Un anno fa il compagno e amico Mengo ci lasciava, lasciava un vuoto nella sua famiglia, tra i suoi cari, tra i suoi amici, tra i compagni di Casola.
Ero legato a lui da lunghi anni di amicizia e militanza politica.
La memoria in questo momento mi riporta a ricordare tanti altri compagni che non ci sono più: Silvio, Zisarot, Gildo e altri ancora.
Mengo ricordava spesso i momenti della sua giovinezza, sentiva profondamente il bisogno di giustizia sociale. Vivevano in lui i ricordi dell’arroganza padronale, delle disagiate condizioni in cui erano un tempo costretti a vivere i lavoratori.
Ancora giovanissimo, durante il lavoro, aveva perso una gamba lasciata tra gli ingranaggi della trebbiatrice. Allora si era costretti a lavorare 12-14 ore al giorno per garantirsi il minimo vitale.
Egli faceva parte di quella generazione che, se pure giovanissimo, aveva conosciuto il fascismo, la sua arroganza, la sua prepotenza, il suo stretto legame con il padronato agrario e industriale.
Come tanti di noi, alla fine della guerra Mengo si iscrisse al P.C.I., sognava anch’egli un mondo migliore, fatto di democrazia, di libertà, di giustizia sociale. Le sue speranze, come quelle di tanti altri milioni di lavoratori di allora, andarono deluse.
Il fascismo in camicia nera era stato sconfitto ma l’arroganza padronale era rimasta, i lavoratori sentivano l’esigenza di un governo che sapesse unire tutte le forze sane per affrontare il grande problema della ricostruzione del Paese semidistrutto dalla guerra. Il primo governo di coalizione democratica, dove partecipavano i comunisti e i socialisti, ebbe una brevissima durata.
La D.C. ottenne nelle elezioni del 1948 la maggioranza assoluta, si pose alla testa del Paese, cacciò dal governo i comunisti e i socialisti e fece la scelta di schierarsi a difesa degli interessi del grande padronato italiano. Questa scelta provocò una profonda spaccatura nel Paese, i contadini scesero in lotta per rivendicare un più giusto riparto del prodotto (vigeva allora il vecchio rapporto feudale della mezzadria).
Cresceva nel Paese il malcontento, si manifestava nelle fabbriche, nelle piazze (eravamo nel periodo Scelba), la polizia sparava sui lavoratori. I morti di Modena, Reggio Emilia, di Melissa, di Torre Maggiore e di altre città d’Italia, rimangono un triste ricordo di quei momenti.
Erano tempi duri quelli; alcuni, anche tra i più attivi compagni, ebbero momenti di crisi che superarono in tempi brevi e ripresero con maggiore impegno la lotta.
Così come altrove, anche a Casola in quei momenti si scatenava la reazione contro i comunisti: il “caso C.R.A.L.” fu uno di quelli, Mengo come altri fu arrestato perché considerato sospetto.
Al processo furono poi assolti tutti con formula piena e l’onta della vergogna ricadde su chi aveva orchestrato quella montatura.
Mengo è stato consigliere comunale e assessore nei momenti difficili per i Comuni e le Province, quando i mezzi finanziari a disposizione erano insufficienti per dare risposte adeguate alle esigenze dei cittadini.
Erano momenti di grande impegno ma anche di scarse soddisfazioni per i compagni che operavano nelle istituzioni pubbliche con responsabilità politiche.
Credo si possa dire che fino all’ultimo, anche se non più con impegni a livello istituzionale e politico, Mengo ha continuato a discutere con la sua foga di sempre, confrontandosi con tutti, anche con i non comunisti, facendo tesoro dell’esperienza e nello stesso tempo guardando aventi verso un mondo in continua trasformazione.
Ho voluto ricordare Mengo così, semplicemente, come egli ha sempre vissuto; uno dei tanti compagni che con i loro pregi e i loro difetti, come ogni essere umano, ha saputo esprimere impegno politico e ideale perché questo nostro grande partito andasse avanti.
Negli ultimi quaranta anni siamo andati avanti, pur attraverso scelte impegnative e difficili, fra momenti di successi esaltanti ed altri di dure sconfitte ma senza che mai venisse meno quel filone ideale che ha segnato la vita di tanti, tanti compagni.
(Amleto Rossini)
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