giovedì 5 giugno 2014

Tangenti 'Mose': 35 arresti a Venezia

Uno tsunami giudiziario e politico provocato da un nuovo scandalo tangenti travolge il Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia. Trentacinque arresti (di cui 10 ai domiciliari, incluso il sindaco Giorgio Orsoni, e gli altri 25 in carcere) con la richiesta di arrestare l'ex governatore e ora senatore di Forza Italia Giancarlo Galan. L'indagine coinvolge un centinaio di indagati, contempla accuse di corruzione, concussione, riciclaggio, frode fiscale, finanziamento illecito di partiti. E nell'inchiesta delle Fiamme gialle, coordinate dalla procura del capoluogo veneto, finiscono nomi eccellenti come il Sindaco di Venezia, Orsoni (che si proclama innocente), l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il consigliere regionale PD Giampietro Marchese, il presidente del Coveco (cooperativa impegnata nel Mose), Franco Morbiolo, il generale in pensione della Gdf Emilio Spaziante, l'amministratore della Palladio Finanziaria Roberto Meneguzzo, l'europarlamentare uscente Lia Sartori (FI).
Per la richiesta di arresto di Galan gli atti dovranno essere trasmessi a palazzo Madama. La Finanza ha eseguito sequestri di beni tra Veneto, Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna per 40 milioni di euro. Per l'accusa sono soldi che arrivano da frodi extracontabili di società facenti capo al Consorzio Venezia Nuova, il consorzio che sovrintende i lavori del Mose.

L'indagine della Gdf, partita tre anni fa, lo scorso anno aveva già portato al fermo prima di Piergiorgio Baita, già top manager della Mantovani, colosso padovano nel campo delle costruzioni, e poi di Giovanni Mazzacurati, l'ingegnere «padre» del Mose, allora da poco dimessosi dai vertici del Cvn e accusato di turbativa d'asta in relazione ad un presunto appalto «pilotato» del 2011 per lavori portuali a Venezia.

Secondo l'ordinanza del gip Alberto Scaramuzza, lunga più di 700 pagine, gli investigatori avrebbero accertato il versamento di veri e propri stipendi dalle società connesse al Cvn a politici e funzionari per «oliare» la macchina del Mose: per Galan, oggi deputato di FI, si parla di una corresponsione annua di circa un milione di euro mentre tra i 200 e i 250mila euro annui sarebbero stati girati all'assessore Chisso. Nell'ordinanza si legge anche di uno stipendio versato a un magistrato della Corte dei Conti, Vittorio Giuseppone, stipendio «lievitato» fino a 600mila euro l'anno. Sono sotto inchiesta anche due magistrati alle Acque: Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva.

Di «sistema radicato» ha parlato il procuratore capo di Venezia Luigi Delpino, assicurando con Nordio che «la procura di Venezia non ha nessuna intenzione di interferire nei lavori per la realizzazione del Mose».

Due degli indagati più noti hanno immediatamente professato la propria innocenza: la difesa del sindaco Orsoni, sicura del «tempestivo chiarimento» della posizione del proprio assistito, ha liquidato «le circostanze contestate nel provvedimento» come «poco credibili» mentre Galan si è dichiarato «totalmente estraneo alle accuse» che gli sono state mosse, «accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili».

L’INCHIESTA
Gli arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Venezia sono il frutto di tre anni di indagini che hanno portato a raccogliere prove inoppugnabili di un vero e proprio sistema di corruzione tra esponenti politici, imprenditori. I primi arresti avvennero il 28 febbraio 2013. In carcere finì Piergiorgio Baita, presidente della Mantovani Costruzioni con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale. Secondo le indagini sarebbe stato messo in atto un giro di fatture tramite società «cartiere» all'estero. In manette, oltre a Baita, Claudia Minutillo l'ex segretaria personale dell'ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan. La cifra calcolata per la maxi evasione fiscale, secondo gli investigatori, sarebbe stata di circa 20 mln di euro.

A GALAN PAGATI MILIONI DI EURO PER SUO APPOGGIO
Giancarlo Galan, all'epoca dei fatti presidente della Regione Veneto, ha ricevuto «per compiere o aver compiuto atti contrari ai suoi doveri», come si riporta nell'ordinanza di custodia cautelare del Gip del tribunale di Venezia, «uno stipendio annuale di 1 milione di euro», oltre a 1,8 milioni di euro per far passare alcune approvazioni riguardanti il Mose. Nel dettaglio, Galan ha ricevuto «900mila euro nel periodo tra il 2007 e il 2008, per il rilascio dell'adunanza della Commissione di Salvaguardia del 20 gennaio 2004, del parere favorevole e vincolante al progetto definitivo del sistema Mose» e «900mila euro nel periodo tra il 2006 e il 2007 per il rilascio nell'adunanza del 4 novembre 2002 e del 28 gennaio 2005 del parere favorevole della Commissione Via della Regione del Veneto, sui progetti delle scogliere esterne alle bocche di porto di Malamocco e Chioggia». Questa contestazione viene data dal 2005 al 2011. I soldi sarebbero stati ricevuti da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, che si era accordato con altri indagati «principali consorziati» del Cvn e «precisamente con Alessandro Mazzi, Piergiorgio Baita, Stefano Tomarelli e Pio Davioli». Galan è indagato per corruzione e la sua richiesta di arresto dovrà passare al vaglio della Camera, in quanto l'ex presidente della Regione Veneto è attualmente deputato.

Galan, prove inoppugnabili estraneo accuse. Ascoltatemi
«Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d'informazione, nel dichiararmi totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, per di più, provenienti da persone che hanno già goduto di miti trattamenti giudiziari e che hanno chiaramente evitato una nuova custodia cautelare, mi riprometto, dopo approfondita disamina degli atti con il mio Collegio di Difesa, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune, con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita». È quanto afferma in una nota Giancarlo Galan. «Spiace - prosegue il deputato FI - non essere stato ascoltato prima, dato che sono molti mesi che si indaga intorno a questa vicenda e mi sono sempre dichiarato più che disponibile a fornire le informazioni necessarie nella trasparenza più assoluta». «Chiederò - anticipa - di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità».

LEGALI ORSONI, CIRCOSTANZE CONTESTATE POCO CREDIBILI
Le circostanze contestate al sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta sui lavori del Mose, «paiono poco credibili». A sostenerlo i legali di Orsoni, che auspicano anche un «tempestivo chiarimento» della posizione del primo cittadino. «La difesa del professor Orsoni - spiegano gli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo - esprime preoccupazione per l'iniziativa assunta e confida in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale. Le circostanze contestate nel provvedimento notificato paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. Le dichiarazioni di accusa vengono da soggetti già sottoposti ad indagini, nei confronti dei quali verranno assunte le dovute iniziative».

CACCIARI, PROCEDURE NON PERMETTEVANO CONTROLLO ENTI LOCALI
«Sì, ammetto, sono stupito. Ho sempre contestato le procedure assunte per dare il via ai lavori del Mose, ma non pensavo certo a provvedimenti della magistratura nei confronti dell'attuale sindaco». Così l'ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, intervistato da Radio Città Futura dopo i 35 arresti per presunte tangenti sul Mose. «Le mie posizioni -ha aggiunto Cacciari- sono da molto tempo conosciute, agli atti. Da sindaco, durante i governi Prodi e Berlusconi avviai un processo di discussione e verifica e in tanti passaggi ebbi modo di ripetere che le procedure assunte non permettevano alcun controllo da parte degli enti locali e che il Mose si poteva fare a condizioni più vantaggiose. L'ho ripetuto milioni di volte, ma senza essere ascoltato. Negli anni del governo Prodi, all'ultima riunione del comitatone, che diede il via libera al proseguimento dei lavori del Mose - ha ricordato Cacciari - fui l'unico a votare contro, con il solo sostegno di una parte del centrosinistra. Da allora non me ne sono più interessato».

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