Oggi gruppi di potere, varie oligarchie, demagoghi e populisti di ogni risma, attaccano la ‘politica’, perché i partiti – secondo costoro - sono colpevoli, tutti e allo stesso modo, del disastro in cui si trova l’Italia. Sono gli stessi gruppi di potere e oligarchie che negli anni del berlusconismo imperante hanno o taciuto o condiviso, e oggi si risvegliano giustizieri.
No, i partiti non erano e non sono tutti uguali. Perché Monti e il suo governo non sono arrivati dopo il “fallimento della politica” ma dopo il “fallimento” della destra, di Berlusconi, Tremonti, Bossi e della loro politica dissennata. Il PD ha reso possibile una soluzione di governo che mettesse il Paese al riparo dal FALLIMENTO. Perché il PD è un partito vero, forse il solo partito nazionale esistente oggi in Italia. Non è un partito personale, con il nome del suo capo nel simbolo. Il PD appartiene ai suoi iscritti e non al leader di turno. E’ strumento di democrazia, di partecipazione, di cambiamento della società italiana.
Perché la “cattiva politica” non si combatte con l’”antipolitica” ma con la “buona politica”.
Ed è “buona politica” anche utilizzare in maniera trasparente e verificabile le risorse che si raccolgono tra gli iscritti e nelle feste, e le risorse pubbliche destinate all’attività politica e elettorale dei Partiti, come fa il PD. Come accade in tutta Europa e in tutte le democrazie.
Io la penso come il tesoriere del mio partito, Antonio Misiani.
L'intervento di Antonio Misiani, tesoriere nazionale del PD, oggi su facebook:
Il PD è un partito vero. Non è un partito personale: chiama i cittadini ad eleggere il proprio segretario nazionale, fa regolari congressi, ha organismi dirigenti che si riuniscono, discutono e decidono. Non è un partito di plastica: ha oltre 600 mila iscritti, 6 mila circoli, ogni anno organizza e sostiene il costo di campagne elettorali, centinaia di dibattiti, iniziative pubbliche, feste. Le risorse che entrano nel bilancio del PD nazionale sotto forma di rimborsi elettorali ed erogazioni liberali le spendiamo fino all'ultimo euro. Noi non teniamo i soldi fermi in banca. Non compriamo case, non investiamo in Tanzania, non usiamo i contributi pubblici a fini personali. Li utilizziamo per le elezioni e l'attività politica. Per organizzare la libera partecipazione democratica di centinaia di migliaia di cittadine e cittadini. Senza debiti, senza immobilizzare inutilmente le risorse che abbiamo.
I contributi pubblici, tra le nostre entrate, hanno un ruolo essenziale. Innanzitutto perché ci rendono liberi: liberi dai condizionamenti di lobbies e finanziatori privati, che in altri Paesi dettano l'agenda della politica a prescindere dalla volontà popolare. Il sistema dei rimborsi elettorali va radicalmente riformato: servono trasparenza totale, controlli rigorosi, sanzioni efficaci. Bisogna ridurre l'entità e ripensare le regole dei contributi pubblici, che pure sono stati drasticamente tagliati negli anni più recenti. Ma cancellarli sarebbe un errore drammatico, che consegnerebbe la politica definitivamente nelle mani dell'ennesimo miliardario di turno.
I costi che sosteniamo per fare politica sono alla luce del sole. I conti del PD sono su Internet: chiunque può leggerli in ogni momento, chiedendoci conto di come ci procuriamo le risorse e dove le spendiamo. I nostri bilanci sono sin dalla nascita del PD certificati da una primaria società internazionale di revisione. Da quest'anno abbiamo esteso la certificazione anche ai bilanci delle nostre strutture regionali.
Antonio Padellaro nel suo editoriale di oggi (su Il Fatto Quotidiano) bolla tutto questo come "sperpero che grida vendetta". Peccato. Evidentemente è colpa mia: non sono riuscito a spiegare i numeri del partito di cui sono Tesoriere (con orgoglio, nonostante i tempi duri che attraversiamo). O, forse, Padellaro ha capito benissimo. Ma doveva fare passare un messaggio tanto strumentale quanto infondato. Il messaggio populista e demagogico che i partiti, in fondo, sono tutti uguali: o imboscano i soldi dei cittadini o li sperperano senza ritegno. Uguali a prescindere dal fatto che rispettino le regole o le abbiano calpestate. Uguali a prescindere dal fatto che siano un corpo vivo della società o entità assoggettate al volere di un uomo solo al comando. E tutti chiamati a fare penitenza o, meglio, a sparire del tutto.
No, caro Padellaro. Noi non ci stiamo. Perché siamo un partito vero, che fa politica ogni giorno. A testa alta.
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