giovedì 15 agosto 2013

Rodotà: 'Pericolo sventato'

Intervista di Luca Sappino a Stefano Rodotà (L’Espresso, 14 agosto 2013)

«Napolitano è stato chiarissimo: Berlusconi deve riconoscere la sentenza, la legge Severino gli va applicata, l'interdizione dai pubblici uffici anche. Ora è il PD che deve trarne le conseguenze in Parlamento».
«Napolitano ha fatto bene a fare la nota, chiarendo l'equivoco in cui l'aveva trascinato il PdL».
E' sicuro Stefano Rodotà, che spegne le speranze dei falchi: «le sue parole non sono uno spiraglio verso la grazia. Quelle dette da Napolitano sono anzi ovvietà, semplici procedure». Sul piano giudiziario, poi, secondo il professore, non cambiarebbe nulla: grazia o non grazia, «Berlusconi dovrà comunque fare i conti con la legge Severino e con la pena accessoria», l'interdizione dai pubblici uffici. E sulle ripercussioni politiche, però, Rodotà, incita soprattutto il PD: «non si faccia scudo di Napolitano che difende il governo. Valuti se le pretese del PdL non sono eccessive».
Anche perché, senza andare al voto e scontentare Napolitano, volendo, «maggioranze alternative, si possono creare», con il M5S, ovviamente, «e non solo per la legge elettorale». E lui? Se tutto precipita che fa? Si candida, magari con Landini? «Non anticipiamo i tempi, abbiamo cominciato un lavoro ma dobbiamo lavorare ancora un po' in autunno». Non sembra proprio un no.
Professore, è una gara ad interpretare il testo di Napolitano. Lo spiraglio per la grazia c'è o no?
«La mia opinione è molto netta. Napolitano non poteva non fare riferimento al tema della grazia, ma lo ha fatto dicendo quella che potremmo definire un'ovvietà: ricordando cioè le norme di legge, la giurisprudenza e la consuetudine. Se quelli del Pdl vogliono leggerci uno spiraglio lo facciano pure, ma certamente non è alle loro codizioni. Infatti, Napolitano è stato chiarissimo e il messaggio l'ha mandato, escludendo a priori l'opzione del motu proprio, auspicata invece dal Pdl, cosicché Berlusconi potesse non passare per il riconoscimento della sentenza».

Insomma, le sentenze si rispettano. E lo spiraglio non è politico ma procedurale.
«Esattamene. Se Berlusconi presenta la richiesta, Napolitano non può ignorarla. Escludendo però di muoversi spontaneamente, ha posto delle condizioni importanti».

Gli ha detto, basta insulti e basta delegittimare la sentenza.
«Dice anche qualcosa di piu: gli attacchi alla magistratura non sono legittimi. La libertà d'opinione non deve e non può superare la divisione dei poteri, impedendo il controllo della legalità che spetta alla magistratura. Nella nota di Napolitano c'è una presa di distanza nettisima».

Poi, comunque, grazia o no, per Berlusconi non cambia molto. La pena accessoria e la legge Severino resterebbero comunque.
«Assolutamente. Tutto ciò che riguarda le pene accessorie, dice chiaramente Napolitano, è fuori da quadro. E ancora, siccome le parole di Napolitano non sono mai poco ponderate, anche rispetto al precedente comunicato, quello con il riferimento alla riforma della giustizia, c'è una distanza: quella che viene considerata dal Pdl la priorita assoulta, viene così fortemente ridimensionata. E la mia è una lettura benevola ma per nulla compiacente»

Sbaglia chi, in caso di grazia, evoca l'impeachment?
«Mi pare che, se ci fosse stato domani un provvedmento di grazia, che prescinde dal cammino invece indicato, si porrebbe certo un problema, ma non direi addirittura di impeachment. L'eventualità, che andrebbe verso le richieste del PdL, mi pare comunque si stata saggiamente allontanata».

Napolitano, tirato per la giacca dai falchi del PdL, è vittima del suo protagonismo politico?
«Non direi del protagonismo politico. Semmai, tutto ciò, è la conseguenza del fatto che Napolitano, per debolezza della politica, è diventato garante della situazione che si è determinata. C'è una premessa, però, a questo suo ruolo: tre segretari di tre partiti che un venerdi sera sono andati al Quirinale e hanno detto "siamo incapaci di risolvere un prolema", un problema che era loro. Ora questi pensano che tuttti i problemi debbano essere sciolti da Napoltiano, anche quelli che invece sono solo di Berlusconi. Chi dice però che Napolitano avrebbe dovuto tacere, sbaglia: avrebbe alimentato un equivoco generato proprio dal PdL».

Cosa deve fare ora il PD?
«Il PD dovrebbe in primo luogo seguire la via costituzionale, e quindi proseguire con l'iter parlamentare, la decadenza e l'incandidabilità, secondo un'interpretazione non severa ma corretta di norme che sono chiarissime».

E con il governo?
«Per quanto riguarda la politica, per loro credo varrà quanto detto da Napolitano, la necessità di tenere in piedi questo governo. Io però penso che il PD non possa farsi scudo di Napolitano, e debba invece chiedersi se le pretese del PdL non siano eccessive. E in caso queste risultino insopportabili, come dovrebbe, io aggiungo che il PD, senza indisporre Napolitano e sciogliere le camere, dovrebbe esplorare maggioranze alternative, per la legge elettorale ma non solo».

Lei le reputa possibili?
«Le maggioranze di governo non sono un elemento statico. Spesso si creano se si compiono le azioni politiche atte a creare le condizioni».

Insomma, sì.
«Credo che le maggioranze politiche non si desumano dai numeri e dalle dichiarazioni ma si creino ricercandole. Il punto però, ora, è se il Pd può stare o meno a rimorchio del Pdl».

E se poi invece tutto precipitasse e si andasse rapidamente al voto? Lei che fa, si candida?
«Non anticipiamo i tempi. Abbiamo cominciato un lavoro, ma dobbiamo lavorare ancora un po' in autunno».

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