venerdì 21 ottobre 2011

ConLa Corte Costituzionale dice no ai doppi incarichi. Niente più parlamentari-sindaci sulta, no a doppi incarichi. Niente più parlamentari-sindaci

Niente più doppio incarico per i parlamentari-sindaci. La Corte Costituzionale, decidendo sul caso Stancanelli, senatore del PdL e sindaco di Catania, ha bocciato la legge n.60 del 1953, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di un comune con più di 20mila abitanti. A sollevare la questione dinanzi alla Consulta è stato Salvatore Battaglia, un elettore che aveva fatto ricorso al Tribunale di Catania.
Candidatosi a sindaco del capoluogo siciliano nel giugno del 2008, quindi dopo essere stato eletto due mesi prima senatore del PdL, Raffaele Stancanelli aveva mantenuto il doppio incarico. Nel giudizio è intervenuto anche il Presidente del Consiglio chiedendo la non ammissibilità del ricorso.
La decisione della Consulta - la n.277 - ha quindi valore per tutti quei parlamentari divenuti sindaci e che dovranno scegliere quale dei incarichi mantenere.
Il PD da sempre sostiene l'illegittimità del doppio incarico: non si capisce perché, infatti, il sindaco che voglia candidarsi al parlamento debba - a norma di legge! - dimettersi da sindaco e, invece, chi è parlamentare possa candidarsi e essere sindaco (o presidente di provincia) continuando a essere parlamentare. Piero Fassino, sindaco di Torino, si è correttamente e doverosamente dimesso da parlamentare subito dopo l'elezione.


Tra Camera e Senato quelli con il doppio incarico sono dieci e tutti di PdL e Lega.
A Montecitorio esiste un elenco ufficiale; gli 'illegittimi' sono:
Adriano Paroli (Pdl), sindaco della città di Brescia;
Giulio Marini (Pdl), sindaco di Viterbo;
Nicolò Cristaldi (Pdl), sindaco di Mazara del Vallo;
Marco Zacchera (Pdl), sindaco di Verbania;
Michele Traversa (Pdl), sindaco di Catanzaro;
Luciano Dussin (Lega), sindaco di Castelfranco Veneto.
A Palazzo Madama (dove non esiste un elenco ufficiale, ma solo ufficioso) i senatori-sindaci sono:
Raffaele Stancanelli, sindaco di Catania, contro cui è stato presentato il ricorso da cui è derivata la sentenza della Corte Costituzionale;
Antonio Azzollini che non solo è senatore ma anche presidente della commissione Bilancio e, allo stesso tempo, sindaco di Molfetta;
Vincenzo Nespoli, primo cittadino di Afragola;
Gianvittore Vaccari (Lega) sindaco di Feltre (provincia di Belluno), comune che supera di poco i 20mila abitanti secondo il dato demografico dell'anno 2010.
Per i dieci parlamentari 'illegittimi' adesso ci sarà l'obbligo di optare per una delle due cariche.

Questa, in sintesi, la sentenza della Corte Costituzionale:
“L’art. 7, primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 361 del 1957, recante il testo unico per l’elezione della Camera dei deputati, sancisce che: “Non sono eleggibili: [?] c) i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti”. A sua volta, l’art. 5 del decreto legislativo n. 533 del 1991, recante il testo unico per l’elezione del Senato della Repubblica, dispone che: “Sono eleggibili a senatori gli elettori che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto il quarantesimo anno di età e non si trovano in alcuna delle condizioni d’ineleggibilità previste dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361″. Gli articoli da 1 a 4 della legge n. 60 del 1953 sulle incompatibilità parlamentari vengono censurati in quanto nulla prevedono, in termini di incompatibilità, per il caso in cui la identica causa di ineleggibilità sia sopravvenuta rispetto alla elezione a parlamentare. Ed a sostegno delle doglianze il rimettente richiama la sentenza n. 143 del 2010, nella quale questa Corte ha sottolineato (seppure in riferimento ad un differente contesto normativo e fattuale) come dalla legislazione statale in materia elettorale emerga la “previsione di un parallelismo tra le cause di incompatibilità e le cause di ineleggibilità sopravvenute, con riguardo all’esigenza, indicata dalla legge, di preservare la libertà nell’esercizio della carica” attraverso una tendenziale esclusione del co-esercizio con altra carica elettiva. Si tratta dunque di verificare la coerenza di un sistema in cui, alla non sindacabile scelta operata dal legislatore (che evidentemente produce in sé una indubbia incidenza sul libero esercizio del diritto di elettorato passivo) di escludere l’eleggibilità alla Camera o al Senato di chi contemporaneamente rivesta la carica di sindaco di grande Comune, non si accompagni la previsione di una causa di incompatibilità per il caso in cui la stessa carica sopravvenga rispetto alla elezione a membro del Parlamento nazionale”.

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