Dopo Chiamparino, eletto all’unanimità alla presidenza della Conferenza degli enti - «Con l’esecutivo rapporto corretto ma autonomo. Le grandi sfide della sanità»
di Adriana Comaschi (l'Unità, 18 dicembre 2015)
Auguri bipartisan di buon lavoro per Stefano Bonaccini, eletto ieri all’unanimità alla guida della Conferenza Stato Regioni e delle Province autonome (riconfermato come vice il ligure Giovanni Toti). La presidenza torna quindi nelle mani di un emiliano-romagnolo, visto che Sergio Chiamparino – dimessosi il 22 ottobre per le difficoltà dei conti del Piemonte, segnalando anche un disaccordo sul modo di rapportarsi del governo alle regioni – succedeva al lungo mandato di Vasco Errani. A Bonaccini – 48 anni, ex segretario regionale PD, presidente dell’Emilia-Romagna dal novembre 2014 - le congratulazioni del premier Renzi, dei presidenti dell’Anci Piero Fassino e dell’Unione delle Province Achille Variati. Ma anche gli auguri di Roberto Maroni (che già gli aveva espresso il suo appoggio nei giorni scorsi), di Toti e quelli «sinceri» di Luca Zaia («Garantisco sin d’ora la massima collaborazione del Veneto. Aldilà delle inevitabili diversità di vedute, siamo pronti a lavorare assieme a Stefano per riaffermare il ruolo centrale delle Regioni).
Bonaccini, il suo primo banco di confronto con il governo è la legge di stabilità. Criticità? Che pensa del nodo assunzioni in sanità?
«Come Conferenza abbiamo già espresso un parere favorevole, è una buona legge che può fare ripartire il Paese. Poi ci sono alcune criticità che andavano affrontate a partire da quelle sul fronte sanità. La legge ha bisogno di alcune correzioni parte delle quali sono già state accolte - e per questo voglio ringraziare pubblicamente Sergio Chiamparino, che ha svolto un ottimo lavoro e a cui come gli altri avevo chiesto di rimanere: il congelamento delle sue dimissioni per due mesi ha
permesso di arrivare a novità importanti nella sanità e in altri settori. Si è raggiunto un accordo ragionevole, ma certo nel prossimo anno avremo bisogno di un confronto approfondito in fatto di sanità perché abbiamo grandi sfide davanti: lavoreremo sulla dotazione del Fondo nazionale, su come reperire fondi ed eliminare sprechi: non ho mai pensato che la buona sanità si faccia solo con maggiori risorse.
Lei ha assicurato la propria autonomia...
«Il mandato che ho ricevuto è per un rapporto corretto ma autonomo con il governo. Tutti sanno che sono un sostenitore di questo esecutivo, ma al netto della stima reciproca tra me e il premier vedremo sui singoli provvedimenti se ci possa essere condivisione o meno e cercheremo di correggere quel che è da modificare. Non ho dubbi sul fatto che riusciremo a fare un buon lavoro insieme. Così come non ne ho sulla collaborazione con i colleghi delle altre regioni, li conosco uno per uno e ho un rapporto personale anche con i presidenti di centrodestra, che ringrazio per il sostegno e la fiducia. Del resto se dovesse andare in porto la riforma costituzionale come io mi auguro, con la sparizione delle Province, le Regioni si troverebbero ad avere un peso ancora maggiore, come “cuscinetto” tra governo e territori. E allora le differenze politiche non si cancellano, ma come in Emilia-Romagna devo essere il presidente di tutti i cittadini qui rispecchierò l’opinione complessiva della Conferenza: vorrei una politica che torna ad avere avversari e non nemici, per me sarà sempre così».
La presidenza torna all’Emilia-Romagna: che significato ha questo per lei?
«Credo che sia il riconoscimento non tanto a me quanto a una terra straordinaria, fatta di gente che non si lamenta ma si rimbocca le maniche, e certo anche all’ottimo lavoro svolto da Errani fino al 2014. Poi forse mi è stata riconosciuta la volontà di cercare sempre il dialogo, e certo in Conferenza serve un grande lavoro di tessitura. Io voglio adempiere al mio compito con schiena dritta nel rapporto con il governo, sapendo comunque che se il Paese tornerà a crescere grazie alla sua azione tutte le Regioni ne avranno un vantaggio».
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