sabato 29 ottobre 2011

Ecco il PD che vorrei

di Matteo Renzi, sindaco di Firenze (da l'Unità, 25 ottobre 2011)

Il PD che sogno vuole vincere, perché si è stufato di partecipare. Combatte le idee che non condivide, ma rispetta le donne e gli uomini e quindi non accetta la logica degli attacchi personali. Vuole che tutti abbiano una casa ma non delega l’urbanistica alle cooperative dei costruttori o ai professionisti del mattone. Si organizza dentro ai circoli ma cerca di vivere soprattutto fuori, a contatto con le persone vere, quelle in carne e ossa, non quelle dei sondaggi. Scende in piazza una volta ogni tanto e quando lo fa usa le armi non convenzionali del sorriso, non della minaccia: ma soprattutto vive la piazza ogni giorno, come luogo dell’incontro, come occasione per combattere la solitudine del nostro tempo. Perché vogliamo rimanere persone, non trasformarci in consumatori. Ci sono tre milioni di italiani che si impegnano per gli altri nel volontariato, quindici milioni di cittadini che usano il cinque per mille e più di un milione di cittadini che fanno sostegno a distanza: noi non abbiamo bisogno di una big society, lo siamo già.

BIG BANG ALLA LEOPOLDA: DIRETTA STREAMING

Il mio PD rimette a posto i conti dello Stato e della amministrazioni pubbliche, non li sfascia. Giudica immorale il debito lasciato in eredità alle nuove generazioni e non sopporta l’idea che oggi lo Stato spenda più per gli interessi che per la scuola: paghiamo più per le colpe dei padri che non per educare i figli. Vuole il consenso degli italiani, ma anche il coraggio dei cittadini. E crede che lo slogan più bello sia quello della verità. Apprezza chi lavora per le istituzioni ma non vuole che nelle aziende pubbliche l’interesse di tutti sia messo in secondo piano rispetto ai privilegi di pochi. Pensa che ci salveremo solo investendo sul merito e sul capitale umano, non sulle tutele burocratiche. Dice di volere che nessun politico metta bocca sulla Rai, su Finmeccanica, sulle municipalizzate ma non lo dice solo il giorno dopo aver perso le elezioni: lo dice – e lo fa – soprattutto il giorno dopo averle vinte.
Il mio PD crede nel coraggio prima che nella paura. È fiero di essere italiano anche quando si sente cittadino del mondo. Crede che l’Italia abbia risorse strepitose e non cede alla retorica del declinismo per cui si stava meglio quando si stava peggio. Vuole produrre bellezza, non volgarità. E vuole che lo Stato sia compagno di viaggio non ostile burocrate per chi fa impresa e per chi vi lavora. Non si preoccupa solo di chi è già tutelato, ma anche e soprattutto di chi ha trenta anni e non trova lavoro. O di chi ne ha cinquanta e l’ha appena perso. Crede nella formazione permanente ma non nei burocrati della formazione. E riduce le cattedre universitarie, ma aumenta la qualità dell’insegnamento. Manda in pensione i cittadini due anni dopo, ma assicura un asilo nido in più.
Il mio PD crede nella politica e per questo teme l’antipolitica. Pensa che o si tagliano i costi della cosa pubblica oggi o saremo travolti tutti. Supera il bicameralismo perfetto, riduce i livelli istituzionali, taglia il numero e l’indennità dei parlamentari e dei consiglieri regionali, cancella i vitalizi e lo fa davvero, non solo negli annunci di campagna elettorale. Abolisce il finanziamento pubblico ai partiti perché altrimenti non ha senso fare i referendum. Ringrazia chi ha servito per tanti anni le Istituzioni. Ringrazia davvero, senza ironie. Ma non crede offensivo chiedere il ricambio per chi da qualche lustro occupa gli scranni del Parlamento: si può far politica anche senza una poltrona, anche rimettendosi in gioco. Chi ha causato il problema in questi anni non può proporsi come la soluzione. E comunque, qualunque sia la legge elettorale, in Parlamento ci deve andare chi prende voti, non chi prende ordini.
Il mio PD scommette sui diritti civili e anche sui doveri privati.
Il mio PD non è terrorizzato da chi ha idee ma da chi non ne ha mai avute e magari vive ancora di rendita su quelle degli altri.
Il mio PD è quello che fanno gli elettori con le primarie e nella vita di tutti i giorni. È quello che insieme proveremo a fare anche alla Stazione Leopolda.

Renzi: «Ho scommesso sul Pd. E' casa mia»
di Vladimiro Frulletti (l'Unità, 28 ottobre 2011)

Inizia stasera alla stazione Lepolda di Firenze la convention del sindaco Renzi. Il “Big Bang” si incentra innanzitutto sulle idee e proposte, perché quanto a candidature per le primarie Renzi non si fa (ancora) avanti. Spiega solo che una competizione fra Bersani, Vendola e Di Pietro non sarà sufficiente e che un nome “giovane” ci sarà. Dice che non nascerà una sua corrente, che il Pd è «casa mia, non me ne vado neppure se mi buttano fuori» e che per il dopo Berlusconi c’è una sola strada: elezioni anticipate. Quanto a Berlusconi dice che il suo governo è «all’ammazzacaffé» nonostante gli impegni presi con l’Europa.

Sindaco, che ne pensa della lettera di Berlusconi?

«Che siamo alle solite. È il governo che tentenna, traccheggia rimanda e alla fine è costretto a fare cose senza un piano organico. È lo stesso film visto ad agosto con la manovra di Tremonti e che oramai va avanti da mesi».

Sulla libertà di licenziare però il mondo del lavoro è molto preoccupato. Il segretario della Cisl Bonanni, che pure non è un estremista, dice che si tratta di «istigazione alla ribellione»
«È l’ultimo dei problemi. È una misura molto ideologica e poco concreta. Se il Governo dicesse garantiamo i lavoratori con un sistema welfare diverso, valorizziamo i precari, diamo uno spazio di formazione professionale ai 50enni che perdono il lavoro, poi sarebbe credibile un ragionamento sul semplificare la vita alle aziende in crisi. Ma non è così».

Però è oramai chiaro che il Governo politicamente sia alla frutta...
«No, è già all’ammazzacaffè».

E per il dopo che c’è da fare: elezioni o governo di transizione?
«Elezioni. E questa volta per vincerle e per governare per 5 anni».

Al voto con chi?
«Partiamo da “per che cosa”. Su questo trovo un clima migliore nel Pd. Perché dopo tante polemiche, accuse e anche qualche insulto di troppo, finalmente stiamo confrontandoci sui contenuti. Cosa che faremo anche noi alla Leopolda fino a domenica».

Chi salirà sul palco della sua convention avrà 5 minuti per dire che farebbe per l’Italia se fosse a Palazzo Chigi. Lei se fosse capo del Governo ci dice, in 5 righe, che farebbe?
«Venga domenica che glielo dico. Ma alla Leopolda si scoprirà che sono tanti quelli che danno idee: dal direttore di Vita Riccardo Buonacina, a imprenditori come Nero Alessandri e Guido Ghisolfi, e uomini di cultura e personalità dell’associazionismo».

Ma Renzi che vuol fare da grande?
«Renzi vuol fare per bene il sindaco. Ma visto che non sono il governatore di una repubblica autonoma e che la mia città soffre la crisi di credibilità del Paese, sento il bisogno, assieme a tanti altri amministratori, di dare una mano al mio partito formulando delle proposte. Mi stupisce che questa nostra attività tutta in positivo sia considerata un atto di cui aver paura. In alcuni casi addirittura da scomunica preventiva. Chi vuole criticare faccia la fatica di ascoltare quel che proporremo».

Insomma lei non sarà protagonista nelle primarie per la leadership del centrosinistra?
«Non è un argomento oggi all’ordine del giorno. Io credo che le primarie siano fondamentali e insostituibili, che debbano essere libere e aperte a tutti. E quindi chi volesse blindarle in un confronto Bersani-Di Pietro-Vendola commetterebbe il più classico degli autogol. Chi tra i più giovani si candiderà non è in questo momento in discussione. L’importante è che candidiamo le nostre idee».

Ma allora a che serve questo Big Bang?
«A presentare le idee di tantissime persone e a mostrare volti diversi dal solito. Parleranno un centinaio di persone e si tratta di persone che di solito non vengono invitate negli ambienti di partito, ma che hanno qualcosa di dire. Ad esempio sono curioso di scoprire cosa dirà Campo Dall’Orto (il capo di Mtv ndr) sui giovani o cosa proporrà Alessandro Baricco sulla cultura. E insisteremo molto sui temi concreti, ad esempio sulla riforma della giustizia civile, perché la giustizia che non funziona è uno dei principali problemi del Paese».

Nella Supernova che uscirà dalla Leopolda ci sarà spazio anche per temi come il testamento biologico, le coppie di fatto etc.?
«Ne parleremo certo e con molta serenità. Discuteremo di come rilanciare la famiglia che è una grande questione di sinistra, fino al tema delle unioni civili, cioè di una cosa che si fa in tutti i paesi civili del mondo. Non sono in contraddizione le due cose. Ma accanto ai diritti civili, parleremo anche dei doveri privati. Ne parleremo col sorriso sulle labbra di chi non si prende troppo sul serio, di chi crede nella bellezza della politica. Per noi la politica non è né lo scilipotismo né la conservazione fine a se stessa. Sotto questo profilo la rottamazione tanto criticata un anno fa, la necessità di un ricambio generalizzato, è argomento che sta arrivando a molti».

Farà una sua corrente nel Pd?
«Neanche uno spiffero. Ho sempre fatto di tutto per evitare che nascessero correnti fra di noi. Non credo nelle correnti. Non funziona più l’idea di partito in cui c’è una dirigenza nazionale che decide per tutti e c’è la divisione di vari gruppi in correnti».

E un suo partito?
«Ma stiamo scherzando. Le sembra che siano pochi i partiti? Io ho scommesso sul Pd. Il fatto che io non condivida le idea di una parte della dirigenza del Pd non può voler dire che io voglia andarmene. Ci chiamiamo Partito democratico, non ci chiamiamo partito autoritario. Il Pd è casa mia e ci sto anche se mi buttano fuori».

Questa grande esplosione, partita con la famosa rottamazione, non rischia di cancellare tutta la politica e di lasciare poi spazio a qualche nome della provvidenza come avvenne nel '94 con Berlusconi?
«Il berlusconismo nasce dall’incapacità della politica di essere convincente. L’antipolitica si combatte con la buona politica. Se tu dimezzi il numero dei parlamentari e abolisci il vitalizio alle prossime elezioni dimezzi anche i voti di Beppe Grillo e magari vinci qualche Regione in più. C’è da scommettere sulla buona politica. E quello che faremo alla Stazione Leopolda».

Nessun commento: