Regione è al lavoro per studiare un ricorso alla Corte Costituzionale.
E anche se l’attenzione è concentrata sulla “privatizzazione” del ciclo idrico, l’allarme è forte se non maggiore sul ciclo rifiuti. In altre parole, i soggetti privati possono certo operare nella raccolta rifiuti ma tariffe e attività devono rimanere sotto lo stretto controllo delle istituzioni pubbliche.
Anche le Organizzazioni sindacali chiedono garanzie sull’impegno della Regione per mantenere il controllo pubblico dei servizi idrico e rifiuti. E’ forte infatti la preoccupazione sugli effetti del decreto Ronchi sulle norme regionali dell’Emilia-Romagna che affidano una forte responsabilità alle istituzioni pubbliche nella definizione della tariffa di riferimento e nel controllo (sanzioni comprese) sui gestori dei servizi ambientali. Quelle norme rischiano di sparire!
In particolare oggi, grazie al sistema di regolamentazione esistente in Emilia-Romagna, non è possibile far rientrare nelle tariffe costi incontrollati; inoltre c’è l’obbligo di reimpiego dei proventi delle tariffe per il miglioramento del servizio stesso.
Sui servizi idrici, inoltre, il DDL Ronchi, non solo taglia fuori gli enti locali dal controllo sulla fornitura e sulle tariffe, ma obbliga le società quotate in borsa come Hera, a “riequilibrare” la distribuzione delle quote in favore dei privati. Così gli enti locali, tra cui il nostro, che oggi controllano il 59% di Hera devono scendere al 40% entro il 30.6.2013 e al 30% entro il 2015. Per farlo i Comuni e i loro Consorzi (nel caso nostro ConAMI) dovranno vendere una parte delle proprie azioni, in tempi prefissati, con una chiara alterazione della concorrenza e del mercato (…mercato!?!) che porterà presumibilmente a una svalutazione delle stesse azioni, e dunque a un danno economico per i soci pubblici, ma anche privati.

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