sabato 13 febbraio 2010

PIL al - 4,9%, mai così in 40 anni


Bersani e Prodi: “Ecco dove sbaglia il governo”

Da una parte il Pil che va giù, addirittura del 4,9% secondo le ultime rilevazioni dell’Istat. Dall’altra, il governo che dispensa tanto ottimismo e nessuna misura concreta per aiutare famiglie e imprese. Sono questi i dati su cui poggia la crisi economica italiana e sono questi i punti da cui parte la riflessione di Pier Luigi Bersani e Romano Prodi, il 12 febbraio a Pisa per la convention di Manifutura.
"Penso che il governo debba rendersi conto – ha esordito Bersani - che quello che è stato fatto fin qui assolutamente non basta. Quindi bisogna fare una manovra economica, sollecitare l'economia e affrontare con più determinazione la situazione e non continuare a parlare d'altro, processo breve e cose del genere. Purtroppo in questi 20 mesi, abbiamo avuto una narrazione sbagliata. Noi dicevamo dall'inizio che la crisi era seria, lunga, e che bisognava reagire mettendo il paese di fronte al problema e facendo delle politiche più efficaci. Il governo ha raccontato che la crisi sarebbe stata finanziaria, ma non avrebbe inciso sull'economia reale, poi ha detto che era psicologica, poi che ce l'avevamo alle spalle, che stavamo meglio di altri e così ci siamo disarmati. Abbiamo fatto un po' di ammortizzatori punto e basta. Il Pil è andato giù, la produzione industriale troppo giù e i consumi troppo giù, molto più giù che in altri paesi europei, l'inflazione sta andando più su, più in alto rispetto ad altri paesi europei: c'è qualcosa che non gira”.
Romano Prodi parte da un dato oggettivo. Quel segno meno che per logica non può tradursi in benessere economico: “Si finisce anche l'ultimo trimestre 2009 con il segno meno mentre gli altri hanno il più, poi ognuno vede i dati come vuole. Ma se continuiamo con il segno meno è difficile crescere, per crescere ci vuole il segno più”. L’ex premier avverte che “dalla crisi non siamo ancora usciti” e “l’unico modo per uscire dalla crisi stabilmente è vedere di inserirsi in un discorso mondiale con nicchie di produzione specializzate”. Prodi ha poi sottolineato che “abbiamo bisogno di una platea di nuovi consumatori”, ricordando che “la crisi è sempre stata un colpo per l'industria che poi si è plafonata a livello inferiore. La nostra ripresa - ha aggiunto - sarà ostacolata dal cambio e dalla bassa produttività”.
"Non sono ottimista- spiega l'ex presidente del Consiglio- perché vedo fatica nelle imprese: l'utilizzazione dei macchinari è piombata fra il 60 e il 70% della capacità. È un problema serio: ci vorranno 20 punti di ripresa per ritornare allo sfruttamento pieno degli impianti". Nel frattempo, insiste Prodi, "si indebolisce la struttura finanziaria delle imprese. Rischiamo che nei prossimi mesi diventi estremamente serio il problema degli insoluti. Avere economie che si orientano in modo diverso rende più complicata la politica dell'Unione europea. Ora l'Italia prende solo le briciole: è il risultato della nostra limitata presenza a Bruxelles. La mancanza di una politica industriale italiana e la ridotta dimensione delle imprese consentono alle grandi aziende europee di fare lobby e orientare le politiche e i finanziamenti Ue quasi naturalmente verso i loro interessi".
"Dobbiamo riprendere la politica industriale- aggiunge Romano Prodi- non è una parola sporca. La mancanza di grandi imprese è un problema serio. Eppure, nonostante questo, nella crisi abbiamo tenuto grazie alla meccanica strumentale, oltre al made in Italy. L'industria è l'unico settore che regge alla concorrenza internazionale. Il problema non è il costo della manodopera ma la mancanza di politiche settoriali di sostegno alla domanda ma soprattutto alla produzione e alla ricerca. Dobbiamo costruire una politica industriale incentrata sulle nostre caratteristiche, sulle filiere nei settori molto specializzati dove siamo forti".
L’analisi del professore tocca anche il Mezzogiorno, dove "non esistono le condizioni per lo sviluppo di un'imprenditorialità diffusa a causa delle condizioni di agibilità, della presenza massiccia di attività criminali".

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