venerdì 10 maggio 2013

Sulla legge per la cittadinanza in vigore in Italia, Grillo è meglio che si informi

Grillo non solo getta la maschera, ma dimostra di non conoscere la legge italiana e gli effetti paradossali che produce sulla vita di tanti giovani. Pur di dimostrarsi ‘contro’ le proposte del ministro Cécile Kynge non si è accorto, nella sua disanima molto superficiale della legislazione europea, che in quella italiana ci sono due semplici parole che la rendono anomala ed arretrata rispetto alla legislazione degli altri paesi d’Europa. La prima, aver vissuto ‘ininterrottamente’ per diciotto anni in Italia come condizione per presentare la domanda di cittadinanza significa escludere, da questa possibilità, tanti ragazzi che magari, per motivi familiari, sono costretti a tornare nel loro Paese per uno o due anni e poi tornare in Italia. Questa circostanza è lesiva di un diritto ed è fonte di molte discriminazioni. La seconda parola è che al compimento del diciottesimo anno il giovane ha solo dodici mesi per presentare la domanda, altrimenti perde il diritto. Un tempo così ristretto non esiste in nessun paese europeo.


Grillo non vuole cambiare neppure queste due parole discriminatorie?

Il ministro Cécile Kyenge ha paralato di “ius soli” temperato e non di un diritto di cittadinanza da riconoscere incondizionatamente a chi nasce in Italia da genitori stranieri.
Siamo in Europa, non negli Stati Uniti e siamo molto affezionati alle nostre radici. Come ci hanno insegnato gli italiani emigrati all’estero l’aver ottenuto la cittadinanza e il diritto di volto nel loro nuovo Paese li ha aiutati ad integrarsi, ad esprimere al meglio il loro essere italiani e non hanno perso il legame con la loro terra di origine. Riconoscere la cittadinanza non è svilire la nostra nazione e la nostra cultura, al contrario, significa chiedere a chi è venuto in Italia di amarla e non solo rispettarne le regole e le leggi. Per questo il PD deve insistere con la proposta che ha presentato in campagna elettorale e prima delle elezioni, e sostenuta da un vasto arco di forze e associazioni di orientamento laico e religioso: un bambino figlio di immigrati di cui almeno un genitore è in Italia da cinque anni, se i genitori lo scelgono, può avanzare domanda cittadinanza. E per i bambini che arrivano nel nostro Paese con i genitori di cui almeno uno in Italia dal cinque anni, può essere presentata la domanda di cittadinanza al termine del ciclo scolastico.
In entrambi i casi, poi, la cittadinanza dovrà essere confermata dal diretto interessato al compimento del diciottesimo anno.


Questa è la proposta! Cosa ne dice il Movimento 5 Stelle?

Il PD sostiene con grande determinazione il ministro Kyenge che con tenacia e pacatezza ha detto di voler cercare il dialogo tra tutte le forze parlamentari e di voler costruire una sintesi tra i molti progetti di legge presentati. Al ministro l’abbraccio e la solidarietà di tutto PD di fronte ai continui attacchi nei confronti della sua persona.

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