Quel giorno, il 28 maggio 1974, in piazza della Loggia c'era una manifestazione contro il terrorismo neofascista. L'avevano organizzata CGIL-CISL-UIL, il comitato antifascista, c'erano Franco Castrezzati della CISL, il segretario della Camera del lavoro locale Gianni Panella e Adelio Terraroli del Partito Comunista Italiano. Esplose una bomba in un cestino della spazzatura. Morirono 8 persone, i feriti furono 102 e oggi a Brescia tutti gli imputati sono stati assolti con la formula dell'insufficienza di prove. Parenti delle vittime in aula hanno gridato “vergogna”.
Dunque la strage rimane impunita. Anche il terzo processo non ha individuato i colpevoli. La corte di assise di Brescia, presieduta da Enrico Fischetti, ha assolto i cinque imputati Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti “per non aver commesso il fatto”. La sentenza si basa sull'insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti di Delfo Zorzi, ex esponente di Ordine Nuovo, che vive in Giappone.
La procura aveva chiesto l'ergastolo per Zorzi e Maggi (anche lui di "Ordine nuovo", organizzazione della destra neofascista), per il collaboratore dei servizi segreti Tramonte e per il generale dei Carabinieri Delfino. Per l'ex segretario dell'MSI, Pino Rauti la procura aveva chiesto l'assoluzione.
"Sgomento e sconcerto per una sentenza che, va detto con chiarezza, pone fine alla vicenda giudiziaria" è stato espresso dal deputato PD e ex Sindaco di Brscia, Corsini. "È un insulto irreparabile a quanti quella mattina sono caduti in piazza, ai loro familiari, un'offesa che umilia la città e rischia di spegnere un ansia di verità e giustizia che la ricerca storica e il giudizio politico hanno invece da tempo appagato".
Nei giorni scorsi il PM Di Martino aveva iniziato la propria requisitoria con parole amare che oggi, dopo l'assoluzione, suonano profetiche: "Tra qualche giorno calerà il sipario su questo processo, celebrato su un palcoscenico abbastanza ristretto, che va poco al di là delle mura di questo palazzo: al di là della città di Brescia il processo non ha avuto ripercussioni. A questa indagine abbiamo dedicato uno spazio rilevante della nostra vita. Per cercare la verità...". Quasi uno sfogo umano di chi ha dedicato vent'anni allo studio degli atti, e forse s'aspettava un sussulto di dignità da parte di quei media molto attenti a seguire altre cronache processuali, come i di casi di "nera" che alzano l'audience...
Del resto, per dirla ancora con le parole di Di Martino, "questo è un processo che non piace, perché sono emerse cose che danno fastidio, che mettono in cattiva luce le istituzioni di allora. Ne esce un'immagine sconcertante: non c'è uomo dell'eversione di destra che non avesse un referente nei servizi segreti".
Parole che non sono scalfite dall'esito processuale.
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